A qualche anno di distanza dal suo ingresso sulle scene, la carriera di Madame sembra ormai instradata in un percorso coerente.
Esordire a 17 anni con una manciata di singoli e suscitare attorno a sé un hype notevolissimo ancora prima dell’uscita del disco d’esordio, partecipare a Sanremo e finire nei dischi di tre quarti degli artisti della scena rap italiana sono premesse ottime ma potrebbero anche tagliare le gambe in caso di aspettative non mantenute.
Non è andata così. Dopo un primo disco un po’ disomogeneo, pieno di cose interessanti ma ancora privo di una direzione precisa, è arrivato L’amore, un lavoro decisamente più a fuoco che è riuscito a fotografare e a valorizzare l’immenso talento di Francesca Calearo. Un disco che globalmente si muove in territorio Urban ma che possiede in realtà uno spettro più ampio, che arriva fino a riprendere la canzone d’autore degli anni ’60; il tutto con una vocalità magnifica, dallo spettro ampio e dallo stile particolarmente versatile. Un’artista completa, insomma, non più solamente una giovane esponente dell’Hip Hop.
Ha forse aiutato anche il fatto che il successo sia arrivato subito ma allo stesso tempo sia cresciuto in modo graduale, non gli sia esploso in faccia tutto in una volta, permettendole dunque di metabolizzarlo e gestirlo al meglio. E così, se uno come Blanco (il cui valore è indiscusso, per carità) si ritrova a fare sold out negli ippodromi di Milano e Roma ma adesso rischia di pagare l’azzardo San Siro, l’artista vicentina, pur riempiendo il Forum di Assago, ha optato per un tour vero e proprio, toccando diverse località e rendendosi dunque più accessibile, senza per forza suscitare l’isteria da grande evento.
Il Lazzaretto di Bergamo da questo punto di vista è la location ideale: poche migliaia di persone in uno spazio ampio ma allo stesso tempo raccolto, anche se francamente non ho proprio capito il senso della scelta di tenere il pubblico seduto. Nel corso della serata si capirà come rimanere composti sia pressoché impossibile per cui avremo parte del pubblico ammassato ai lati, mentre chi ha deciso di restare al proprio posto dovrà lottare periodicamente con quelli davanti, che alzandosi in piedi gli ostruiranno la visuale (io personalmente sono rimasto seduto fino a metà concerto, poi non ce l’ho fatta più). Sicurezza scorbutica a parte, sembrava davvero di essere tornati ai tempi del Covid, un déjà vu francamente straniante.
Entrando nello specifico del concerto, devo dire che le mie aspettative erano molto alte, perché pur seguendola sin dal primissimo singolo, non ero ancora riuscita a vederla dal vivo. La prima cosa a colpirmi è il pubblico: tanti giovani ma pochi giovanissimi e soprattutto una larga presenza di ultra quarantenni, che non sono per forza genitori al seguito dei figli. È probabilmente la conseguenza tangibile del valore effettivo della proposta: c’è sostanza, nei dischi di Madame, non è semplicemente roba per ragazzini; inevitabilmente, la gente se ne accorge e viene a vederla.
Lo spettacolo non delude. Accompagnata da una band molto solida (Carmelo Caruso alle tastiere, Dalila Murano alla batteria, Emanuele Nazzaro al basso ed Enrico Botta “Estremo” all’elettronica) Francesca si dimostra totalmente padrona del palco, la sua resa vocale è impressionante anche in sede live, ha carisma da vendere e mostra nel complesso un livello di maturità superiore a quello che la sua giovane età lascerebbe supporre.
L’impostazione è prettamente elettronica, con le tastiere a svolgere gran parte del lavoro melodico (qua e là compare anche una chitarra) ma la presenza della batteria, oltretutto suonata in modo davvero fantasioso, dona un tiro notevole all’insieme, nonché un feeling generale di spontaneità. Gradita anche la presenza per una manciata di brani di Luca Faraone, produttore dell’ultimo disco nonché direttore artistico del live. Suona la chitarra, ad impreziosire due delle più belle esecuzioni della serata, “Quanto forte ti pensavo” e “Nimpha”, brani intensi e melodicamente ineccepibili, che guardano dritto negli occhi la grande tradizione italiana, con in più un’esecuzione vocale da brividi.
Al centro della setlist c’è soprattutto il nuovo disco, probabilmente quello che si presta maggiormente all’esecuzione live, per cui le varie “Avatar – L’amore non esiste”, “Respirare”, lo skit “Pensavo a…”, la sanremese “Il bene nel male”, godono tutte di un’ottima resa e possono rientrare tra le cose migliori della serata. Molto bello anche il nuovo singolo “Aranciata”, un ulteriore affondo in territorio stilistico Rettore/Caselli, dopo la già brillantissima prova de “L’eccezione” (anch’essa eseguita nel corso della serata).
Non c’è moltissimo dal disco precedente, scelta a mio parere azzeccata, visto che il gran numero di featuring ne avrebbero reso difficoltosa la riproduzione live (non a caso in “Tu mi hai capito” la voce registrata di Sferaebbasta è sembrata un parecchio innaturale). Bene comunque “Marea”, suonata nei bis con una giovane fan che è salita sul palco a ballare, Clito (prima della quale ha chiesto, ironicamente, quanti minorenni ci fossero tra il pubblico, visto il testo fortemente esplicito) e ovviamente “Voce”, il primo brano che ha portato a Sanremo, che in questa versione più secca, lievemente accelerata e priva dell’orchestra, ha convinto decisamente di più.
I primi, folgoranti singoli, quelli che l’hanno lanciata come un talento assoluto, hanno ancora un certo spazio, per cui “17”, col suo beat pazzesco, trasmette ancora tutta la sua irriverenza, mentre “Sentimi” e “Sciccherie” vengono rilette in versione piano e voce, all’interno di una sezione della quale fa parte anche “Il mio nuovo maestro”. Una scelta interessante, che dimostra soprattutto come, al di là del magnifico lavoro di produzione, a funzionare siano proprio le canzoni in sé.
Unico neo di un’esibizione altrimenti impeccabile, la decisione di inserire, nella parte centrale, un siparietto di “confessionale”, durante il quale i fan che lo desideravano potevano alzare la mano e raccontare qualche episodio intimo e privato della loro vita, qualcosa che in precedenza non avevano mai detto a nessuno. Non dissimile da quanto fatto anche da Ariete, la trovata permette senza dubbio di evidenziare il profondo legame che c’è tra Francesca (che dà l’impressione di essere davvero spontanea e autoironica, padrona del gioco ma umile e per nulla costruita) e il suo pubblico; dall’altra parte, il rischio di sdoganare un’autoaffermazione istintiva (per cui io valgo se ho il coraggio di buttarmi e di fare quello che mi sento di fare) e di banalizzare il tema della scoperta di sé, è particolarmente forte. Per non parlare del fatto che è durata fin troppo e ha rubato del tempo alla parte musicale, probabilmente annoiando tutti i presenti che non fossero strettamente fan dell’artista.
Il finale, con il divertissement di “Tekno Poké”, fa terminare il concerto su una nota solare, con la cassa dritta che continua per un po’ a rimborsare per il Lazzaretto, accompagnando l’uscita dei presenti.
Gran bel concerto e gran bel percorso, quello di Madame. Un’artista che sta riuscendo perfettamente a gestire la propria carriera, senza ansia da prestazione e seguendo semplicemente quello che di volta in volta succede. Il talento ce l’ha, per cui sospetto che ne sentiremo parlare ancora a lungo.