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THE BOOKSTORECARTA CANTA
L’orsacchiotto
Georges Simenon
2023  (Adelphi)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
10/02/2025
Georges Simenon
L’orsacchiotto
L’orsacchiotto è un romanzo tagliente come un bisturi, asciutto e perfettamente cesellato, con un ritmo impeccabile e mai una parola di troppo. Una storia intrigante, con un epilogo tutt’altro che scontato, dalla penna del maestro Simenon.

“Aveva un bel cercare nei suoi ricordi di uomo quasi cinquantenne, non trovava un’altra immagine così incantevole né così commovente. La giovane appariva immersa in un sonno profondo e il suo labbro inferiore si gonfiava in un’espressione di piacere”.

 

Tutte le volte che ci si immerge nella lettura di uno dei “Romans Durs” di Simenon, ci si ritrova catapultati all’interno di un labirinto emotivo da cui si fa fatica a uscire. Ci si sente completamente risucchiati, impazienti di scoprire quale sarà l’epilogo, quasi increduli dinnanzi a un uso così sapiente e raffinato della scrittura e alla maestria con cui riesce a dar vita a storie che sembra molto riduttivo incasellare nel genere noir, perché sono veri e propri viaggi all’interno della psiche dei suoi protagonisti.

Storie partorite dalla mente di un uomo che dà l’impressione di conoscere fin troppo bene i propri simili, soprattutto le loro debolezze, i loro vizi, le inquietudini e le paure.

Simenon prima fa indossare una maschera ai suoi personaggi, la maschera delle apparenze, dell’immagine pubblica, ponendo l’accento sul modo in cui si mostrano e appaiono agli altri e poi, pian piano, gliela sfila, scoprendo il loro vero volto, facendo affiorare ciò che sono realmente, così da lasciarli nudi anche dinnanzi a se stessi e alle loro miserie che, come in questo caso, nulla hanno a che fare con lo status sociale. È un qualcosa di più profondo. Citando Petrarca, è una sorta di “funesta malattia dell’animo”, l’accidia.

 

Il professor Chabot è un ginecologo di mezza età, stimato e quotato. A dispetto delle origini umili, perché la sua famiglia era molto povera, è riuscito a costruirsi una posizione economica più che invidiabile, garantendo a se stesso, a sua moglie e ai loro tre figli, una vita fatta di lusso e agi. Poi c’è Viviane, la sua segretaria tuttofare, che è anche la sua amante. Un’amante di cui tutti sanno, compresa sua moglie, che sembra accettare di buongrado la loro relazione.

A Chabot, apparentemente, non manca nulla, eppure è pieno di conflitti, annoiato, arrabbiato e insofferente verso tutto e tutti. Dentro di lui si è rotto qualcosa. Quell’uomo che in molti descriverebbero come affidabile, equilibrato e paziente, in realtà sta vivendo una crisi molto profonda. La sua insoddisfazione è così radicata da portarlo, cinicamente, a prendersi tutto ciò che vuole, anche il sesso. È così che, durante un turno di notte in clinica, per assecondare un suo appetito improvviso, possiede una giovane infermiera, “nella leggera umidità del letto, dove lei sembrava così innocente, lo aveva fatto pensare a uno di quegli orsacchiotti di peluche che i bambini tengono abbracciati dormendo.”

Si è trattato di uno stupro? Probabilmente sì, ma nella mente di Chabot quanto accaduto ha un una connotazione diversa. Per lui si è trattato di un miracolo, di un dono. “Era sicuro di una cosa sola: di non essere mai stato altrettanto puro in vita sua.” Quella donna, però, non l’aveva mai vista prima, di lei non sapeva nulla, nemmeno il nome. Lo scoprirà solo in seguito, leggendo la notizia del ritrovamento del suo cadavere nella Senna.

 

Il suo disagio interiore, forse a causa del senso di colpa, sembra esplodere. Inizia a ricevere delle minacce da un uomo sconosciuto, che lo inducono a portare sempre con sé una pistola, come fosse un’amica fedele, pronta a intervenire qualora ce ne fosse bisogno. La tiene nella tasca e l’accarezza, perché quel contatto lo conforta e gli procura piacere. L’ultimo piacere che gli resta. Nella sua testa immagina come “testimoni” tutte le persone che ruotano attorno alla sua vita e si chiede cosa racconterebbero di lui se venissero interrogate. “Questo pensare alle persone in funzione delle loro testimonianze era diventata una mania. Per quale ragione avrebbero dovuto testimoniare?”

Chabot, però, non ha paura di morire. Quella pistola, nella sua tasca, pian piano, sembra cambiare ruolo e anche vittima, perché in più momenti lo assale l’idea di essere lui stesso a porre fine alla propria esistenza. Vede nella morte la sua liberazione da una vita che si è trasformata in una gabbia, e poco importa se si tratta di una gabbia d’oro.

 

L’orsacchiotto è un romanzo tagliente come un bisturi, asciutto e perfettamente cesellato, perché non c’è mai una parola di troppo. Il ritmo della scrittura è impeccabile, così come il susseguirsi degli eventi e il modo in cui vengono narrati. Simenon ha un’abilità straordinaria nel disseminare qui e lì piccoli ed efficaci dettagli che danno al lettore la sensazione di conoscere in maniera approfondita situazioni che, in realtà, gli sono state appena accennate.

Una storia intrigante, con un epilogo tutt’altro che scontato, in cui, pagina dopo pagina, un uomo compie il proprio destino, mettendo in scena una tragedia dal finale inaspettato, anche per se stesso.