Mónica Andrade è sparita da qualche giorno, e il caso non meriterebbe particolari attenzioni se non si trattasse della figlia di un celebre cardiochirurgo con cui mezza città (incluso il commissario Soto, diretto superiore dell’ispettore Leo Caldas) pare sentirsi in debito. Così Caldas, dapprima con un certo distacco poi sempre più coinvolto, si addentra nella vita della giovane scomparsa, tra la Scuola di arti e mestieri dove lei insegna e il villaggio di Tirán in cui si è ritirata a vivere, al di là della ría sulla cui sponda meridionale sorge Vigo: un mondo antico e isolato, collegato alla grande città da un traghetto che lei prendeva quotidianamente...
Che fine ha fatto Monica Andrade? E’ stata rapita? E’ stata uccisa? Si è persa nei boschi vicino a casa o semplicemente si è dileguata nel nulla, di sua spontanea volontà, per ricominciare da capo, una nuova vita, lontano da qui? Sono questi i quesiti che il padre della ragazza scomparsa, un noto cardiochirurgo di Vigo, pone all’ispettore Leo Caldas, il poliziotto incaricato delle indagini. Il quale, non sa che pesci pigliare, perché la ragazza è maggiorenne e, apparentemente, non ci sono indizi che portano a configurare un reato.
Inizia così L’Ultimo Traghetto, terzo volume dedicato alle indagini di Leo Caldas, personaggio inventato dalla penna dello scrittore spagnolo, Domingo Villar. Un’indagine che non è un’indagine e che potrebbe concludersi velocemente, se, come tutti sospettano, Monica ha deciso di allontanarsi da casa, per sfuggire a un padre dispotico e opprimente. Qualcosa, però, non torna e Caldas inizia a fare domande e cercare risposte presso la Scuola di arti e mestieri, dove Monica insegnava la lavorazione della ceramica. Già, perché una teste, la bidella della scuola, afferma che la ragazza, la sera prima della scomparsa sembrava terrorizzata, proprio come se avesse visto un fantasma…
L’Ultimo Traghetto è un giallo classicissimo, che evita i ritmi adrenalinici dei thriller moderni, si prende il sui tempi, e si concentra sulle indagini, sui particolari, sui piccoli passi avanti fatti verso la scoperta della verità. Un romanzo in cui sembra non succedere mai niente, fatto di azioni di piccolo cabotaggio e di tante parole, e che, invece, passo dopo passo, diventa sempre più appassionante e incalzante, tanto da rendere impossibile interrompere la lettura anche solo per andare in bagno.
Villar è bravissimo non solo a costruire una trama complessa, senza perdere il bandolo della matassa, a sviare il lettore, disseminando indizi e acuendo sospetti, che in realtà potrebbero essere fallaci, ma, soprattutto, mantiene un livello di scrittura qualitativamente alto, ispirandosi ai grandi autori di genere, per i quali la forma non può essere disgiunta dalla sostanza.
I nodi verranno al pettine solo nelle ultime pagine del romanzo, ma se siete acuti osservatori e leggete con attenzione, potreste riuscire a mettere insieme le tessere del puzzle ben prima del convincente finale.
Sullo sfondo, la città di Vigo, gemma della Galizia che ha dato i natali all’autore e che, ne L’Ultimo Traghetto viene rappresentata in tutta la sua bellezza: la bellezza di quel mare, ricco di storie e di risorse, che, placido, osserva di lontano il dipanarsi della vicenda e gli affanni dei suoi protagonisti.