Difficile per un film come questo esprimere un giudizio secco: mi e piaciuto?, non mi piaciuto?, forse è presto per dirlo, il film sedimenterà e di conseguenza arriverà il responso. Di per sé già questo dovrebbe bastare a promuovere Midsommar, fin troppi sono i titoli che passano e vanno senza lasciar traccia, l'opera seconda di Ari Aster certamente non è tra queste. Non è nemmeno così semplice indicare un filone, un genere a cui attribuire il film, la critica lo ha segnalato come esponente di quell'horror folk che viene fatto risalire al The wicker man di Robin Hardy essenzialmente per l'ambientazione all'interno di una comunità rurale che nella fattispecie celebra il solstizio estivo. Spiazzante la scelta di girare in pieno Sole un film che di tinte horror effettivamente ne ha diverse, ambientarlo in Svezia durante il periodo in cui non arriva mai il buio, ogni grottesca devianza qui prende corpo alla luce del Sole, in pieno giorno, spesso davanti agli occhi di tutti, situazione straniante che dona quel pizzico di originalità capace di tener desta l'attenzione dello spettatore. Anche il registro è ambiguo, la convivenza di scene truci, malsana inquietudine strisciante con situazioni più grottesche, quasi caricaturali, rende difficile inquadrare per bene le situazioni messe in scena da Aster che sono conseguenza diretta di un prologo decisamente più urbano e moderno.
Dani (Florence Pugh) e Christian (Jack Raynor) hanno un rapporto non troppo sano, lei ha una sorella bipolare che continua a mandarle messaggi allarmanti che Dani non sa come gestire, vede in Christian un appoggio, un rifugio più sicuro di quanto sia in realtà, lui infatti è più interessato ad organizzare uscite con i suoi amici, vorrebbe lasciare Dani ma non ne ha il coraggio, men che meno quando il peggio che Dani temeva accade davvero. Preso dal senso di colpa per aver organizzato delle vacanze all'insaputa della ragazza, Christian la invita ad andare con lui in Svezia, nella comune in cui è cresciuto il compagno di college Pelle (Vilhelm Blomgren) e dove si terranno i festeggiamenti del Midsommar, con loro andranno anche Josh (William Jackson Harper), interessato alla comunità per la sua tesi di antropologia, e Mark (Will Poulter) che ha interesse più che altro per le svedesi. Arrivata in loco la compagnia di giovani incontrerà prima altri coetanei tra i quali il fratello di Pelle e poi la comunità e le sue usanze, non ci vorrà molto perché la vacanza assuma i toni dell'incubo, un incubo solare, avvolgente e stordente, facendo un parallelo musicale Midsommar potrebbe avere l'incedere di un lungo brano stoner.
Formalmente intrigante, ben girato, il film di Aster assesta più d'un colpo basso, ma quel che lascia storditi è proprio l'incedere lento e allucinato della storia che dosa un buon crescendo di tensione con passaggi grotteschi, quasi parodistici, ben sottolineati dal volto da bisteccone americano di Christian (la scena dell'accoppiamento per esempio) o dai comportamenti accondiscendenti dello svedese Pelle. Nel mezzo la presenza di un'ottima Florence Pugh che passa da un dramma estremo (e per noi più familiare nonostante la malattia e la tragedia) a uno completamente incomprensibile all'interno di una comunità chiusa, talmente distante da poter essere considerata quasi un mondo alieno. Da capire, interpretare, il rapporto che c'è tra la prima parte del film, con la relazione fallimentare tra i due giovani, la mancanza di comunicazione, e ciò che accade nella comunità, alcuni eventi potrebbero essere letti in concatenazione al rapporto tra Dani e Christian, ma il grado di smarrimento che si prova guardando Midsommar non lascia spazio a interpretazioni troppo lucide.
Midsommar è un buon film? Chissà, rimane il fatto che opere come questa vale comunque sempre la pena di guardarle, anche solo per uscire da sentieri fin troppo battuti, sicuramente non si può accusare Ari Aster di aver confezionato un film banale.