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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
23/08/2024
Live Report
Mdou Moctar, 22/08/2024, Circolo Magnolia, Milano
Un set potente e impeccabile quello dei Mdou Moctar al Circolo Magnolia, che si dimostrano potenti e dinamici anche in sede live. Com'è stata la serata? Scopritelo leggendo il nostro live report.

Funeral for Justice finirà in molte classifiche di fine anno, ne siamo certi. Al di là delle circostanze politiche in cui è stato rilasciato (l’ennesimo colpo di stato militare in una terra, il Niger, tanto travagliata quanto poco raccontata dal giornalismo internazionale, almeno a casa nostra) e di un concept che mette ancora una volta al centro l’affermazione della propria identità, anche in un contesto di ribellione alle politiche neocoloniali francesi, ben presenti ad esempio in un brano come “Oh France”, è proprio la crescita di consapevolezza artistica del quartetto a lasciare stupefatti. Niente di nuovo, intendiamoci, rispetto a quanto già fatto sentire nei lavori precedenti, in particolare negli ultimi, splendidi, Ilana (The Creator) e Afrique Victime, ma una generale migliore qualità nell’insieme e nelle singole canzoni.

Oggi che i Mdou Moctar (proprio con quest’ultimo lavoro hanno tenuto a farci sapere che ormai si considerano una vera e propria band) arrivano in Italia, riesco finalmente a vederli per la prima volta dal vivo e a verificare se anche in questa dimensione le caratteristiche ben presenti nella versione in studio sono in grado di rimanere.

 

Siamo ad agosto inoltrato e comprensibilmente il pubblico non è molto numeroso, ragion per cui del Circolo Magnolia viene utilizzato il palco piccolo, non un’ottima scelta in fatto di visibilità ma senza dubbio dotato di una migliore resa sonora rispetto al main stage. Purtroppo arrivo tardi e i belgi TAKH avevano già finito di suonare; peccato perché chi c’era mi ha detto che il loro set è stato interessante.

Mahamadou Souleymane e compagni invece arrivano poco dopo le 21, vestiti coi proverbiali costumi tradizionali e preceduti dai rumori di quella che potrebbe essere una giungla africana. L’attacco è quello, preciso e dirompente, di “Funeral for Justice”, che inaugura anche il nuovo disco e che rappresenta la scelta ideale per farci entrare nel vivo del concerto.

I volumi sono alti e nel complesso ben definiti, anche se, un difetto che purtroppo non verrà mai sistemato, le voci risultano decisamente troppo basse nel mix generale. Al di là di questo, la band fila che è una meraviglia: il batterista Souleymane Ibrahim è inarrestabile, capace sia di un drumming geometrico e ripetitivo, sia di improvvise variazioni e svolazzi che fanno prendere velocità ai brani. Accanto a lui, il bassista Michael Coltun è più regolare ma altrettanto incisivo, mentre Ahmoudou Madassane, il chitarrista, lavora soprattutto sulle ritmiche, oltre ad occuparsi parecchio delle seconde voci.

Mahamadou Souleymane, con la sua Stratocaster bianca che non è certo l’unico punto di collegamento con Jimi Hendrix, incanta con i suoi fraseggi Electro Blues, che si integrano perfettamente con la componente Afro ed arabeggiante dei vari brani. Dal vivo il tutto acquisisce maggiore potenza e dinamicità, con le canzoni spesso dilatate dagli assoli e col tema principale che viene reiterato a più riprese.

Il pubblico, dal canto suo, dimostra di gradire e partecipa con calore, ballando e battendo le mani, cosa che viene registrata con piacere dai quattro, per il resto compassati ed impassibili dietro ai loro strumenti (nessuna parola tra un pezzo e l’altro, nessun momento di interazione, sono una di quelle band che, per fortuna, preferisce lasciar parlare la musica).

 

Un set potente ed impeccabile, dunque, con un solo difetto: la brevità. Dopo poco meno di un’ora, infatti, Souleymane scende dal palco e lascia i suoi tre compagni d’avventura a cavarsela col prossimo brano. A quel punto è Madassane a prendere le redini del gruppo, cantando e producendosi in quei fraseggi chitarristici che sono tra i marchi di fabbrica di Mdou Moctar. Scesi dal palco e richiamati per il bis, ricompaiono di nuovo in tre, del loro leader nessuna traccia, non lo vedremo più. Suonano ancora un pezzo, dimostrando coesione e dinamicità anche in questa veste, con Madassane perfettamente a suo agio anche in veste solista, sebbene meno fantasioso del titolare della formazione.

Al termine, un veloce saluto, scendono dal palco velocemente e parte la musica dai diffusori: tutti a casa dopo 65 minuti. Troppo poco? Data la vastità del repertorio a disposizione, probabilmente sì, ma è anche vero che la qualità di quello che abbiamo ascoltato ci ha quasi del tutto ripagato della brevità.

Rimane il giallo della “scomparsa” di Mahamadou Souleymane: se è successo qualcosa (scazzo? Problema tecnico? Malore?) noi non ce ne siamo accorti, oltretutto la naturalezza con cui i tre hanno coperto la sua assenza ha dato l’impressione che avessero provato già diverse volte in questa situazione. Forse faceva parte dallo spettacolo, anche se da alcuni video recuperati online sembrerebbe di no. Insomma, in assenza di eventuali elementi di chiarimento, ci portiamo a casa un concerto comunque di spessore, da parte di una band che, nell’ambito della contaminazione tra musica “occidentale” e “africana”, al momento ha ben pochi rivali. Speriamo di rivederli in futuro, possibilmente per un tempo più lungo.