Un concerto dei Massive Attack non ha mai solo a che fare con la musica. Robert Del Naja e “Daddy G” Marshall da tempo non hanno dischi nuovi da proporre ma dopo l’interruzione di due anni fa, dovuta alla malattia del chitarrista Angelo Bruschini (deceduto lo scorso dicembre per un cancro ai polmoni) sono tornati a calcare i palchi a pieno regime, prendendo parte anche a molti dei più importanti festival internazionali.
La domanda dunque è lecita: che senso ha un nuovo tour in assenza di nuova musica? Al di là della naturale voglia di suonare assieme, nel caso del gruppo di Bristol c’è un altro fattore importante: il concerto, per loro, è da sempre una modalità privilegiata per fare i conti col mondo, per dare un giudizio sugli avvenimenti del presente. In questo senso, non è sbagliato affermare che i Massive Attack siano una band “politica”, non nella misura della propaganda di una posizione ideologica, quanto per la consapevolezza che essa sia una dimensione imprescindibile del reale, alla quale neppure la musica può sfuggire.
Dopo essersi esibiti a Mantova a luglio (una location a loro cara, visto che ci hanno suonato anche prima della pandemia) approdano ora a Torino, per la giornata conclusiva del TOdays. Scelta inusuale, quella degli organizzatori, di imbastire una line up composta da un solo artista ma bisogna dire che la risposta del pubblico è stata ottima, visto che questa è stata l’unica serata a far registrare il sold out (testimonianza anche della grande popolarità del gruppo nel nostro paese).
Lo spettacolo che ci viene proposto è come sempre molto potente e nulla concede alla fruizione passiva. Luci quasi sempre bassissime, la big band sul palco (otto elementi in tutto, senza contare i vari ospiti) poco visibile, il focus è di conseguenza spostato sulla parte visiva.
A tema c’è il rapporto tra reale e virtuale, tra l’essere umano come creazione inimitabile e costruzione artificiosa; insieme, il tentativo di decifrare uno scenario globale sempre più caotico, tra guerre e crisi globali di varia natura. Quanto sta accadendo in Ucraina e nella Striscia di Gaza ha infatti avuto un grande peso, con le immagini del conflitto messe a confronto con il più ampio contesto di un Occidente acquiescente (la fabbrica di bombe in Oklahoma, le scene di vita quotidiana nelle affollate metropoli americane, le feste mondane) e delle dittature di ogni tempo (non sono mancati ampi squarci della propaganda sovietica ai tempi di Stalin, ma anche istantanee oggi quasi dimenticate del conflitto in Jugoslavia, nonché sporadiche apparizioni di Saddam Hussein e Osama Bin Laden). In parallelo, a sottolineare di come si tratti in realtà di fattori per certi versi legati, tanto materiale sulle varie narrazioni complottiste circolate negli ultimi anni, da Qanon ai rettiliani, dalle scie chimiche ai microchip impiantati coi vaccini; con, sullo sfondo, una domanda inquietante: “Non è che forse, tutte queste ipotesi di complotto sono esse stesse un complotto, con lo scopo di renderci fragili, divisi, e quindi più manipolabili dal potere?”.
È una narrazione che segue spesso binari scontati, specie per quanto riguarda la lettura dei conflitti israeliano-palestinese e russo-ucraino (nessuna meraviglia, tuttavia, si sa che l’orientamento politico è quello) ma che non per questo rinuncia a provocare e a suscitare riflessioni. È singolare vedere il pubblico che reagisce animatamente alle immagini proiettate, creando momenti surreali per cui alcune delle esecuzioni più sublimi vengono a tratti sommerse dai fischi, poiché nel frattempo sugli schermi sono apparsi Putin e Netanyahu. È la prova, nonostante tutto, di quello che dicevamo all’inizio: per quanto siano una delle band più importanti della storia della musica, uno show dei Massive Attack è sempre molte cose in più rispetto ad un semplice concerto.
Di musica, comunque, ce n’è stata eccome. A cominciare dai tanti “ospiti” che si sono alternati dietro al microfono: Elizabeth Fraser, storica voce dei Cocteau Twins, presente già ai tempi del tour di anniversario di Mezzanine, ha contribuito ad abbellire i tanti estratti di quel disco (comprensibilmente il più saccheggiato, nella scaletta di questo tour), tra cui una “Group Four” veramente superlativa, ma ha anche offerto una prova quasi sovrannaturale sul classico di Tim Buckley “Song to the Siren”, senza alcun dubbio il momento più emozionante dell’intero concerto. Tutt’altro clima con gli Young Fathers, protagonisti di un trittico ad alto ritmo che è culminato in “Voodoo in my Blood”, il brano realizzato insieme nel 2016 per l’EP Ritual Spirit. Splendido anche Horace Andy, che ha cantato “Girl I Love You” ma che ha fatto venire giù tutto con una spiritata versione di “Angel”, complice anche una magistrale esecuzione, lenta e scurissima, da parte della band. Brividi anche quando sale sul palco Deborah Miller, per la dovuta incursione nel repertorio di Blue Lines, con “Safe From Harm” (trasformata in un tributo alle sofferenze del popolo palestinese) e “Unfinished Sympathy”.
Il resto lo fanno Del Naja e Marshall, supportati a dovere da un ensemble strumentale da paura, di cui la sezione ritmica a doppia batteria ha costituito l’elemento più notevole: splendida, da questo punto di vista, “Inertia Creeps”; inattesa la cover di “ROckwrok” degli Ultravox, eseguita identica all’originale e dunque quanto mai in contrasto col resto del repertorio, resa ancora più straniante dall’accompagnamento di filmati che mostravano varie scene gente spensierata che ballava in varie situazioni, sempre perfettamente in sincrono con la canzone.
Saranno anche fermi per quanto riguarda la produzione in studio, ma dal vivo i Massive Attack sono ancora tra le cose più belle che si possano vedere in giro in questi nostri anni confusi e complicati.
Cala dunque il sipario su questa prima edizione del “nuovo” TOdays Festival. Non tutto ci ha soddisfatto (le criticità le ho espresse nel mio precedente report) ma le due serate a cui abbiamo partecipato sono state un sicuro successo. Inoltre, le 24mila presenze complessive stimate dagli organizzatori (includendo anche coloro che hanno preso parte solo agli eventi extra musicali del pomeriggio) dicono, al di là dell’affluenza in ogni singola serata, di una scommessa che al momento può dichiararsi vinta.
Per eventuali sviluppi, ci si vede l’anno prossimo.