...con una tuta da aviatore o da meccanico – quelle composte da un unico pezzo, per capirci – e la zip aperta dal collo fino all’altezza dell’inguine, in una posa che non lasciava dubbi sulla scarsa dimestichezza dell’ex leader dei Generation X con la biancheria intima.
Prima dell’avvento di Internet l’immaginario sulla pornografia maschile era di dominio esclusivo degli addetti ai lavori e quell’immagine lasciva in un contesto sobrio e tradizionale come l’aula di un liceo aveva scardinato le mie priorità di maschio eterosessuale e di adolescente ancora prima di quelle di studente mediocre qual ero. La mano di una popstar dalla smorfia poco accomodante si insinuava a stringere chissà che cosa, là sotto, proprio all’altezza delle indicazioni sulla versione di “Urbis et Orbis” da ultimare per il giorno successivo. Anche alle ragazze piacciono le foto audaci, avevo pensato, e chissà se qualche porzione scoperta del mio corpo avrebbe avuto sulle femmine effetti paragonabili a quella macchina da sesso che sembrava essere Billy Idol. Senza contare che il cantante di “Flesh for Fantasy” esulava dai miei gusti sin dalla sua esperienza musicale precedente, da tutti considerata punk ma – oggettivamente – caratterizzata da molti più punti in comune con quel glam-pop a tinte hard rock che andava di moda a cavallo dei due decenni.
E vi giuro che non credo di aver mai più pensato a Billy Idol nella mia vita da allora fino a ieri, quando un amico ha postato su Facebook la copertina di una sua raccolta a 33 giri. Ho fatto qualche ricerca in rete e ho così scoperto che, come la totalità di star degli anni Ottanta, Billy Idol sta vivendo una seconda stagione di gloria interpretando se stesso e il suo urlo ribelle a sessant’anni suonati, suonando i cavalli di battaglia della sua stagione più fortunata, accompagnandosi peraltro con quel chitarrista suo compagno artistico di una vita, il vecchio (anche in senso anagrafico) Steve Stevens, che, incredibile a vedersi, risulta persino quasi più tamarro di lui.