Quando Marta Del Grandi ha presentato all’Arci Bellezza Until We Fossilize, il primo disco da solista dopo l’esperienza nel trio jazz Martarosa, non ero presente (me lo ricordo bene: ero troppo stanco per uscire e l’album non l’avevo ancora ascoltato) e la recuperai dal vivo solo qualche mese dopo (qui il live report del giugno 2022). Non sono perciò in grado di dire quanta gente ci fosse quella sera di circa tre anni fa, ma sono abbastanza sicuro che non fosse sold out come questa volta.
La grande risposta del pubblico (si parla pur sempre di un piccolo locale, ma credo che le condizioni per essere positivi ci siano, sapendo in che stato versa la musica dal vivo nel nostro paese), a più di un anno dall’uscita di Selva (qui la nostra recensione), certifica il successo di un progetto che non è più solo confinato alle lodi degli addetti ai lavori o ai nerd che inseguono ogni singolo nome della scena musicale. Si può incidere per Fire Records, fare musica non immediata e per certi versi sofisticata, eppure arrivare lo stesso ad una platea il più possibile generalista. Va bene, stiamo pur sempre parlando di musica indipendente, eppure la sensazione, dopo questo concerto, è che Marta Del Grandi abbia le potenzialità per arrivare molto più in alto di dov’è ora.
In un locale già del tutto imballato, è Lumen ad aprire le danze, con un set intimo per chitarra e voce. Silvia Demita, di origini pugliesi ma trapiantata a Milano, ha per ora pubblicato solo una manciata di singoli, che propone per circa mezz’ora, accompagnandoli ad un paio di brani di prossima pubblicazione. Simpatica e spigliata, riesce a conquistarsi in breve la maggior parte dei presenti, portandoli addirittura a cantare il ritornello di un suo pezzo inedito. Scrittura decisamente derivativa, a metà tra il cantautorato classico e l’It Pop, con un livello interessante di elaborazione nei testi, ed una ricercatezza melodica che le evita di seguire per forza di cose la via più comoda.
Niente che le permetta, almeno per ora, di uscire da un calderone sempre parecchio affollato, ma sufficientemente interessante da farci dire che la terremo d’occhio.
Marta Del Grandi si presenta sul palco con la stessa formazione con cui l’avevo vista ad Ypsigrock lo scorso agosto, vale a dire Gabriele Segantini alla batteria e Vito Gatto (ex Io?Drama) al violino e all’elettronica. Assetto del tutto diverso rispetto al primo tour, soprattutto per la presenza della batteria, ma d’altronde le composizioni di Selva possiedono un mood tale da rendere necessario tale mutamento. Il tocco di Segantini dà ai vari brani un notevole sapore Jazz, mentre il violino di Gatto è come sempre superbo e contribuisce a valorizzare lo spessore melodico dei diversi episodi. Ovviamente c’è molta più sovrastruttura rispetto a prima, un accorgimento che a volte guasta un po’, a volte si rivela funzionale allo specifico brano (“Selva”, tra loop vocali, glitch e paesaggi elettronici, funziona benissimo, stessa cosa “Mata Hari”, che fa un largo uso delle sequenze).
Marta, dal canto suo, è autrice di un’ottima prova vocale, molto più “carica” e intensa rispetto alle versioni in studio; questo, unito alle diverse soluzioni in sede di arrangiamento, rende il concerto molto più immediato e coinvolgente ma allo stesso tempo permette agli elementi migliori della sua scrittura di risaltare appieno.
Da “Chameleon Eyes” e “Snapdragon”, ritmate e intrise di Pop di altissimo livello, alle più intime e contemplative “Two Halves” e “Eye of the Day”, arricchite anch’esse dal vestito ritmico, i brani di Selva certificano tutto il valore di quelle che è al momento una delle artiste più promettenti degli ultimi anni, non solo in Italia.
Sul palco Marta è molto più comunicativa del solito (almeno rispetto alle altre volte che l’ho vista): scherza col pubblico riguardo alla sua città, Abbiategrasso, che invita a visitare per verificare che non sia anonima e noiosa come si potrebbe credere, ironizza sulle sue canzoni e sulla portata del suo successo, ricorda i suoi inizi e si mostra in generale grata per il tanto affetto e per tutti i passi che l’hanno portata fin qui.
Che sia una serata speciale lo si capisce anche per i due amici che ad un certo punto arrivano a condividere con lei il palco: Luca Galizia, in arte Generic Animal, artista molto più trasversale di quel che si penserebbe e decisamente più talentuoso dell’esponente medio della scena Urban a cui si tende ad accostarlo di solito. Imbraccia anche lui la chitarra e insieme, da soli, suonano “The Best Sea”, l’ultimo singolo di Marta, uscito ad aprile e finito poi sulla versione deluxe del disco. Poi, come da copione, si lanciano in “Karaoke”, il brano che Galizia ha scritto per il suo ultimo album Il canto dell’asino e che vede proprio Marta in qualità di special guest. È un gran bel pezzo, da solo basterebbe ad invitarci a scoprire un artista per certi versi sottovalutato.
È poi il turno di Adele Altro, con cui canta “Stay”, il brano più sixties della tracklist di Selva, reso in maniera decisamente intensa e coinvolgente. Poi quella che Marta definisce la sua canzone Indie preferita di sempre, vale a dire “Heart of Darkness” di Sparklehorse, piccolo gioiello di un altro artista che sarebbe più che obbligatorio andare a riscoprire.
Rimanendo in tema di cover, il finale del concerto vede anche una evocativa “Hotel Supramonte”, che era già stata pubblicata sull’edizione deluxe di cui sopra. È strano sentire Marta Del Grandi coverizzare De André, ma il pezzo si incastra alla perfezione nelle pieghe stilistiche della sua proposta, a conferma di una versatilità niente affatto comune.
Nel finale arriva un’emozionante “Somebody New”, tratta da Until We Fossilize, che conferma l’evoluzione stilistica dal primo al secondo disco, pur nella continuità di fondo. È “Marble Season” a mandare tutti a casa, altro fulgido esempio di Art Pop, con un lavoro superbo di batteria e Vito Gatto per l’occasione alla seconda chitarra.
Un concerto meraviglioso, che chiude alla grande la stagione di Selva (ci saranno altre date ma è presumibile che questo sia l’ultimo in zona, almeno per un po’) e che ci lascia solo intuire quello che potrebbe venire dopo.
Marta Del Grandi è ormai una certezza e siamo sicuri che per lei questo sia solo l’inizio.