Sotto una credibile scorza hardrockettona, sgusciano sentimentalismi latini da soap (You Better Find Someone to Love), qualche sottile accento di tastiera da piano-bar (If This World Were Mine), una smaccata rivisitazione dei conterranei Vanilla Fudge (My Baby) e addirittura l’improbabile cover di un classico west-coast come Get Together.
Ma nel complesso la macchina hard del gruppo funziona con discreto sciovinismo e buona ruvidezza. Messa da parte la quasi epica ballatissima da night club di Where Do We Go From Here, con antieroici assoloni e languida vocalità, Joe Mattioli, cantante col nome da peso welter suonato, trascina tutti quanti dalle parti di una versione beat dei primissimi Grand Funk appallottolati a grezzi imitatori degli Zombies emersi da un’autorimessa arrugginita, che vagano raminghi tra i marciapiedi di una metropolitana di provincia. Basso prominente, wha-wha assortiti, scarsissime pretese cerebrali e nessuna posa artatamente satanica, come il nome potrebbe far supporre.
Si finisce addirittura in crescendo, con il prolisso ma robusto funky-pop di Dreaming Isn't Good for You, in scia a Bob Seger, ma soprattutto con la sintetica e a modo suo “modernissima” Crabby Day, che sembra farina del sacco di Jack White. Don't Tell Me How to Love torna sulle distorsioni negroidi del primo pezzo, Sixteen: peccato che non tutto l’album sia al livello di questi due brani.
Scarsissimi gli scambi via web di questo album, in verità non eccezionale: gli unici documentati superano i 300 $ per il vinile originale (label Gallo), ma di fatto non c’è mercato… Esiste anche una ristampa in Lp della Void (Void 25).
L’Akarma ha pubblicatoo l’album in CD (AK 044) in formato digipack. Disponibile anche in formato digitale su I-Tunes e Amazon. Non spendeteci troppo, mi raccomando.
Joe Bertola - Drums
Vincent "Butch" Biocca - Bass
Joe Gallo - Piano
Joe Mattioli - Lead Vocals
Pete Skelton - Lead Guitar