“Nell’amore non ci sono né perfezione né eternità prestabilite.
L’amore batte secondo le pulsazioni del tempo, come battono tutte le cose viventi.
Si rafforza o si sgretola, declina o si risolleva. Se è vivo può morire. Ed è questo il suo bello.
Una cosa è grande e commovente solo quando contiene una possibilità di morte.”
Marie aspetta Marie è il secondo (e ultimo) romanzo di Madeleine Bourdouxhe (Liegi, 1906 – Bruxelles, 1996). Cominciò a scriverlo nel 1937, subito dopo la pubblicazione de “La donna di Gilles” (qui trovate la recensione).
Marie, la protagonista, è una giovane donna, sposata da 6 anni con Jean. La loro è una relazione stabile, consolidata, fatta di certezze. Quelle stesse certezze che fanno sentire al sicuro e che portano a pensare che nulla potrà mai cambiare, perché quell’amore e quel legame sono destinati a durare per sempre.
Marie, infatti, è molto innamorata di suo marito e lo si percepisce fin da subito, dal modo in cui gli si rivolge; da come cerca di assecondare ogni suo bisogno o stato d’animo; da come gli sta accanto, in cerca di un contatto fisico, anche lieve, come fossero ancora due fidanzatini; dai pensieri romantici che affiorano nella sua mente e da quell’esternazione che fa a sé stessa, come fosse l’ennesima presa di coscienza: “Jean è qui, vicino a me. Jean, l’unico uomo che amo al mondo…”.
Sembra quasi che all’interno della coppia sia Marie quella più innamorata; quella che si impegna maggiormente per nutrire il rapporto e mantenerlo vivo. Si percepisce una sorta di dipendenza, come se lei “esistesse” solo attraverso Jean, e non perché sia priva di carattere o di vitalità, tutt’altro - Marie è viva più che mai, ha i sensi vigili - ma semplicemente perché si rifugia in quel rapporto, ci si avvolge dentro come fosse una coperta e fatica a pensare - ma soprattutto ad agire - semplicemente per sé, come un “individuo”. Fromm, nel suo libro “L’arte di amare” scriveva che nell’amore due esseri diventano uno, e tuttavia restano due. Marie, invece, è (con)fusa con Jean.
Durante una vacanza in Costa Azzurra, mentre è distesa al sole, i suoi occhi si posano casualmente su un ragazzo seduto sugli scogli, poco distante da lei. Lo osserva, segue la sinuosità di quel corpo nuovo, diverso, giovane. Guarda le sue gambe, le spalle, i capelli neri e mossi… i loro occhi si incontrano per un momento, ma lei distoglie subito lo sguardo e lo riporta su Jean. Nella sua testa confronta quelle due figure, i loro gesti: il noto “Aura soave, fatta della dolcezza e del calore delle cose familiari, di ciò che si ama”, e l’ignoto “Il mondo del possibile; il fascino, la vertigine di un mondo nuovo.”
Quella visione smuove qualcosa dentro Marie. Il suo lato più selvaggio e intraprendente, ormai sopito e addomesticato da tempo, riprende improvvisamente a battere e spinge forte, per affiorare. Quella stessa sera, quando si è fatto già buio, mentre Jean sta chiacchierando animatamente con un gruppo di amici, lei si allontana e si incammina verso la spiaggia. Così, quasi senza rendersene conto, nonostante la sua paura dell’acqua, si ritrova a salire su una barchetta e a prendere il largo. Marie rema. Rema libera, senza una meta e soprattutto senza paure. Marie è (finalmente) sola, non c’è Jean a proteggerla o a guidarla. Si sente viva, euforica, padrona delle sue scelte. Quella notte, Marie, muove un primo importante passo verso sé stessa.
Terminata la vacanza, Marie e Jean tornano a Parigi e in un attimo si ritrovano immersi nella loro quotidianità e nelle loro abitudini di sempre: lei si occupa della casa e impartisce lezioni private, mentre lui ha un lavoro che lo impegna molto e lo tiene spesso lontano da casa.
Marie si ritrova sovente sola, completamente sola e nonostante la solitudine le piaccia, ci sono momenti in cui le pesa come un macigno e fatica a capirne il perché.
Lei non è una donna come le altre, non ha amiche vere con cui parlare o confidarsi, ci ha provato, certo, ma non si sente a suo agio. Lei si sente diversa. Non è interessata ai loro discorsi frivoli e spesso vuoti; non pensa come loro, non vive come loro e soprattutto non ha le loro stesse priorità. Non pensa, come molte di loro, che la maternità sia un dovere da assolvere o un modo per dare un senso o uno scopo alla propria vita.
No, Marie non è così e ne è consapevole: “Marie se avesse un figlio lo amerebbe con tutta la sua carne, e tutto il suo cuore, ma non si rattrista né si rallegra di questa assenza. Non desidera un figlio come si ambisce a un ideale, non ama né il lusso né i ricevimenti, non ha vere amiche, non le piace scegliere carte da parati non crede alla felicità… Forse non le piace niente e non aspetta niente…”
Forse Marie si è semplicemente persa di vista e aspetta di ritrovarsi, in qualche modo…
Nonostante il suo grande amore per Jean, lo tradirà e non accadrà per caso. Accadrà perché per la prima volta, dopo tanto tempo, Marie è consapevole di quel che vuole. Desidera ardentemente quel giovane ragazzo visto e conosciuto per caso in Costa Azzurra.
