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REVIEWSLE RECENSIONI
29/03/2023
Klone
Meanwhile
Alla seconda uscita per la britannica Kscope, i transalpini Klone centrano il loro album più riuscito, perfetto compendio fra progressive, metal, rock e crepuscolari melodie.

E’ un vero mistero come una band dalla straordinaria caratura artistica, come quella dei transalpini Klone, sia tutt’oggi oggetto di culto per un numero di fan davvero esiguo rispetto alla bravura del gruppo. Nonostante una corposa discografia e una carriera sviluppatasi in ben ventiquattro anni, la band progressive metal francese, infatti, è rimasta per lungo tempo ai margini del circuito mediatico.

Le cose sono parzialmente cambiate negli ultimi anni, quando i Klone hanno firmato per la Kscope, l’etichetta britannica che annovera fra le sua fila Steven Wilson, i Porcupine Tree, gli Anathema e i No Man, che ha pubblicato il loro precedente Le Grand Voyage del 2019. Questa svolta ha influito anche sul suono della band, che ha iniziato ad ammorbidire la propria proposta, utilizzando una tavolozza di colori meno accesi, che hanno diluito la potenza di fuoco delle origini. Il risultato di questo cambiamento, tuttavia, non è certo un tradimento nei confronti dei propria fan, quanto semmai un’evoluzione naturale, che ha reso le canzoni dei Klone meno pesanti ma non per questo meno suggestive.

In tal senso, Meanwhile è un disco solido, diretto e ombroso, perfettamente bilanciato fra progressive, metal e un gustoso impianto melodico. Le canzoni rispecchiano alla perfezione lo splendido art work di copertina, evocano un cielo plumbeo, gravido di pioggia e cupi presentimenti, pronto a sfogare in un ringhio feroce tutta la sua rabbia, nonostante si intuisca sullo sfondo un residuo di luce, che mitiga la furia degli elementi. 

"Within Reach" apre l'album e fornisce subito agli ascoltatori una buona idea di quanto equilibrato sia il suono creato dai Klone in quest’ultimo lavoro. La canzone inizia con una melodia crepuscolare e minacciosa, mentre le percussioni fluttuano e rifluiscono come onde nella risacca, fino a quando, a metà brano, il suono si fa più aggressivo e pesante. Se a Le Grand Voyage mancavano i groove metal presenti in album come The Dreamer's Hideaway, oggi le distorsioni e i riff taglienti tornano, anche se però inseriti in un tessuto sonoro più affabulante e variegato.

Certo, in scaletta ci sono anche canzoni come "Scarcity", che abbassano il tiro ed esplorano trame lussureggianti e morbide, talvolta sommesse, che impongono ascolti ripetuti e maggior attenzione per coglierne tutte le sfumature. In questo risiede il mirabile labor limae operato dalla band, e cioè nella capacità di creare strofe e ritornelli le cui melodie appaiono inizialmente sfuggenti, per poi crescere col passare del tempo, grazie a piccoli, ma decisivi dettagli che stimolano il piacere della scoperta.

Che si tratti dei fiati in "Blink of an Eye" e "Elusive", della scintillante chitarra solista in "The Unknown", o del contrasto tra melodie cupe e impianto strumentale pesante, quasi doom, come avviene in "Night and Day", sono davvero molti i momenti suggestivi di un disco che mantiene il livello compositivo altissimo, senza perdersi in fronzoli o inutili ghirigori. Meanwhile è, infatti, tutta sostanza, suona meno rocambolesco di alcuni album di prog metal usciti nell’ultimo periodo (Haken), eppure risulta in egual misura fascinoso e avvincente. La complessità espositiva è semmai metabolizzata da un approccio che vira maggiormente al rock, e in tal senso è interessante osservare come anche la perfomance vocale Yann Ligner si sia adattata al nuovo corso, mitigando in buona parte quel ringhio che aveva caratterizzando i precedenti lavori più metal, scegliendo un’esposizione più pulita e avvolgente (per quanto il timbro resti comunque particolarmente ispido).

Meanwhile è probabilmente la vetta discografica di questa, purtroppo, finora sottovalutata band francese, un album consapevole e maturo, che si pone esattamente a metà strada tra le distorsioni rabbiose della prima parte di carriera e le trame morbide e luminose della svolta rappresentata da Le Grand Voyage. Non un punto di arrivo, tuttavia, ma una nuova partenza, che potrebbe portare i Klone ad allargare il proprio bacino di consensi e a prendersi una meritata fetta di notorietà.