Cerca

logo
SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
20/02/2019
Missione New Trend
Live report Palaye Royale + The Haunt + WakeUpCall - 17.02.2019 - Legend Club
Un piccolo club nella periferia nord di Milano, un pullman all’ingresso targato “GIG 666” e una folla di entusiaste ragazze dai 15 ai 20 anni. Se tre indizi fanno una prova, sta accadendo qualcosa di interessante.

Un piccolo club nella periferia nord di Milano, un pullman all’ingresso targato “GIG 666” e una folla di entusiaste ragazze dai 15 ai 20 anni. Se tre indizi fanno una prova, sta accadendo qualcosa di interessante, embrionale e inatteso. Il dovere chiama, la curiosità di più e così Loudd è andato in missione al Legend Club, in una tiepida domenica notte di metà febbraio.

La line up della serata prevede tre band sul palco: il pop-punk/rock dei romani WakeUpCall, l’indie-alternative rock degli americani The Haunt e il fashion-rock dei canadesi Palaye Royale. E se questi ultimi non vi dicono nulla attenzione: tra non molto potreste essere i soli.

Il ghiaccio si rompe con i WakeUpCall, che dal vivo acquistano decisamente più punti che su video. Non tanto per la resa delle canzoni (alcune ottime come “Don’t clean up this blood” o la divertente “Batteries are not included”), quanto per il fatto che il loro frontman, Tommaso Forni, ci sa decisamente fare. Simpatici, divertenti e un po’ piacioni, conquistano subito pubblico e donzelle. Più di qualche ragazza è stata vista cercarli subito su Facebook e Instagram, ma non mi stupirei se qualcuna avesse avuto voglia di (in)seguirli dal vivo anche dopo il concerto. E poi hanno fatto pure un fumetto chiamato “If Beethoven Was a Punk” come companatico al nuovo album; fossi in loro li avrei (in)seguiti anche solo per questo.

La scaletta è serrata e lascia poco spazio agli indugi, portando sul palco, dopo poche decine di minuti, la suggestiva band dei The Haunt. Sono in quattro ma i protagonisti sono due, e si chiamano Anastasia e Max. Lei appena 16enne, una ragazza magrolina dai lunghi capelli castani che usa quasi come scudo e dai rossetti improbabili (abolite il nero e il blu scuro, vi prego) con una potenza vocale invidiabile. Lui suo fratello maggiore, da poco 20enne, ottimo cantante e chitarrista e buon intrattenitore. Se non fosse stato per i suoi accorti tentativi di dialogo con il pubblico, infatti, sarebbe stata solo una sequela di ottime canzoni, performate molto bene ma gelide in tutto quello che è un concerto oltre alla mera esecuzione. Esempio pratico? Una frontman non può girare la schiena al pubblico dopo ogni canzone per bere un sorso d’acqua con la cannuccia e parlare a bassa voce con la bassista, ma la perdoniamo per la giovane età. “Why Are You So Cold?” o la bella “Dirty”, in ogni caso sono probabilmente tra le canzoni migliori, per una band giovane, che si sta facendo le ossa pian piano ma che merita sicuramente un ottimo futuro.

L’attesa, a questo punto, è tutta per i Palaye Royale. Il trio di fratelli canadesi trasferitisi a Los Angeles per inseguire il proprio sogno (anche a costo di vivere per strada per diverse sere) è un folle connubio di fashion, rock, glam ed eleganza. Orecchiabili ma non scontati, sono giovani e parlano ai giovani, rubando stili e influenze dalla musica (Rolling Stones, Libertines, Horrors, Arctic Monkeys), dai film (Arancia Meccanica, Trainspotting, Tim Burton) e dalla letteratura (Alan Watts, Fredrick Nietzsche, Jean Paul Sartre, Charles Baudelaire). Offrono ai ragazzi del 2019 la stessa cosa che fece impazzire i ragazzi nel 2006: una nuova versione (riveduta, personalizzata e corretta) dei My Chemical Romance. La similitudine non è sfuggita a molti, e nemmeno agli stessi ragazzi, che in chiusura del live hanno portato un pezzo per nulla scontato: una cover di “Teenagers” dei My Chemical Romance. Un tributo non casuale.

I Palaye Royale sono un trio dall’aria bohèmien fortemente caratterizzato nello stile (ognuno dei tre interpreta un personaggio: il vampiro, il gentleman e il pirata), con abiti curati in ogni dettaglio e un make-up impeccabile, composto da ragazzi intelligenti (sono addirittura ex-giocatori di scacchi a livello nazionale) e dalla forte tendenza al do-it-yourself. Stampano infatti un loro giornale, il “The Royal Times”, ma hanno anche una loro serie su YouTube (“The Royal Television”) e chiamano i loro fan i “soldati del Royal Council”, studiando con loro il merchandise e attualmente, grazie al batterista Emerson Barrett, anche un fumetto.

Nel 2018 sono stati definiti dalla stampa inglese “the hottest band of the year” e “the band of the year” e hanno vinto il Rock Sound Award come “Best Breakthrough Artist”. Possiamo dire che iniziamo a capire il perché?

Questo è ciò che accade in America e in Europa (specialmente Gran Bretagna), ma in Italia che seguito potranno avere? Che pubblico avranno mai, all’alba della loro prima data italiana? Le aspettative erano al limite dello scetticismo, ma fortunatamente sono state ampiamente rivalutate.

Gruppi di ragazze urlanti dai 15 anni in su hanno fatto decine e decine di video già solo nell’arco della prima canzone, hanno cantato, hanno saltato, hanno dichiarato il proprio amore al cantante Remington Leith (anche, ma non solo, quando ha deciso di togliersi il chiodo e di rimanere a petto nudo con un paio di pantaloni scozzesi inguinali) non disdegnando nemmeno l’elegantissimo chitarrista Sebastian Danzig, che ha suonato imperterrito per un’ora e un quarto in giacca gessata muovendosi in perfetta sintonia con l’energetico fratello. Sapevano perfino il nome del bassista che li assisteva nel tour (Daniel Curcio). E sinceramente, viste le alternative musicali odierne per molti degli adolescenti, vedere queste reazioni per un gruppo come i Palaye Royale non può che regalare soddisfazione.

I fan non erano più di un paio di centinaia, ma il loro calore è arrivato subito alla band: arrivati a nemmeno metà concerto non hanno potuto che dichiarare sorridendo che, vista l’accoglienza, punteranno a tornare in Italia al più presto.

Performance di livello, intrattenimento assicurato (spoiler: il frontman si arrampica almeno una volta a live sulle impalcature davanti al palco, dondolando a testa in giù sul pubblico), canzoni a prova di bomba e tanto glamour. Oggi sono a malapena duecento, ma un domani non troppo lontano, non appena decideranno di tornare nel Bel Paese, non mi stupirei se il pubblico a seguirli fosse molto più ampio. Il Legend ha fatto un ottimo lavoro, ma occhio e croce la prossima volta, se i ragazzi continuano così, ci vorrà una location ancora più grande.