Simon Stålenhag è un artista svedese, un illustratore di grande talento che crea immagini che potrebbero essere accostate al filone del retrofuturismo, anche se nel caso delle opere di Stålenhag non saprei se è proprio questo il termine corretto da usare. Infatti più che al futuro che immaginavano gli scrittori di fantascienza degli anni 50/60 del secolo scorso, il disegnatore svedese guarda al presente delle lande poco abitate del suo paese, popolandole di una tecnologia che ha un sentore di vecchio, di usurato dal tempo, anche di sorpassato per taluni aspetti. Proprio queste illustrazioni, raccolte nel libro Tales from the loop, sono state utilizzate come spunto narrativo da Nathaniel Halpern per creare la serie omonima da poco disponibile su Prime Video. Tales from the Loop (o solo Loop) è una sorta di antologico in cui ogni singola puntata narra una storia diversa, i protagonisti variano anch'essi ma spesso tornano in altri episodi come coprotagonisti o semplici comparse, andando a creare un piccolo mondo che ruota intorno a una cittadina rurale dell'Ohio negli anni 60.
Al centro della narrazione c'è il Loop, una sorta di centro di ricerche avanzate che custodisce un "oggetto" misterioso capace di sovvertire le leggi della fisica. Grazie agli studi portati avanti nel Loop tutta l'area circostante è soggetta a strani fenomeni fisici e non è raro imbattersi in costrutti tecnologici capaci di dar vita alle bizzarrie più inaudite. Il mondo di Tales from the Loop va preso così com'è, sono parecchi i dettagli fantastici presenti in questa realtà, non tutti troveranno spiegazione nel corso delle otto puntate della serie, taluni non solleveranno nemmeno domande, sono lì e basta, questa è la realtà e nella percezione della comunità locale questa non appare nemmeno troppo strana, perché in fondo, al centro di questa narrazione, non c'è la fantascienza, non ci sono derive distopiche, ci sono semplicemente degli strani eventi che mettono i protagonisti di fronte al loro essere uomini, donne, bambini, madri, padri, figli, nonni, amanti, mogli, mariti. Tales from the loop racconta dell'essere umano nel rapporto con sé stesso e con gli altri e per farlo si prende tutto lo spazio necessario, asseconda i ritmi di un'introspezione matura, spesso dolorosa, a volte sentita, altre più fredda, ma mai affrettata. Non siamo di fronte a una serie dove regnano l'azione e i colpi di scena, tutte le diavolerie fantastiche qui presenti servono a scatenare situazioni utili a esplorare i sentimenti, i rapporti, i dolori e spesso gli errori con cui i protagonisti devono convivere.
Il piglio è più vicino a quello del prodotto d'autore che non a quello del consumo "usa e getta", ci sono contenuti interessanti in tutte le otto puntate, ognuna delle quali affidata a un regista diverso, molti dei quali noti al grande pubblico, in ordine abbiamo Mark Romanek (One hour photo, Non lasciarmi), So Yong Kim, Dearbhla Wash, Andrew Stanton (Wall-E, Alla ricerca di Nemo, Stranger Things), Tim Mielants, Charlie McDowell (La scoperta), Ti West (The house of the Devil, V/H/S/) e Jodie Foster. Ognuno dei registi declina il rapporto tra fantastico e natura umana secondo il suo sentire, la narrazione risulta comunque ben amalgamata e coerente, in alcuni episodi, come in quello diretto da Ti West ad esempio, emerge in misura maggiore l'inclinazione personale dell'autore, il suo gusto, il suo tocco... passiamo così da episodi dove il contesto è molto virato al fantastico (Il Loop, Parallelo), ad altri in cui è il lato più personale a soverchiare il resto (La sfera dell'eco, Controllo) fermo restando la caratteristica comune a tutta l'opera, l'esplorazione dell'intimo dei protagonisti.
Nonostante alcune critiche di lentezza e mancata innovazione mosse alla serie, Tales from the loop a mio parere è un prodotto di alta qualità, certo pecca volutamente sul versante del ritmo, ma la scelta fatta è quella giusta per andare a sottolineare gli aspetti che premono allo sceneggiatore (gli episodi sono scritti dallo stesso Halpern), decisamente distanti dai temi della fantascienza d'azione o di quella distopica, qui si impara a essere genitori più presenti, migliori, letteralmente ritrovando sé stessi, si affronta il dolore della perdita, si narrano le pene d'amore e l'inadeguatezza, l'insicurezza degli uomini e altro ancora, questo è quello che realmente bisogna cercare in questa serie. Dal punto di vista tecnico i registi fanno tutti un bel lavoro, gli ambienti surreali ma allo stesso tempo tranquillizzanti ideati da Stålenhag donano alla serie un fascino nostalgico di valore, anche la struttura degli episodi riporta più ai vecchi episodi di serie come Ai confini della realtà che non a prodotti più moderni ai quali Tales from the loop è stato erroneamente accostato. È un mondo questo al quale tornerei volentieri, il primo viaggio nel Loop è stato piacevole e in fondo Simon Stålenhag ha realizzato almeno un altro paio di libri illustrati, Things from the Flood (all'apparenza un poco più oscuro) e The elctric State. Non resta che aspettare per rimettersi in viaggio.