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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
06/12/2021
Viagra Boys + Automatic
Live Report Viagra Boys + Automatic, 01/12/2021, Magazzini Generali
Un concerto al limite della perfezione, violento e divertente, che certifica i Viagra Boys come uno degli act più validi degli ultimi anni. Il live report dell'incedibile data ai Magazzini Generali.

I Magazzini Generali non sono certo il locale ideale per un concerto, con la loro forma lunga e stretta, il palco piuttosto basso e l'acustica non impeccabile. La pandemia (ma non solo quella) ci ha però privato di alcuni dei club più importanti per la musica live, locali come l'Ohibò e il Serraglio, che negli anni si erano ritagliati un ruolo di tutto rispetto nell'ospitare act dalla caratura internazionale. Certo, non è che questi posti fossero perfetti (tutt’altro), ma la loro scomparsa ha senza dubbio diminuito le possibilità di scelta dei promoter. 

L'altra sera, tuttavia, avremmo potuto anche essere a Londra o a New York. Per un paio d'ore qualunque disagio logistico è scomparso di fronte all’incredibile interazione tra band e pubblico, con palco e sotto palco uniti in un'unica dimensione. Non vedevo un pogo simile da parecchio tempo, ci sono stati momenti di moshpit e stage diving a livelli siderali, tutte cose che mancavano e che, già in epoca pre covid, sembravano spesso retaggi del passato, col pubblico moderno più interessato a filmare coi telefonini piuttosto che a vivere il concerto nella sua dimensione fisica. 

Adesso, almeno per una sera, ci siamo dimenticati di tutto e abbiamo osservato sereni e divertiti la bolgia furibonda che si agitava nel parterre, consci che forse, in qualche misterioso modo, la normalità potrebbe pure essere a portata di mano. 

 

Viagra Boys e Automatic sono all'ultima data di un tour europeo breve ma intenso, che a quanto pare si sono goduti in pieno: il feeling che deve essersi sprigionato tra le due band risulta ben visibile sin dalle prime battute, quando le tre ragazze di Los Angeles si presentano sul palco sfoggiando una t-shirt degli headliner, favore ricambiato successivamente da tre dei membri della band svedese. E nel finale, durante una lunga, terremotante e liberatoria “Shrimp Shack”, il trio al completo è salito sul palco a ballare. 

Il loro set è stata la prima bella sorpresa della serata: il loro Signal è uscito due anni fa, ma confesso che me lo ero perso e non sapevo dunque che cosa aspettarmi. Prova decisamente convincente la loro, con canzoni che hanno lo stesso feeling sensuale delle Warpaint ma con il Synth di Izzy Glaudini a fare la parte della chitarra e a prendersi tutta la responsabilità della melodia. A metà tra il Post Punk e la Disco Wave, con ottimi intrecci vocali tra Izzy e la batterista Lola Dompé, in possesso di uno stile minimale ma pieno di groove, in questo coadiuvata dal motore incessante del basso di Halle Saxon. Bravissime nell'interazione e già mature nella scrittura, non hanno ancora raccolto ciò che meriterebbero ed è davvero un peccato. 

 

 

I Viagra Boys invece sono ormai una certezza, al secondo passaggio nel nostro paese dopo le tre date del 2019 e il rapido sold out di questa data milanese, ultima tappa di un giro che ha toccato anche Roma e Bologna. Una conferma di quanto il loro secondo album Welfare Jazz abbia conquistato il cuore del nostro pubblico. 

Gli svedesi sono stati inseriti un po’ forzatamente nel calderone del sedicente “Post Punk Revival”, ma a ben guardare c’entrano solo relativamente: molto più aperti a livello sonoro, più rock e scanzonati nell'attitudine, con la presenza del sax a fornire ora un tocco di piacevole contrasto con la durezza delle ritmiche, ora ad enfatizzarle maggiormente.  

L'attacco di “Research Chemicals”, col suo andamento marziale, pone le premesse e chiarisce che questa sera non ci saranno prigionieri. L'impatto è devastante, l'incedere del mid tempo provoca immediatamente un pogo furibondo e già dopo pochi minuti il frontman Sebastian Murphy è in mezzo alla folla, con tanto di immancabile bottiglia di birra (nel corso dell'ora e mezza scarsa del concerto ne ha sempre avuta una in mano e vi assicuro che non era la stessa). A livello scenico è uno show tutto da vedere, non solo per il look e l'attitudine del cantante, sciamano invasato col corpo interamente ricoperto dai tatuaggi, occhiali da sole e sigaretta, spesso e volentieri accesa. Al suo confronto John Talbot degli Idles fa la figura del ragazzo serio ed educato, ma guardando lui e gli altri cinque sul palco non si ha affatto l’impressione che sia una montatura e che stiano solo facendo casino: il suono è sporco ma non impreciso, il caos e la violenza sonora sono studiati e preparati nei dettagli; in altre parole, pestano come dei fabbri ma sanno suonare e sono sempre in controllo di quello che fanno. È bello soprattutto l’uso a tratti non convenzionale che Daniel Fagerström fa della chitarra, spesso al seguito del basso devastante di Henrick Höckert, l'altro grande mattatore della serata, oppure il sassofono di Oskar Carls, che si produce in fughe dissonanti ma sa anche aprire improvvisi squarci di luce nel maelstrom sonoro delle ritmiche.

 

 

Gli episodi in scaletta sono pochi ma è perché la maggior parte di essi viene allungata notevolmente, attraverso ripetizioni ossessive dei riff portanti, col sax a ricamarci sopra, oppure a momenti di caotiche Jam in cui Murphy cerca la collaborazione del pubblico, lanciandosi in spericolati stage diving o facendosi trovare a sorpresa in mezzo ai fan che gremivano la balconata. Nel finale c’è stato anche un tocco di geniale nonsense, quando il batterista Tor Sjödén ha preso un sacchetto di mandaranci (??) e si è messo a lanciarli tra le prime file. 

C’è un disco da promuovere, ma la parte del leone la fanno i brani del precedente Street Worms, con le varie “Slow Learner”, “Worms”, la lenta ed ossessiva “Just Like You” e ovviamente la hit “Sports” a provocare le reazioni più entusiaste. I brani di Welfare Jazz ci sono e funzionano anche bene, soprattutto la meravigliosa “Ain't Nice”, pezzo lineare ma dalle potenzialità infinite, oppure la strumentale “6 Shooter”, che è anche quella dove i nostri hanno messo in chiaro che la loro forza sta soprattutto nella coordinazione d'insieme. È però abbastanza inusuale l'assenza di singoli come “Creatures”, “In Spite of Ourseleves” e “Girls & Boys”, segno probabilmente che, dopo quasi due anni di forzata pausa, con l’attività live ripresa da poche settimane, si sia preferito puntare sulle cose più rodate (è lo stesso discorso che facevo coi Fontaines D.C. a Parma, può anche darsi che ci sia del vero). Unica novità rispetto alle altre date, lo spazio che Carls si prende per l'interludio strumentale “Cold Play”, ovviamente dovutamente allungato e con qualche variazione rispetto all'originale. 

È stato un concerto al limite della perfezione, violento e divertente allo stesso tempo, ancora più prezioso date le circostanze che stiamo vivendo, e che certifica i Viagra Boys come uno degli act più validi degli ultimi anni. Speriamo di poter vivere ancora parecchie serate così nei mesi a venire. 

 

Photo courtesy: Fabio Campetti