Cerca

logo
SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
19/02/2024
Live Report
Mòn, 14/02/2024, Arci Bellezza, Milano
I Mòn approdano all'Arci Bellezza con un pubblico numeroso, rumoroso e festante, una resa sonora ottima e un tiro e impatto notevoli, sempre a cavallo tra Dream Pop, Folktronica, suggestioni caraibiche e stacchi Afrobeat.

Veder suonare i Mòn dalle parti di Milano è un evento decisamente raro. Me li sono persi lo scorso anno durante la Music Week del capoluogo lombardo e da allora non ci sono state altre occasioni; tra una cosa e l’altra, è finita che l’ultima volta che li ho visti dal vivo era il 2019, c’era ancora l’Ohibò ed il loro nuovo disco, Guadalupe, era alle primissime uscite pubbliche.

A voler ben vedere, non è che sia successo molto, in tutto questo tempo. I dischi sono rimasti due, l’attività live non si è infoltita più di tanto: la band è insomma rimasta attiva ma, anche mettendo in mezzo il Covid con tutti i suoi ritardi, non si spiega come mai non siamo ancora riusciti a godere di musica nuova.

Poco male: in questo momento la priorità è rivederli in azione, cosa che avviene all’Arci Bellezza il giorno di San Valentino, data scelta per riprogrammare il concerto previsto a novembre, che era stato annullato per motivi logistici.

 

La prima cosa che si nota è l’alto numero di presenti: la sala non è piena e dunque non stiamo parlando di chissà quale affluenza; eppure, devo dire la verità, non mi sarei mai aspettato una tale risposta da una band comunque di nicchia, che suona lontano dalla propria fanbase e che non pubblica un disco nuovo da anni. E invece, abbiamo visto un pubblico relativamente numeroso, rumoroso e festante. Partecipazione altissima, sottolineata da battimani, qualche singalong e pure qualcuno che ballava scatenato nelle prime file, il tutto per un act che non ha certo una proposta che possa dirsi immediata.

Non c’è nessun gruppo in apertura per cui si inizia abbastanza presto: poco prima delle 22 il chitarrista Michele Mariola sale da solo sul palco e si produce in un assolo vagamente pinkfloydiano, per essere poi raggiunto dai suoi compagni che attaccano “Mantis”, subito seguita da “Calypso”.

Resa sonora ottima (come del resto sempre qui al Bellezza), tiro e impatto notevoli, una band in forma e trascinante come me la ricordavo.

 

I Mòn non suonano un genere ben definito e la loro forza è sempre stata, a mio parere, quella di sapere essere tante cose diverse, conservando allo stesso tempo un’identità ben definita. Che sia il Dream Pop da cameretta tipico dei primi Daughter, la Folktronica dei Notwist, le suggestioni caraibiche, gli stacchi ritmici dal sapore Afrobeat, il quintetto romano dà l’impressione di essere sempre in controllo di quello che fa, rimanendo sempre focalizzato sull’essenza del brano, anche quando mutano umori e colori all’interno dello stesso.

L’impronta maggiore a livello caratteriale da danno le voci di Carlotta Deiani e Rocco Zilli, spesso impastate all’unisono, con melodie mai del tutto immediate ma sempre godibili, oscillanti tra il sognante e l’ipnotico. Poi la chitarra di Michele, dai fraseggi articolati, mai banali, impreziositi spesso da un lavoro di Synth minimale ma efficace (anche qui Carlotta e Rocco). La sezione ritmica tiene in piedi tutto, col basso di Stefano Veloci che dona all’architettura sonora una dimensione di profondità altrimenti impensabile, e il drumming di Dimitri Nicastri che è decisamente fantasioso, principale responsabile del continuo mutare di prospettiva dei brani.

 

Insomma, la prova è ancora una volta maiuscola e l’entusiasmo dei presenti assolutamente giustificato. Poche novità sul fronte della scaletta, anche perché con due dischi all’attivo più di tanto non è che si riesca a variare. C’è il ripescaggio di “Alma”, dall’esordio Zama, e c’è un pezzo nuovo, che la band ha scherzosamente battezzato “Frigio”, ma che, ci informa Carlotta, non ha ancora un titolo definitivo. Stupiscono le prime battute, perché ci sono un paio di versi in italiano, per il resto non si discosta granché dal loro solito stile, lasciando ben sperare che il disco che prima o poi arriverà sia all’altezza dei precedessori.

Il resto pesca senza troppe distinzioni da entrambi i lavori, qualunque cosa arrivi non ci si lamenta, visto che il livello di scrittura dei nostri è sempre stato molto alto: “Laurel”, “Fluorescence”, “Water the Plants”, “June”, con una sezione finale particolarmente energica che vede la presenza di pezzi da novanta come “Moth”, “IX” e “Crowns”, suonata come ultimo bis, che contribuiscono ad incendiare notevolmente l’atmosfera.

 

I Mòn sono uno dei gruppi più “internazionali” che abbiamo al momento e meriterebbero decisamente maggiore considerazione: speriamo che il nuovo album possa allargare i loro consensi anche oltre l’Italia, perché quel che hanno da offrire non è per nulla inferiore alla proposta di act più blasonati.