«Dalle pesanti macerie della perdita, insieme emergeremo»
(Qwo-li Driskill)
«Tanti piccoli frammenti in apparenza non legati/Noi li cuciremo insieme/ Immergendoli nel letto del fiume/ Prima che venga l’alba/Un abbraccio caldo che odora di verità».
(Antonino Blesi, ispirato a Motewolonuwok)
Jeremy Dutcher, compositore discendente dagli aborigeni canadesi, vincitore del premio Polaris e Juno, con il suo secondo album, Motewolonuwok regala a chi lo ascolta un pop sperimentale, un'esplorazione queer, salvifica e provocatoria dell'indigenità moderna. Jeremy si era già fatto notare, grazie al debutto Wolastoqiyik Lintuwakonawa, uscito nel 2018. Il cantante, pianista, attivista ed etnomusicologo, è nativo dei Neqotkuk (una delle sei riserve di indigeni Wolastoqiyik nel Canada orientale) e si definisce un Two-Spirit.
“Two-spirited” o “two-spirit” di solito indica una persona nativa che sente il suo corpo manifestare contemporaneamente sia uno spirito maschile che uno femminile, o un diverso equilibrio di caratteristiche maschili e femminili. Molte comunità indigene hanno termini specifici nelle proprie lingue per i membri gender-variant delle loro comunità e per i ruoli sociali e spirituali che tali individui ricoprono, compresi i Lakota (wí?kte) e i Navajo (nádleehé). Per alcune tribù la definizione e il ruolo storico e sociale dei two-spirit si concretizzano nell’avere due identità che occupano lo stesso corpo. Solitamente gli abiti sono una mescolanza di articoli tradizionalmente maschili e femminili, o di vestiti da uomo un giorno e da donna un altro.
«L'identità dei Two Spirit è così bella perché non è radicata in una narrativa deficitaria» (Jeremy Dutcher)
Si possono comprendere tutte le sfaccettature dell’arte di Jeremy in questa splendida esibizione nel NPR Tiny Desk. (attaccarci questo link: https://www.youtube.com/watch?v=HF6CfGndHH8 )
Jeremy canta in Wolastoqey (la sua lingua madre), considerata in via di estinzione, ma al contempo rivisita le tradizioni canore della sua gente dalle rive del fiume Wolastoq, sia nel primo disco che ampliando il discorso con questo nuovo lavoro. La musica parla di dolore e trauma ma offre una chiave di liberazione spirituale salvifica e purissima, che ognuno di noi può comprendere e abbracciare, anche se il linguaggio non sempre appare fruibile.
L'ispirazione dell'album Motewolonuwok nasce da una poesia dello scrittore Cherokee Qwo-li Driskill, "From the heavy debris of loss, together we emerge", (citata e tradotta a introduzione dell’articolo), una storia singolare di un parente Two-Spirit, scomparso prematuramente, e che chiama tutti insieme a testimoniare, celebrare e guarire. Emergono vocalizzi e note che si incentrano sulla “guarigione” esteriore e interiore, e ci si rivolge a tutte le persone. Per questo motivo, e per risultare più diretto e accessibile, per la prima volta Jeremy Dutcher decide di comporre liriche in inglese:
«La lingua condivisa è un dono bellissimo, con una ragione complicata». (Jeremy Dutcher)
La purezza tenorile di Jeremy è originale, pulita e sincera, anche se potrebbe ricordare il modello e l’intensità di Anohni Hegarty unito al candore angelico di Jeff Buckley. Il pianoforte è la base su cui l’autore compone i suoi inni profani, ma il suono risulta un marasma di influenze e contaminazioni, dal jazz al gospel fino a terre sonore ancora inesplorate, tra ritmiche nervose, cori soavi e qualche asperità dissonante e impervia. Tutto però torna indietro e diventa armonia globale, se si ha la pazienza di ascoltare e immergersi senza fretta in un album che è una testimonianza di libertà struggente, insieme così lontana quanto vicina a ognuno di noi.
Non vi daremo una chiave di lettura precisa e non citeremo un titolo sopra un altro, nella speranza che chi si avvicinerà a questo album lo farà con l’intento di ascoltarlo tutto senza pregiudizi e paure. Quando la poesia è reale e sincera, si perde nel tempo e rimane sempre attuale. Antica ma totalmente nuova, inno totale alla libertà di essere ciò che si vuole essere.
«Take my hand and try to see
Cross rivers that you've feared
The stories you're afraid to hear
Can't keep our love away
I will always be there for you»
(“Take My Hand”, Jeremy Dutcher)