Formatisi nel 2004, attivi dal 2010, gli svedesi Soen sono arrivati al loro sesto album in studio dopo vari cambi di una line up che oggi, probabilmente, vede la sua forma definitiva. La band, che ha nel batterista Martin Lopez, ex Opeth, il suo leader e motore propulsivo, ha guadagnato sempre più popolarità con una miscela ben calibrata di potenza e melodia, un’idea di fondo, questa, che, album dopo album, si è sgravata di ogni elemento derivativo (vedi Tool), per acquisire uno stile definitivamente identitario. Ora, la band ritorna con questo nuovo Memorial, il seguito di Imperial, pubblicato nel 2021, dimostrando, ancora una volta, la grande abilità nel creare composizioni incisive ed emotivamente cariche. Il disco, infatti, contiene i consueti riff vibranti, probabilmente i più pesanti scritti fino a oggi, contemperati, però, da articolate digressioni prog, momenti più raccolti e introspettivi, accenni a sonorità più classiche e un importante impianto melodico, a volte anche un po' ruffiano, ma comunque efficace.
L'album si apre con la palpitante "Sincere", un brano che rappresenta alla perfezione il suono della band, fatto di saliscendi emotivi, ritornelli implacabili, chitarre taglienti e drumming esplosivo (monumentale, come sempre, la prestazione di Lopez), ma capace anche di toccare le corde della malinconia con avvolgenti stasi melodiche.
La forza dei Soen risiede proprio nella naturalezza con cui riescono a far convivere trascinanti groove e momenti più intimi, echi classici e modernità (la strofa di "Violence" sembra essere pescata da una canzone dei Twenty One Pilots), senza mai perdere, però, il filo del discorso.
La seconda traccia e primo singolo, "Unbreakable" è l’ennesima testimonianza di questa abilità di contemperare riff potenti, abilità tecnica e profondità emotiva, un mix che si esalta, poi, grazie al solito ritornello che si manda a memoria in un solo ascolto.
Tutto in Memorial è perfettamente rifinito, dal mixaggio ai brillanti arrangiamenti, e le composizioni, ancorchè figlie della stessa idea, suonano intense e ispirate, anche quando i giri del motore rallentano per lasciare spazio a momenti più morbidi, come "Hollowed", intensa ballata che vede ospite la nostra Elisa, "Vitals", i cui echi pinkfloydiani non sfuggiranno agli ascoltatori più attenti, o "Tragedian", dall’avvincente crescendo emotivo.
Memorial è, dunque, la prova provata dell’evoluzione dei Soen come collettivo, è un album che mette in mostra non solo la loro maturità musicale e la brillantezza del modo in cui il quintetto si approccia alla scrittura delle canzoni, ma anche l’indubbia capacità di creare un corpo di lavoro assolutamente accessibile, capace, cioè, di plasmare la materia metal in modo che riesca a essere accattivante anche a chi il metal non lo digerisce.
Se è impossibile parlare male di un lavoro così ben confezionato e rifinito, resta vivo, tuttavia, un pensiero laterale che pungola l’orecchio e rende meno esaltante il giudizio finale: con questo talento, si può fare di più, si può osare, abbandonando la strada, spesso imboccata, dell’appeal radiofonico, per avventurarsi in territori più sperimentali e progressivi. Opinione personale, che non inficia assolutamente la qualità di un disco di ottima caratura.