Non inizieremo questa recensione con i soliti luoghi comuni a proposito dell’ennesimo “figlio di…”, di quanto, cioè, essere la progenie di una celebrità faciliti l’accesso al complesso mondo dello star system e imponga, al contempo, inevitabili paragoni con il più noto genitore.
Dietro il marchio di fabbrica Mammoth WVH, si cela, infatti, il nome di Wolfgang Van Halen, polistrumentista trentaduenne, figlio del grande Eddie, che ci ha lasciati non più tardi di tre anni fa. Sarebbe, però, davvero ingeneroso mettere a confronto padre e figlio, accostare un chitarrista leggendario, che ha scritto pagine importanti della storia del rock, a un giovane artista che, live dopo live e disco dopo disco, sta tracciando il proprio autonomo percorso nel mondo della musica. Non si può certo negare il vincolo di sangue e quella passione che i geni hanno inevitabilmente trasmesso, ma il paragone fra i due finisce qui.
Wolfgang ha già camminato parecchio sulle sue gambe, ha scelto il basso come strumento principale, ha rafforzando il legame con cotanto genitore militando nei Van Halen, ma ha cercato strade artistiche diverse, suonando per la band di Mark Tremonti, collaborando con gli Halestorm e cimentandosi da solista con due album a nome Mammoth, l’ultimo dei quali uscito da poco.
Scritto e suonato interamente da Wolfgang, che in studio si cimenta con tutti gli strumenti, e prodotto da Michael “Elvis “ Baskette (Alter Bridge, Slash, Sevendust, Tremonti, etc), questa seconda prova in studio è un disco di rock moderno, melodico e muscolare, coeso nel suono e nella struttura, e caratterizzato da una scrittura solida ma piacevolmente variegata, che alterna strappi heavy metal a ballate in odore di romanticismo ed episodi dall’appeal radiofonico.
La voce di Wolfgang è molto migliorata ed è estremamente versatile, e sotto il profilo tecnico ci troviamo di fronte a un musicista capace e consapevole, bravo, tra l’altro, ad aggirare eventuali paragoni con le doti funamboliche del padre: la sua prestazione alla chitarra, infatti, è misurata ed essenziale, sempre al servizio della canzone e mai del virtuosismo fine a se stesso.
Il disco fila via che è un piacere, tra echi Alter Bridge (inevitabile vista la produzione di Baskette), groove coinvolgenti e ritornelli uncinanti. "Right?" Apre le danze con una partenza a razzo, basso e batteria martellanti, riff di chitarra ruvido e melodia irresistibile, "Like A Pastime" abbina aggressività ritmica a un impianto melodico da fuoriclasse, mentre "Another Celebration At The End Of The World" è una sciabolata alternative che schizza a velocità supersonica. Una tripletta iniziale fantastica, che non esaurisce di certo l’arsenale di Wolfgang.
Il quale riesce anche ad approcciarsi con sensibilità alla ballata malinconica ("Waiting"), plasmare con abilità brani ruffiani con vista sulle chart ("I’m Alright") o scegliere un linguaggio meno diretto, creando strutture rock più complesse (la conclusiva "Better Than You").
Come accennavamo all’inizio, ogni possibile confronto con papà Eddie non ha e non avrebbe alcun senso. Wolfgang ha trovato la propria strada, riuscendo a liberarsi da una pesante e scomoda eredità, dando vita a un progetto come Mammoth WVH, che è la dimostrazione di quanto autonoma sia l’espressività artistica del giovane musicista. Continui così e ascolteremo anche di meglio.