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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
23/10/2018
Lucinda Slim
Lucinda Slim and The Law Men
...posso intanto provare a ringraziare i tipi della Haggis Records che mi hanno fatto attendere soltanto tre anni (il vinile fu presto esaurito, ahimè) per la ristampa in digitale del primo album solista di Lucinda Slim...

La signora di colore aspetta sulla panchina alla fermata del bus, con le sue valigie e i suoi sacchettoni, che arrivi qualcuno. Sta lì notte e giorno, 365 giorni all’anno, tram dopo tram, passeggero dopo passeggero ad aspettare chi non arriverà mai. Interrogata dai passanti, disse che era lì perché aspettava il marito ed i figli.

Anche io aspetto, seduto su di un metaforico sgabello, che tornino gli anni del Northern Soul, delle giacchette a tre bottoni e delle scarpe in stile Oxford.

Sebbene la mia attesa sarà sicuramente vana posso intanto provare a ringraziare i tipi della Haggis Records che mi hanno fatto attendere soltanto tre anni (il vinile fu presto esaurito, ahimè) per la ristampa in digitale del primo album solista di Lucinda Slim (nome fittizio, questo, che nasconde un side project della Zap Mama, Nia Saw).

E dentro i solchi del disco paiono prendere vita i miei desideri: in venticinque minuti di concentrato di stile e di soul anni 60 potrei anche alzarmi dallo sgabello e tornarmene a casa.

La nostra Lucinda si disimpegna tra brani scritti insieme al DJ Keb Darge e due cover tra cui uno degli inni del Northern Soul, “You Don’t Mean It” di Towanda Barnes e un minor classic di Irma Thomas, “Two Winters Long”. A darle manforte i favolosi The Haggis Horns, un muro del suono fatto di fiati stordenti e massicci in passato al servizio di gente come Amy Winehouse e Jamiroquai e qui mi fermo.

La voce della Slim poi è lontana anni luce dallo stereotipo della cantante soul che abbiamo qui in Italia; niente berci e strepiti per dimostrare di avere passione e cuore, ma un canto naturale e vellutato, elegante e deciso che mai vuole strafare e che va formare un bel contrasto con l’irruenza dei fiati.

Ha girato il mondo con le Zap Mama e collaborato con la crema della musica black, e nel suo girovagare Lucinda o Nia che dir si voglia, è diventata un’accanita collezionista di dischi di Northern Soul e grazie alla sua amicizia con Keb Darge (ecco, se esiste una eccellenza nel campo del Northern Soul questo è lui) e aver collaborato con lui in due compilation, il passo per reclutare una band, The Law Men, che ascoltiamo nel disco (sono quelli che non usano i fiati eh) e decidere di imprimere su vinile quel che aveva appreso da quei dischi collezionati, è stato veloce come la fuga di una lepre nel bosco.

Che poi diciamocelo chiaramente; chi ha la fortuna di bazzicare i sentieri del Northern Soul state pur certi che ne resterà segnato per sempre, come un atto d’amore verso un mondo che si è perso nell’oblio del tempo, e l’amore non ha bisogno delle novità ad ogni costo, lo trovi anche in quei vecchi dischi di artisti sconosciuti e state pur certi che ne sarete ricambiati.

Io intanto cammino per le vie della città con in cuffia il disco di Lucinda Slim, le scarpe e gli abiti giusti e vorrei mettermi a ballare d’impulso, ma per evitare che qualche grigio babbione chiami la pula per disturbo alla quiete pubblica, proverò a camminare come faceva John Travolta nei titoli di testa di Saturday Night Fever.

Keep The Faith, sempre!