Quando qualche anno fa uscì la serie di Daredevil su Netflix fu un successo quasi plebiscitario di pubblico e critica: un prodotto Marvel realizzato per adulti o almeno adolescenti coscienziosi, con dovizia registica e di script, con personaggi umanamente a tutto tondo e con attori calati perfettamente nella loro controparte fumettistica. Un completo e riuscito riscatto per uno degli eroi simboli della “Casa delle Idee” rispetto a quella caduta fragorosa che fu il film di qualche anno prima dedicato sempre all’eroe senza paura e interpretato da Ben affleck (sembra proprio che quest’ultimo non porti molta fortuna ai cinecomics a cui partecipa).
Il fenomeno Daredevil ha dato il via ad una vero e proprio universo Marvel-Netflix sul piccolo schermo, collegato grazie a pochi accenni al Marvel Cinematic Universe, ma regolato su propri codici e soprattutto impronta stilistica. Quindi abbiamo potuto godere anno dopo anno, oltre ad un meritato e avvincente sequel di Daredevil, di serie dedicate a Jessica Jones, noir “femminile” violento e psicologicamente disturbante, a Luke Cage, piccola epopea afroamericana immersa nel quartiere di Harlem e nella musica hip hop, a Iron Fist, fantasy urbano in salsa arti marziali e new economy, e infine alla prima stagione di The Defenders, che ha unito i quattro supereroi contro un nemico comune per salvare la città di New York.
Unico escluso da quest’ultima tv series “riassuntiva” è stato un personaggio, apparso durante la seconda stagione di Daredevil, che pur essendo tra i più famosi della storia della Marvel non è possibile descrivere ne come super, non avendo poteri, ne come eroe, almeno che questa definizione si possa adattare a un killer dal sangue freddo che uccide di volta in volta i cattivi di turno. Stiamo ovviamente parlando di Frank Castle in arte The Punisher.
Il Punitore, questo il nome in italiano nelle sue prime apparizioni fumettistiche nel nostro paese sulle pagine della rivista dedicata all’Uomo Ragno, ha avuto una vita “live-action” travagliata: un film low budget a fine anni 80 interpretato da Dolph Lundgren, e altre due incarnazioni durante gli anni 2000, con due attori differenti ma di pressappoco uguale esito commerciale e di critica (il primo un po’ meglio sul secondo ma ugualmente dimenticabili). Unico lato positivo di questi prodotti cinematografici è stato il ritorno dei diritti legati al personaggio ai Marvel Studios (un giorno mi deciderò a fare un approfondimento sul disordine dei diritti dei personaggi Marvel in mano ai diversi “studios” cinematografici).
The Punisher ha avuto la sua prima messa in onda durante la settimana scorsa e come è usale per Netflix è visibile in streaming già in tutti i suoi tredici episodi della durata di circa cinquanta minuti. Si riparte esattamente da dove avevamo lasciato Frank Castle, alla fine della seconda stagione di Daredevil, e quindi impegnato a concludere la sua vendetta nei confronti degli assassini della sua famiglia. Per chi non conoscesse il personaggio questi ricalca in qualche modo tutti gli stereotipi degli anti-eroi “macho” di tardo anni 70 e anni 80: eccellente militare, segnato nella mente e nel fisico dalla guerra, che tornato a casa si vedrà massacrare davanti agli occhi l’intera famiglia (la moglie, il figlioletto e la figlioletta) a causa di una cospirazione in cui lui non sapeva neanche di essere invischiato. Da quel giorno Frank deciderà di ammazzare tutte le persone coinvolte e, nel caso, anche chiunque si trovi nel mezzo e si fosse macchiato di un crimine: giudice, giuria ed esecutore con un preciso codice d’onore e il suo simbolico teschio disegnato sul petto.
I primi episodi della nuova serie, a partire da quella che sembra la conclusione della caccia, si concentrano nel presentare la nuova vita di Pete, identità fittizia di Frank da tutti creduto morto, tra incubi ricorrenti e l’incapacità di proseguire la propria esistenza, e gli altri protagonisti della vicenda: l’agente dell’FBI Dinah Madani, il migliore amico di Frank e compagno d’armi Billy Russo, l’altro ex commilitone Curtis Hoyle che sembrerebbe essere l’unico a conoscenza che Frank è ancora vivo, la giornalista Karen Page, il trait d'union tra Daredevil e la serie in onda, e il misterioso hacker Micro ossia David Lieberman.
Ovviamente non intendo fare spoiler e lascio a voi la possibilità e, per quanto mi riguarda, il gran piacere di andare a scoprire come il “fil rouge” si dipanerà nel corso degli episodi, quali intrecci porteranno Frank a tornare in azione, lo spessore tematico e le peculiarità degli altri personaggi coinvolti, l’ottima sceneggiatura con evidentemente tutti i colpi di scena e le emozioni di cui i singoli episodi abbondano.
In sede di recensione ritengo che l’unico commento possibile sia che l’accoppiata Marvel-Netflix ha fatto nuovamente centro: The Punisher spinge ancor di più delle serie precedenti sulla crudeltà della messa in scena, utilizzando la disperazione e la violenza dei personaggi non come brutalità fine a se stessa ma come rappresentazione di una storia che non vuole scadere solo nella lotta del bene contro il male, che non vuole personaggi bidimensionali piacioni al grande pubblico, che pretende l’attenzione alle psicologie e all’umanità/disumanità di tutti i partecipanti alla tragedia e che soprattutto trova un equilibrio ragguardevole tra le varianti in gioco: dal dramma dei reduci all’adrenalina dell’azione, dalla fedeltà agli ideali conclamati alla spy story complottistica, dai valori puri dell’amicizia a all’incapacità di sottrarsi ai propri demoni, dall’amore per la famiglia al sacrificio necessario perché quest’ultima possa restare al sicuro o, nel caso contrario, vendicata. Accentandone tutte le conseguenze, anche quelle più recondite nel proprio cuore.
È corretto però aggiungere in conclusione che ci sono anche dettagli nella serie non proprio a fuoco o addirittura ripetitivi, a volte risulta troppo evidente l’inserimento di momenti “fill in” per diluire la trama e che alcune trovate sceniche non sono propriamente riuscitissime, ma la dedizione degli attori ai propri ruoli (diciamolo con entusiasmo che Jon Bernthal è nato per questa interpretazione) e l’utilizzo di una regia scarna e leggermente vintage, oltre ovviamente a tutte le considerazioni fatte prima, rende The Punisher un nuovo capitolo di successo dell’universo televisivo Marvel-Netflix.