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REVIEWSLE RECENSIONI
06/11/2024
Leprous
Melodies Of Atonement
Solo poche scorie metal, nel nuovo album dei norvegesi Leprous, che rilasciano dieci canzoni di alt rock imparentato col prog, in cui l'uso dell'elettronica e la straordinaria voce di Einar Solberg risultano gli elementi immediatamente distintivi.

Inseriti nel gran coacervo delle band progressive metal, disco dopo disco, i norvegesi Leprous hanno fatto di tutto per prendere le distanze da quella definizione tanto sommaria quanto, nello specifico, ormai insensata. Se i primi due album, Tall Poppy Syndrome del 2009 e Bilateral del 2011, potevano essere inseriti nel filone senza che qualcuno gridasse allo scandalo, oggi, i momenti più “metallici” della loro proposta possono essere considerate delle scorie, dei cascami stilistici che arricchiscono la loro musica, ma che sono assolutamente residuali. Negli ultimi anni, la musica della band ha sempre seguito traiettorie più propriamente progressive e alt-rock, accompagnate da testi cerebrali e impegnati, da un largo uso di arrangiamenti sinfonici e da un surplus di melodrammatica teatralità, che resta, anche in questo nuovo Melodies Of Atonement, uno degli elementi distintivi della loro musica.

Niente metal, dunque, ma un rock di gran classe, confezionato con estrema cura, e punteggiato da un mood malinconico e da atmosfere umbratili. Persistono gli elementi progressive, anche se sono molto meno evidenti che in passato: Melodies Of Atonement è un disco un po' più diretto e meno opulento rispetto ai loro ultimi album, in quanto elimina molto, se non del tutto, l’impianto orchestrale, in favore di elementi di elettronica, su cui si sviluppa un’accattivante e complessa architettura ritmica, questa sì, mutuata dal genere progressive. I synth rispetto alle chitarre, che sono utilizzate con misura e intelligenza, diventano il piatto forte in scaletta, mentre la voce straordinaria di Einar Solberg, la facilità con cui modifica il proprio timbro espressivo, la potenza della sua estensione e la padronanza tecnica con cui affronta anche linee complesse sono la chiave di volta di un disco in cui l’elemento vocale diventa lo strumento principale e quello che dà il segno distintivo alla proposta.

Occorrono svariati ascolti per cogliere le diverse sfumature di ogni canzone in scaletta, dal momento che, fatta eccezione forse per l'apertura "Silently Walking Alone", tutti i dieci brani sono costruiti più o meno nello stesso modo, con una partenza tranquilla che si muove lenta per poi gonfiarsi in un crescendo, in cui accadono tutte le cose più interessanti. Non è una novità, visto che questo escamotage è uno dei marchi di fabbrica della band, ma ci vuole pazienza per entrare nel mood, in considerazione anche del fatto che il cuore dell’album è composto da brani della durata media di sei minuti (si ascoltino in tal senso "Limbo" e "Faceless").

Quando il disco inizia a entrare in circolo, però, emerge anche la straordinaria classe di una band che sa pescare dal cilindro melodie avvincenti ("Atonement"), creare atmosfere crepuscolari cariche di livide suggestioni ("My Specter") o mettere in scena fantasiosi arrangiamenti e stranianti melodie pronte a deflagrare in una violenza tanto repentina quanto inaspettata ("Like A Sunken Ship", in cui le scorie metal si sentono, eccome).

In definitiva, Melodies Of Atonement è un disco riuscito, in perfetta linea con ciò che oggi sono i Leprous, una band consapevole e raffinata, che, con questo ultimo lavoro, sembrerebbe aver trovato la quadra definitiva del proprio suono. Forse, qualche sferzata di energia metal in più avrebbe potuto dare maggior corpo alla seconda parte del disco, che, seppur piacevole, sembra procedere con il pilota automatico. Parere personalissimo, che nulla toglie a un album che, a parte una copertina non bellissima, si fa ascoltare più volte, e ogni volta con rinnovato piacere.