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REVIEWSLE RECENSIONI
08/09/2022
RXPTRS
Living Without Death's Permission
Il brillante esordio dei britannici RXPTRS coniuga metal, punk e hardcore a melodie accattivanti e a una costruzione non lineare dei brani.

La musica, ai giorni d’oggi, sta diventando sempre più stereotipata e prevedibile, si pensa quasi esclusivamente a portare a casa il risultato, a vendere, e molte band restano impantanate in una comfort zone redditizia ma artisticamente deludente. Tuttavia, anche se gran parte dei rischi e della sperimentazione sono scomparsi dall’industria discografica, sempre più appiattita su prodotti di facile fruizione, talvolta, ancora oggi, ci sono band che riescono a spostare la barra e a navigare verso acque molto meno confortevoli. A mischiare le carte in tavola, a rischiare, a tentare un approccio meno stantio.

Il gruppo britannico RXPTRS (acronimo di Raptors) è una di queste band, una macchina da guerra che mescola rock, metal, punk e hardcore in modo inusitato, e che gira a mille grazie a un’ispirazione che non ha bisogno del libro delle regole, lasciato a prendere polvere chissà dove. Non è un caso, quindi, che Living Without Death's Permission sia un disco ispiratissimo, dinamico e potente, che alterna muscoli e rabbia a ganci melodici a presa immediata, che sa picchiare a sangue, salvo poi sfornare una serie di ballate riuscitissime, che cita band note, ma che prosegue per la propria strada, con spavalderia e freschezza, senza perdere la propria distintiva personalità.

L’opener "Burning Pages" catapulta l’ascoltatore nel caos, con un intreccio di chitarre vorticose che rompono il silenzio, prima che il cantante Simon Roach (il cui timbro ricorda da vicino quello di Myles Kennedy) dia vita alla prima di tante prove vocali di livello, alternando screaming e voce pulita. Siamo dalle parti dei System Of a Down, il tiro è frenetico e aggressivo, i continui cambi tempo spiazzano, mentre le chitarre di Ian Chadderton e Harley Watson sono minacciose, ma perfettamente inserite nella struttura del brano, indicano la strada, ma non sono mai invasive.

"Rock Bottom (Is A Stepping Stone)" parte rapidissima con un riff scartavetrato di punk, ma il ritornello possiede un enorme hook radiofonico. Due opposti assoluti che, invece, convivono in perfetto equilibrio.

Questa idea scartare l’ovvio, di non dare riferimenti certi, attraversa tutto il disco, da "Dead Awake (Pretty As The Drugs We Take)", al contempo oscura e melodica e "Demons In My Headphones", che è sconquassata nel mezzo da una sfuriata thrash metal, a "The Death Rattle", che inizia con sonorità funky jazz, per derapare verso un adrenalinico rockabilly rivestito di metallo incandescente.

Poi, all’improvviso, il disco cambia mood, e negli ultimi tre brani la corsa rallenta.

"Cold Ground" lancia un'altra palla ad effetto con la sua introduzione a tema anni '80, per prendere poi le sembianze di una virile ballata, che sa di tregua dalla caotica follia delle tracce precedenti, "The Frail" parte rabbiosa, ma nel mezzo ha un cuore morbido e atmosferico, mentre "Let Me Die How I Want" è un lentone spezza cuore avvolto di cupa malinconia.

Dopo grandinate di proiettili, il disco, dunque, si chiude su un letto di rose, sigillando una scaletta in cui gli RXPTRS dimostrano non solo di essere una forza della natura, ma di avere le idee chiare su tutto: come e quando picchiare duro, come ammansire con accattivanti melodie e come commuovere con dolci ballate.

Fidatevi e dategli un ascolto: se il vostro cuore batte hard, non ve ne pentirete.