Marie tradisce per desiderio e basta, perché è umana, perché è fatta di istinti primordiali, perché ne ha bisogno. Perché vuole sentire ancora il fuoco, quel fuoco che tra lei e Jean si è spento, perché il loro rapporto è scivolato nell’abitudine e non per mancanza di amore, ma semplicemente perché è fisiologico che il rapporto tra un uomo e una donna, ad un certo punto, muti nel corso del tempo, si trasformi. La passione cede il passo alla complicità, all’affetto, alla sintonia fatta di sguardi, alle abitudini e ai piaceri condivisi, a quel riuscire a comunicare anche in silenzio, tipico di chi si conosce tanto, forse troppo. Si diventa l’uno la rete di sicurezza dell’altro.
Quelle abitudini che un tempo la facevano sentire al sicuro e protetta fanno sempre parte di lei, ma ora non le bastano più.
Sente la vita pulsare e non può fare altro che abbandonarvisi. Lo fa senza sensi di colpa, come se fosse la cosa più spontanea e naturale da fare. Per lei è come respirare.
Marie è sveglia, mette a fuoco i suoi limiti. Fa un bilancio di tutto ciò che ha e realizza che non è poco, ma vede con altrettanta chiarezza tutto ciò che le manca, e ne prende atto. È come avvolta da un senso di rassegnazione che però non le provoca dolore o frustrazione, perché nonostante tutto, sembra come pacificata. Le crepe del suo rapporto con Jean e quelle di tutta la sua vita sono sotto ai suoi occhi. Non serve più fingere che tutto sia perfetto, perché la perfezione non esiste. Perché in ogni rapporto, seppur inconsapevolmente, ci ritroviamo sempre a sacrificare qualcosa di noi e delle nostre ambizioni. Ora Marie è sveglia e deve semplicemente vivere.
“Minuti, ore, anni, densi, belli, perfetti – artificiali, perché se Marie non avesse avuto il controllo, quei minuti, quelle ore, quegli anni non esisterebbero. Perché è lei sola a costruirli, con il suo cuore, la sua carne, i suoi desideri. È stata solo la fede di Marie a irradiarsi come redini fra le sue mani… Ma un mattino d’estatate Marie ha voltato la testa e ha guardato dietro di sé. Ha mollato le redini, e le sue mani ormai libere si sono messe a cercare qualcosa nel passato.”
Nel momento stesso in cui si è abbandonata a quella passione così forte e travolgente, Marie è entrata in contatto con quella parte di sé che aveva dimenticato; quella parte di sé che viveva prima dell’incontro con Jean, quella parte di sé a cui aveva rinunciato: la ragazzina intraprendente, piena di ambizioni, perennemente folgorata da emozioni intense, amante della solitudine e soprattutto piena di vita.
Marie è (ri)nata o più semplicemente, Marie ha partorito sé stessa…
Ha scoperto che ogni rapporto - quello con i suoi genitori, quello complicato con sua sorella Claude, quello con Jean, quello con il giovane amante o quello con chiunque altro - può contribuire a far affiorare lati nuovi del nostro carattere e di ciò che siamo. Perché ogni incontro può accendere o spegnere parti di noi. Ogni incontro può nutrirci o farci morire di fame. Può alimentare paure e insicurezze, o al contrario, ci può far esplodere di vita come un fuoco d’artificio colorato e brillante in una notte d’estate.
Marie non si aspetta più niente da nessuno… Marie non si aspetta nulla di diverso da Jean e non si aspetta nulla da quel giovanotto conosciuto per caso durante una vacanza estiva.
Marie e il suo giovane amante stanno l’una della vita dell’altro in punta di piedi: attenti a non varcare quel confine invisibile, ma allo stesso tempo marcato, che nessuno dei due ha tracciato, ma che comunque esiste; attenti e misurati nell’uso delle parole; cauti nelle domande. In equilibrio costante, come i funamboli.
I due amanti esistono solo all’interno di quel microcosmo a cui hanno dato vita insieme. Fuori di lì, non esistono, non sono nemmeno una coppia, ma nel loro piccolo mondo sì. Esistono e vibrano insieme, consapevoli della fragilità del loro rapporto e di quei sentimenti così intensi, ma allo stesso tempo indefiniti e indefinibili: “Tu sei lontano da me. E io accetto questa distanza dolorosa. E non so come tu mi ami. Non dirmelo. Difendi da me la tua vita, conservala per te. Ne hai il diritto. E se non l’avessi, questo diritto dovresti conquistartelo. Ma io ti amo. Non te lo dirò. Lo dico a me stessa.”
Marie aspetta Marie… Marie, finalmente, ha (ri)trovato Marie.
Ancora una volta, Madeleine Bourdouxhe, tratteggia un personaggio femminile straordinario a cui è impossibile non affezionarsi.
È un romanzo che parla d’amore, ma anche e soprattutto di una passione erotica travolgente vista e vissuta dal punto di vista femminile, che la Bourdouxhe riesce a descrivere divinamente, senza ipocrisie, con delicatezza ma anche con ardore e soprattutto in modo libero e “moderno”, illuminato, senza mai esprimere giudizi di carattere morale, nonostante l’opera sia stata scritta ben ottanta anni fa.
È estremamente moderna l’immagine della donna che ci offre - l’immagine di Marie - e non perché tradisce suo marito, ma semplicemente perché lotta per conquistare la sua “libertà”, intesa come libertà emotiva e di azione. Lotta per affermare sé stessa e ciò che è. Lotta per affermarsi nella sua unicità, merce estremamente rara, al giorno d’oggi.
La narrazione della Bourdouxhe è come sempre istintiva e coinvolgente, pregna di momenti poetici e di riflessioni che lasciano il lettore senza scampo.
Lo avevo già scritto nella mia recensione de “La donna di Gilles”, ma voglio ripeterlo ancora una volta: Madeleine Bourdouxhe è una grandissima scrittrice.