La mafia al nord non esiste. Non esiste corruzione. Non sono esistiti i sequestri di persona. Né tanto meno giri di spaccio che hanno contaminato i navigli di Milano.
No. Non esiste. Così dicevano i politici. Però esiste Santo Russo che di mafia ci racconta. Di calabresi saliti al nord, dove hanno trovato terreno fertile per vivere senza lavorare. Senza cambiali, senza debiti. La palestra migliore? Il carcere. E Santo ci va quando ha solo 17 anni, e senza aver fatto niente. Uno sgarro al padre, quello sì: non si è presentato al cenone di Capodanno.
Lì, al San Vittore, Santo conosce Slim, capisce come muoversi, come farsi rispettare, e una volta fuori, avrà la faccia tosta di farsi avanti con i grandi nomi del crimine, di farsi un proprio giro di rapine sanguinolente, sequestri ben riusciti, appalti e subappalti nella cementificazione della periferia milanese fino ad arrivare a un giro di cocaina e eroina da invidia. Già, la mafia al nord non è mai esistita, dicevano. Ma sono esistiti tipi come Santo, che si fanno da soli, che non si accontentano, ostentano, che si sposano per onore, che tradiscono senza remore, fingendosi sempre quello che non si è. È un irrisolto Santo, un calabrese che si finge milanese, un violento che si finge acculturato, tanto da ospitare performance artistiche nel suo attico vista Duomo. È un'irrisolta quella moglie che accetta i tradimenti ad occhi chiusi, che ascolta i precetti della Chiesa, prima, degli alti capi poi. Ma non è irrisolto il film di Renato De Maria, che impara dai polizieschi degli anni '70 e dai gangster movie d'oltreoceano (qualcuno ha detto Scorsese?) mettendoci ritmo, una voce narrante che tutto spiega e che con tutto gioca, un montaggio altrettanto veloce, che corre nei decenni che passano. Giocando bene anche la carta delle musiche, alternando composizioni di Riccardo Sinigallia a quelle tipiche degli anni '80 Segue bene le impronte più importanti De Maria, con Scamarcio ad essere un credibile Jordan Belfort, anche quando gigioneggia come al suo solito, mettendo così in ombra Sara Serraiocco - relegata nel ruolo di una moglie che si sveste a favore di camera- o della buca-schermo Marie-Ange Casta (buon sangue non mente). Alla fine, Lo Spietato è one-man-show, un viaggio dove gli omicidi sono miracoli, i sequestri un affare, e chi si oppone salta in aria. In cui si fa di tutto pur di sopravvivere. Nella Milano degli anni di piombo e nella Milano da bere. Tutta d'un fiato, ça va sans dire.