Con la scusa che i Pineapple Thief sono un gruppo Prog va a finire che ci si dimentica di che razza di songwriter sia Bruce Soord. Nel senso che, al di là di virtuosismi, parti strumentali e orpelli vari, al centro delle canzoni della band britannica c’è sempre un nucleo melodico ben definito, da cui deriva un potenziale commerciale che, per quanto non si sia mai concretizzato del tutto, è comunque lì pronto per esplodere.
In chiave solista, senza la band e concentrato unicamente sull’essenziale, Bruce Soord si trasforma in un cantautore vero, accenti moderni e pochi debiti con la tradizione americana, ma comunque un autore di canzoni, più che mai a fuoco nel comunicare il proprio mondo interiore abbracciando nel contempo i gusti del pubblico.
Luminescence è la sua terza prova personale e potremmo senza troppi scrupoli scomodare il cliché del “disco della maturità”. Dopo trent’anni di carriera, una moglie e due figli piccoli, dopo aver attraversato una pandemia cogliendo ogni più piccolo spiraglio per suonare dal vivo (non so se ve lo ricordate, ma i Pineapple Thief furono tra i pochissimi gruppi stranieri ad esibirsi in Italia subito dopo il secondo lockdown), pare quasi voler tirare le fila e gettare le basi per una nuova fase del proprio cammino.
Registrato durante l’ultimo tour con la band, tra il gennaio del 2021 ed il giugno del 2023, con un ampio uso del field recorder per catturare suoni, rumori e sensazioni del mondo circostante (per esempio le sirene di “Nestle In”, registrate a Chicago, che donano un tocco peculiare al brano), è stato poi rivisto e perfezionato in studio grazie al prezioso aiuto di Andrew Skeet (The Divine Comedy), amico e collaboratore di lunga data, famoso per aver lavorato alle orchestrazioni delle colonne sonore di famose produzioni Tv (tra le altre, Black Mirror e Green Planet di David Attenborough).
Il suo contributo è stato in effetti fondamentale nel meglio definire i contorni dei vari episodi, che nella loro versione definitiva vivono di un perfetto equilibrio tra chitarra acustica ed elementi orchestrali, di una riuscita dicotomia tra melodie e paesaggi sonori.
Nessun grosso cambiamento rispetto ai due lavori precedenti, Bruce Soord (2015) e All This Will Be Yours (2019): le coordinate stilistiche sono le stesse, al massimo si può dire che l’aver incentrato il concept sulla ricerca della pace interiore, sulla fuga dal caos della città per inseguire una dimensione di maggiore serenità, abbia dato a queste dodici canzoni un mood forse più contemplativo che in passato, con atmosfere più rarefatte e sospese.
Chitarra acustica quasi sempre in primo piano, come nell’apertura di “Dear Life”, che è stato anche primo singolo e video, sezione ritmica presente ma sempre leggera e sempre sullo sfondo, lavoro di orchestrazione che tende per lo più a togliere che ad aggiungere, ma che quando cresce d’intensità regala attimi di bellezza sublime (“Olomuc”, “Neverending Light”).
Anche da solista, seppur maggiormente concentrato sulla forma canzone, non mancano quelle generali sonorità Neo Prog in stile Porcupine Tree, che i Pineapple Thief hanno abbracciato soprattutto nella seconda parte della loro carriera (“Lie Flat” è emblematica in questo senso).
Equilibrio ed alternanza tra atmosfere cupe e sfoghi di struggente eleganza, le geometrie poetiche degli Anathema (con i quali del resto ha collaborato) a far capolino qua e là nell’indicare punti di riferimento (“Day of All Days” e “Nestle In” soprattutto, quest’ultima anche per l’uso dell’elettronica).
Finale perfetto con “Find Peace”, scritta in riva all’Hudson, intensità delle orchestrazioni e melodia liberante, a sottolineare emblematicamente un intento di ricerca evidentemente raggiunto.
Il disco esce accompagnato da “Our Ship Sails at Dusk”, a metà tra raccolta di outtake ed album extra, testimonianza di un periodo creativo decisamente privilegiato.
E l’altra notizia è che ci sarà un vero e proprio tour da solista, che oltretutto farà tappa nel nostro paese. Da non perdere è dir poco.