Alain Resnais è stato considerato un punto di riferimento da molti registi appartenenti all'ondata della Nouvelle Vague francese dei tardi anni Cinquanta del secolo scorso, il suo film più noto è indubbiamente Hiroshima mon amour ma sono diverse le sue opere che gli amanti del cinema e la critica citano a più riprese: L'anno scorso a Marienbad, Muriel il tempo di un ritorno, Anatomia di un suicidio, etc. Innovatore e sperimentatore, sovverte i canoni della narrazione classica, la voglia di provare cose nuove e non seguire un percorso troppo lineare per la messa in scena della sua concezione di cinema si evidenzia bene anche in questo Mio zio d'America, film del 1980 che presenta una costruzione quantomeno originale. Nonostante il film abbia sul groppone più di quarant'anni riesce ad essere spiazzante ancora oggi, anche per lo spettatore moderno più scafato, i primi minuti del film si seguono con una certa fatica, il film poi cresce e quando si entra nel gioco di regia di Resnais ci si trova avvinti da una narrazione stratificata su più livelli che riesce a far convivere le storie dei tre protagonisti alle teorie del biologo e filosofo francese Henri Laborit che partecipa in prima persona al film nei panni di sé stesso creando un cortocircuito tra le sue teorie e le vite dei personaggi che vediamo svilupparsi sullo schermo.
Sono tre i percorsi ai quali lo spettatore è chiamato a prestare attenzione da Resnais. Il piccolo Jean Le Gall (Roger Pierre) cresce in una famiglia della borghesia benestante francese, educato dagli insegnamenti del nonno che fin da giovane gli impartisce lezioni sull'impegno e sui premi che possono derivarne, è destinato a far carriera nell'ambito della comunicazione francese lambendo anche la sfera politica. René Ragueneau (Gérard Depardieu) è figlio di agricoltori, cresce con il pallino dei numeri e si affrancherà dalla vita del padre, dalla fattoria, e diventerà un piccolo responsabile nell'ambito dell'industria tessile. Janine Garnier (Nicole Garcia) è una ragazza militante, impegnata politicamente e figlia di comunisti, contro la volontà dei genitori cercherà la sua strada nel mondo del teatro e dello spettacolo. Se le distanze tra i tre protagonisti sembrano parecchio marcate, le loro vite sono destinate in qualche modo a incontrarsi e influenzarsi l'un l'altra. I rapporti sentimentali, le ambizioni e i colpi che una nuova società del lavoro infligge a più livelli agli stessi personaggi saranno il viatico per l'esplicazione dei concetti teorizzati da Laborit discussi nella pratica appoggiandosi alle realtà dei nostri protagonisti.
È un film all'apparenza complesso Mio zio d'America, è necessario per apprezzarlo superare lo scoglio dei primi minuti, comunque interessanti per un'idea di regia molto dinamica da parte di Resnais, tra montaggio frammentato, sovrapposizioni di quadri, alternanza di tempi e personaggi, voce fuoricampo a illustrare teorie che si svilupperanno lungo tutto l'arco del film; Resnais ci chiede un po' di impegno, col trascorrere dei minuti questo verrà ripagato e si scioglierà su un film piacevole e capace di aprire a riflessioni ancor oggi attuali, atte a mettere in discussione la conoscenza che l'uomo ha di sé stesso, delle sue funzioni, del suo cervello, e di come questa possa aiutare (o meno se ignorata) nella gestione della vita spesso complicata da angosce (e conseguenti malattie) dovute a meccanismi naturali che la società che abbiamo creato inibisce in maniera innaturale andando a creare danni enormi. L'aspetto scientifico è dimostrato dai tre fili narrativi destinati a incrociarsi mettendo a nudo ambizioni, legami familiari, sentimenti, delusioni, tradimenti, tutto ciò che caratterizza le vite dei protagonisti ma più in generale dell'umanità tutta, l'uomo visto come cavia per dimostrare delle teorie, un aspetto che Resnais sottolinea in maniera comica e grottesca con soluzioni visive "animalesche". Da buon amante del cinema il regista bretone contrappone ai momenti salienti del racconto dei suoi personaggi spezzoni di cinema classico in bianco e nero, momenti di Jean Gabin, Jean Marais, Danielle Darrieux, star del cinema che fu, inserti che creano stacchi indovinatissimi che non mancano di donare un effetto comico alla narrazione. È un coacervo di inventiva e idee Mio zio d'America, momenti lievi e spunti non banali, passaggi drammatici e tumulti del cuore; un regista importante Resnais, film più che godibile purtroppo oggi un po' dimenticato dal pubblico. Recupero consigliatissimo.