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REVIEWSLE RECENSIONI
24/06/2019
Madonna
Madame X
Non sono un purista, anzi mi schiero tra coloro i quali possiedono la ferma convinzione che, nell’arte, l’autenticità sia anche più dannosa di quanto già non lo sia nella vita. Ma so riconoscere la “merda d’artista” dalla “merda ebbasta”. Madame X è indubbiamente “merda ebbasta”. E badate bene: lo dico da estimatore della prima ora.

L’artificio, la finzione, il reinventarsi, il sapersi circondare delle “persone giuste” – questo ha quasi sempre salvato Madonna (e le migliori popstar) dalla banalità e dall’oblio e, pur prendendo in debita considerazione scivoloni e inevitabili cadute di tono nel corso di una carriera quasi quarantennale, il quattordicesimo album di Madame Ciccone è più vuoto, più irritante e più inutile di qualsiasi cosa abbiate ascoltato o ascolterete in questo 2019. A meno che non siate appassionati di salse, merengue, lambada ovvero di tutta quella fetta di musica ispanica e latino-americana da bimbiminkia che sorseggiano Mojito annacquato scambiandosi un “ciao fratello”, Madame X vi terrà inchiodati alla tazza del cesso.

Madonna si gioca la carta terzomondista e lo fa nel peggiore dei modi, volgarizzandola con marchette reggaeton e miasmi trap incorporati nell’usuale paraculaggine pop-dance che un tempo deliziava anche palati esigenti e che oggi affonda nelle sabbie mobili della mediocrità; una world music banalizzata e stilizzata buona per gli altoparlanti della Coop, che se non arriva alle indegne flatulenze di un Jovanotti qualunque, ci va assai vicino, pericolosamente vicino – con le dovute differenze: va da sé che una scorreggia di Madonna rimane sempre infinitamente migliore della miglior “canzone” del cazzaro da beach party.

Ma chi è Madame X? Ve lo spiega Madonna all’interno del booklet: “Madame X è un agente segreto che viaggia per il mondo, cambiando identità, combattendo per la libertà, portando luce nei luoghi bui” (una volta sapeva anche essere originale) e poi segue un elenco di varie identità che vanno da “istruttrice di cha cha” a “prostituta” passando per “governante” e “santa”. Cioè tutto e, soprattutto, niente. Il niente a cui siamo abituati da almeno un decennio a questa parte: il niente latin-pop di “Medellìn”, il niente astratto e serioso di “Dark Ballet” (con tanto di triviale citazione di Tchaikovsky), il niente finto-tribale di “Batuka”; le scemenze a cui invece siamo abituati da sempre si compendiano crassamente in numeri dozzinali come “Bitch I’m Loca” e non serve andare oltre citando inutilmente altri inutili titoli.

Sotto il profilo testuale riesce a fare persino peggio: tramestando nei tediosi luoghi comuni che cavalcano l’onda del momento (la fluidità di genere, l’islamofobia, il multiculturalismo da manualetto delle elementari, l’umanitarismo da Baci Perugina, ecc.), Madonna sembra voler incarnare una Wonder Woman progressista (nella foto di copertina, somiglia in modo allarmante a un’altra “Madame” italiana che non nomino per evitare querele…), un’eroina dei diritti civili, praticamente una versione molto più figa e un po' meno intellettuale di Patti Smith, che pilucca qua e là slogan triti e ampollosi (vi serve un esempio? Eccolo: “I'll be Islam, if Islam is hated / I'll be Israel, if they're incarcerated / I'll be Native Indian, if the Indian has been taken / And I'll be a woman, if she's raped and her heart is breaking”) e li incastra alla meno peggio all’interno di melodie stuporose e arrangiamenti ineffabilmente sciatti che, non ho dubbi, sono già in heavy rotation negli attici dei centri storici e nelle ville di tutta le “gente perbene” che sta dalla parte giusta della storia.

Mettetemi un paio di milioni sul conto corrente e vi garantisco che ci metto un attimo anch’io a diventare “gente perbene”. E a raccontarvi, come manco v’immaginate, che Madame X è il disco del momento.

Adesso, pevò, passatemi i sali che mi sento svenive…


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