Quand’è che una band capisce che è sulla strada giusta? Forse quando decide di battezzarsi ufficialmente nel luglio 2017, fa uscire il primo singolo ad agosto e tre giorni dopo ne fa uscire un altro in cui collabora con Travis Barker, per poi presentare ancora una nuova canzone a novembre 2017 e far uscire il primo EP a marzo 2018.
Un’escalation sufficiente a far capire di che pasta si è fatti? Non del tutto, perché a novembre 2018 i Fever 333 iniziano pure a fare un tour europeo in apertura ai Bring Me The Horizon, annunciando pochi giorni dopo che a gennaio 2019 faranno uscire il loro primo album.
Può bastare? Forse sì, ma per ora questi sono solo un elenco di fatti, che testimoniano al massimo come si possa essere iperattivi e con qualche aggancio giusto, e non si è ancora parlato di qualità e contenuti.
Ottimo, perché è adesso che arriva il bello.
I Fever 333 infatti sono tutto fuorché dei ragazzini alle prime armi. Sono una band americana formata da tre folli ragazzi di Inglewood: Jason Aalon Butler (ex voce post-hardcore dei Letlive e attuale voce hardcore dei nuovissimi Pressure Cracks), Stevis Harrison (ex chitarrista metalcore dei The Chariot) e Aric Improta (batterista post-rock dei Night Verses). E fanno un rapcore capace di spettinare anche le capigliature più laccate.
Le parole chiave del messaggio che vogliono lanciare sono anch’esse tre e si possono sintetizzare con tre C: comunità, carità e cambiamento. Quello dei Fever 333 e del loro EP Made An America è infatti un attivismo radicale e rivoluzionario, in cui ogni nota e ogni verso rappresenta uno sforzo attivo per promuovere un cambiamento necessario, teso a riportare l’attenzione su una consapevolezza socio-politica ormai soffocata.
Un obiettivo che li ha fatti lavorare alacremente alle loro prime 7 canzoni, con l’aiuto di Travis Barker (Blink-182) e di John Feldmann (Goldfinger) come parte del team di scrittura e registrazione, per creare quello che è probabilmente il migliore EP prodotto nel 2018.
Di quale cambiamento stiamo parlando? "Made An America" stesso è un gioco di parole basato sullo slogan nazionalista "Made In America", una frase spesso usata dagli americani che parlano di riportare posti di lavoro in America o di rifiutare merci straniere perché inferiori.
Jason Butler infatti, canta e rappa della storia americana, facendo riferimento al fatto che una nazione moderna come gli Stati Uniti è stata costruita in gran parte dagli sforzi di immigrati e schiavi, prevalentemente neri. Made An America è un'accusa appassionata, violenta, diretta e politically uncorrect sul modo in cui l'America bianca tende a sopprimere le verità storiche attraverso una lente razziale.
Butler stesso, nel parlare di Made An America, sottolinea quanto non si debba mai dimenticare che non c'è potere senza il popolo, e che tutto il potere si trova nell’unione di ognuna delle persone. Persone come quelle rappresentate nel video della stessa titletrack “Made An America”, che sono spesso di colore, e che sono troppo spesso state sfruttate e sottorappresentate. Una differenza e uno stigma che Butler stesso ha dovuto sopportare: figlio di un padre nero e di una madre bianca, a cui tutti a scuola chiedevano come mai il padre non fosse bianco, facendo sì che Jason la percepisse anzitutto come una questione di classe e facesse amicizia soprattutto con i ragazzini parte di altre minoranze: «eravamo tutti dello stesso colore, poveri di sporcizia».
Quella dei Fever 333 è una denuncia senza quartiere al razzismo più radicato nella società di ieri e di oggi, che si può respirare ad ogni traccia. In una delle strofe di “Made An America” Butler urla «Diciamo grazie per il morbillo, le coperte e il genocidio. Loro lo chiamano "ripulire le strade", noi lo chiamiamo "omicidio"». Mentre in “Hunting season” racconta: «Uccidere la mia gente per divertimento, questo è quello che fanno. Vivere è una trovata pericolosa, per chi è nato con troppa melanina».
Una rivoluzione dichiarata apertamente anche nella terza traccia “(The First Stone) Changes”, che contiene anche un ottimo featuring del rapper Yelawolf e un’integrazione di elettronica che non fa altro che alzare il beat e iniziare a far ribolline nel sangue il desiderio di riscatto.
Se avete l’impressione che nei testi i ragazzi siano un po’ estremi (sempre che non giudichiate estreme anche le ottime urla di cui è capace Jason e le precise e strutturate scelte musicali del trio) sappiate però che non avete visto ancora nulla. Perché è nei live che i ragazzi danno il loro meglio, mettendo in scena tutto quello di cui sono capaci.
Particolari elementi degni di nota? Aric, in odor di medaglia per la nomination a batterista pazzo, suona spesso in piedi sul suo seggiolino, saltandone poi giù con un balzo per risedersi, senza mai smettere di suonare. Il podio alla follia va però, senza alcun dubbio, a Jason.
Al limite dell’iperattivo, non solo non è capace di stare fermo sul palco, ma nemmeno di stare sul palco stesso. Per la gioia del roadie che cerca di gestire il filo del suo microfono, Butler si arrampica letteralmente sugli spalti per andare a cantare circondato dalle persone sulle gradinate, per poi finire a fare rapping in mezzo al pit. Le volte che rimane sul palco agita il telone di sfondo, corre ovunque e arriva anche a rubare un timpano ad Aric, per suonarlo davanti al pubblico e, dopo qualche strofa, gettarlo letteralmente dietro di sé, probabilmente nella certezza di non centrare nessuno dei suoi compari.
Si può dare forse di più al pubblico? Forse no, ma Jason a novembre, in apertura al concerto dei Bring Me The Horizon a Milano, ci ha provato, finendo la loro impeccabile e trascinante performance letteralmente in mutande.
Cosa potranno fare ancora? È una domanda aperta che troverà risposta a gennaio 2019, quando ci troveremo a recensire il loro primo vero e proprio album, Strength In Numb333rs.
Per il momento, quello che i Fever 333 vogliono fare Jason Butler lo ha espresso chiaramente: “Stiamo cercando di scrivere la colonna sonora della rivoluzione che sta per iniziare”.
Ne vuoi far parte o vuoi esserne travolto?