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REVIEWSLE RECENSIONI
02/08/2017
Meg Mac
Low Blows
Insomma, se quell’anima soul, di cui Meg Mac è sicuramente dotata, prendesse il sopravvento, potremmo davvero parlare di un’artista interessante e dalle ottime prospettive.

Un nome che a noi non dice nulla, ma che in Australia comincia a girare con insistenza, è quello di Meg Mac, al secolo Megan McInerney, il cui Ep di debutto, uscito nel 2014, le è valso, l’anno successivo, un Aria Music Awards come Best Female Artist e un tour come spalla di D’Angelo. Un successo che le ha aperto fin da subito le porte dei circuiti che contano, anche se il disco di debutto sulla lunga distanza, atteso nel 2015, è stato tenuto in cantiere fino a oggi.

Registrato presso i Niles City Sound di Forth Worth in Texas, Low Blows è un esordio che convince a metà. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a un’artista dotata di una gran voce, anche se non particolarmente duttile, e di un buon songwriting, ma evidentemente troppo preoccupata di lasciare un segno nelle classifiche nazionali (e internazionali).

Le idee ci sono, e un brano come Kindness, in assoluto il migliore del lotto, indica la strada che Meg dovrebbe intraprendere: arrangiamenti voluttuosi, arditi cambi di tempo e sonorità soul plasmate con coraggiosa modernità (il primo pensiero va ai N.E.R.D. di Pharrel Williams). Il resto del disco, invece, denota una certa insicurezza, e il pensiero ricorrente è quello di una musicista che potrebbe ma non vuole, che avrebbe i numeri per azzardare, ma preferisce puntare al successo sparagnino più che al bel gioco. Brani come Grace Gold e la title track, ad esempio, puntano decisamente al passaggio radiofonico e suonano di una banalità sconcertate nel loro replicare senza cuore alcune formule consunte ma evidentemente ben redditizie in termini di vendita. Meglio, allora, quando Meg cerca la strada del pop, ma prende quanto meno delle traiettorie poco prevedibili, come fa in Cages, puntando su una ritmica inconsueta e richiamando alla mente certi drive pianistici alla Regina Spektor, o come nella conclusiva Morning, in cui costruisce una breve, ma centrata, canzone utilizzando solo voce, piano e handclapping.

Insomma, se quell’anima soul, di cui Meg Mac è sicuramente dotata, prendesse il sopravvento, potremmo davvero parlare di un’artista interessante e dalle ottime prospettive. Se, invece, l’intento è quello di muoversi in parallelo ad Adele, musicista alla quale la singer australiana è stata spesso paragonata, il rischio è di finir presto nel dimenticatoio. Trovi un suo stile, dunque: seppur acerba, i numeri ci sono.