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REVIEWSLE RECENSIONI
10/01/2018
Lowinsky
Lowinsky (EP)
È un bell’esordio, in definitiva. Non si può giudicare un gruppo sulla base di quattro brani ma se le premesse sono queste il futuro non potrà che essere roseo. Hanno già detto di avere altra roba in cantiere. Non ci resta che aspettare.

Nel 2015 i lombardi Finistère, doppia anima divisa tra Bergamo e Lecco, pubblicano “Alle porte della città”: non fanno il botto, non se ne accorgono in molti ma suonano abbastanza in giro, collezionano qualche apertura illustre e soprattutto impressionano favorevolmente per una verve e un entusiasmo da ragazzini (anche se ragazzini non erano proprio), oltre che per una freschezza compositiva notevole, se pensiamo che si comportavano da veri figli degli anni ’90. Tutto merito del sodalizio tra Carlo Pinchetti e Matteo Griziotti, entrambi chitarristi e cantanti, entrambi a firmare brani scintillanti di melodie e ritornelli zuccherosi ma pieni anche di quell’energia tipica degli anni d’oro del Brit Pop.

Purtroppo, all’improvviso, è finito tutto e proprio nel momento in cui sembrava che un secondo disco fosse alle porte e che si potesse provare a verificare la solidità del gruppo. Matteo è tornato ad occuparsi del suo The Lonely Rat, il progetto acustico che aveva prima di unirsi a Carlo e gli altri si sono anche loro defilati, chi per un motivo, chi per un altro.

Per fortuna l’altra mente creativa non si è persa d'animo: ha reclutato tre amici di vecchia data e compagni di avventure precedenti, tutta gente che in un modo o nell’altro aveva incrociato la strada dei Finistère in precedenza.

E fu così che Carlo Pinchetti (voce e chitarra), Dario Frettoli (chitarra), Pietro Trizzullo (basso) e Andrea Melesi (batteria) hanno formato una nuova band con l’idea di riprendere da dove quella precedente si era fermata.

Il monicker scelto, Lowinsky, vuole essere sia un ironico omaggio alla vicenda politico-scandalistica più importante degli anni ’90 ma è anche senza dubbio un nome che suona bene ed è facile da ricordare (oltre che gliel'ha in qualche modo suggerito Drew Mc Connell dei Babyshambles).

Esordiscono con un ep di quattro pezzi, in gran parte rielaborazioni di idee che sarebbero probabilmente finite sul secondo disco dei Finistère, se le cose fossero andate diversamente.

I musicisti sono cambiati e Carlo adesso è da solo sia nel processo di scrittura sia nelle parti vocali (ci sono i cori di Pietro Trizzullo ma è cosa ben diversa dalle doppie voci a cui eravamo abituati) ma il marchio di fabbrica è sempre quello: un rock energico ed anthemico, con la sezione ritmica bene in evidenza a spingere e le chitarre che disegnano riff e temi portanti dove è la carica melodica a farla da padrone. Il pregio più grande dei Finistère era proprio questa capacità di scrivere canzoni che girassero benissimo sin dal primo ascolto, veri e propri inni Pop che avessero insieme la ruvidità tipica di chi è convinto che la musica non possa rimanere solo in superficie.

Ingredienti che, per fortuna, ritroviamo daccapo in questi quattro brani con soprattutto “Lei” e “Coltelli” in prima fila nel creare un feeling teso e drammatico, pur col piede costantemente pigiato sull’acceleratore.

C'è anche la voglia di osare qualcosa di diverso in “L’ennemi”, versione musicata della celebre poesia di Baudelaire, un flusso di coscienza anche musicale (non ci sono ritornelli e strofe a fare da punto di riferimento) dove Carlo si riappropria del suo passato francese (ha vissuto a Nizza nei primi anni dell’infanzia) e del suo amore per la letteratura di quel paese, regalandoci un brano che mostra come questo gruppo abbia anche altre frecce al proprio arco, nel caso volesse in futuro muoversi su terreni differenti.

Unico difetto, se proprio vogliamo, è che la voce, al di là del livello un po' troppo basso nel mix generale, non funziona sempre benissimo: ora che è da solo a sobbarcarsi le parti vocali, probabilmente ci sarà bisogno di un po' di lavoro in più perché a volte si ha l’impressione che la tonalità scelta non sia quella giusta per far risaltare al meglio il brano.

È un bell’esordio, in definitiva. Non si può giudicare un gruppo sulla base di quattro brani ma se le premesse sono queste il futuro non potrà che essere roseo. Hanno già detto di avere altra roba in cantiere. Non ci resta che aspettare.