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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
03/04/2019
When cool guys come to town
Live report Blood Youth + Krashah + Deep As Ocean (27.03.2019 - Legend Club, Milano)
Quando l’equazione è composta da un piccolo locale, una folla di pochi intimi, tre band della madonna, dei musicisti alla mano e un sacco di attitudine il risultato è uno solo: culi spaccati e una serata perfetta.

Un mercoledì sera di fine marzo non tutti posso avere voglia di uscire di casa. La pigrizia legata allo stress del lavoro, al divano tentacolare, alla tirannia della sveglia e al desiderio di farsi annebbiare la mente con l’ennesima serie tv può prendere il sopravvento. Peccato che le diverse persone che l’hanno pensato e hanno deciso di rinunciare alla seducente proposta metalcore del Legend Club si ritroveranno a dover annoverare la serata di mercoledì 27 marzo tra i loro rimpianti.

Per quale motivo? Perché in quella sera i metalcore kids sopravvissuti hanno potuto assistere in prima linea all’avvicendarsi di band di alto livello (abituate a suonare in luoghi e festival ben più grandi) in un contesto familiare, avendo addirittura l’occasione di parlare con gli artisti di ogni gruppo e toccando con mano sia la passione che ognuno dei ragazzi ha nei confronti del proprio progetto sia il rispetto che riserva ad ognuno dei suoi colleghi e dei suoi fan.

Ad aprire le danze in un Legend quasi deserto sono stati i Deep As Ocean, quintetto milanese che, con incredibile coraggio e professionalità, alla faccia della sola decina di persone presenti, ha realizzato un live coinvolgente ed energico. Matt, il cantante, ha subito preso in mano la situazione, trascinando il pubblico ad interagire con la band e permettendo ad ognuno di entrare in sinergia con l’ottimo metalcore melodico che costituisce la loro proposta. I ragazzi hanno regalato al pubblico un assaggio di tutto quello che sono: dall’opener “Black Sheep”, uno dei primi singoli usciti nel 2016, a pochi mesi dalla loro formazione, a “Broken Dreams” e “Fly or Fall”, contenute nel promettente EP del 2017 Lost Hopes | Broken Mirrors, per poi passare ai recenti singoli “Hourglass” (realizzato con la collaborazione di Matteo Gelsomino, noto vocalist dei Novelist) e “The Sinking Ship” (clicca qui), che entreranno a far parte del primo Long Playing, atteso per il 2019, fino a chiudere con la bellissima “Before They Win” (clicca qui). Particolari note di merito alla bravura e alla mirabile competenza tecnica del chitarrista Alberto e del batterista Riccardo, oltre che alla naturalezza con cui il frontman Matteo è capace di passare dal cantato growl al pulito e all’attenzione con cui gestisce il pubblico.

A seguire sul palco del Legend la vera sorpresa della serata: i Krashah. E il premio “rivelazione metalcore” è meritato per diverse ragioni. Violenti, brutali, originali, dall’ottima tecnica (ricca di tempi dispari e di passaggi non scontati) e dalla spettacolare tenuta del palco. Quest’ultima data sia dall’attenzione ai particolari (come le meravigliose bandane sui volti dei tre musicisti, raffiguranti le fauci del loro simbolo: il lupo) sia dall’ottima performance del frontman Edoardo, capace di rappresentare e veicolare il giusto incrocio di violenza e sensualità presente nella proposta dei quattro lupi veronesi.

I ragazzi hanno scelto di presentarsi subito con due dei pezzi migliori del loro ottimo ed ipnotico album Wolves’ Empire (2018): “Cereals” (clicca qui) e la stupenda “Kronos”, per poi proseguire con alcune delle canzoni che vedremo nel prossimo disco: la subdola e oscura “You Should See Me in a Crown” e il nuovissimo singolo “Yorba” (che potete ascoltare qui - https://www.youtube.com/watch?v=1VtvxK8EwJA). A chiudere lo show una cover di “Y'all Want A Single” dei Korn, una delle band che assieme a Slipknot, Gojira, Mudvayne e Meshuggah meglio descrivono le loro ispirazioni. La nota di merito, in questo caso, oltre alla simpatia e alla disponibilità che il cantante Edoardo sa riservare ai suoi fan sopra e sotto il palco, va senza dubbio alla cura che i ragazzi hanno del loro bellissimo merchandise. Comprare il disco e una delle loro magliette è una tentazione a cui non si può resistere.

A concludere il migliore mercoledì metalcore di questo mese (anche se forse ci vorrà ben più di qualche mese per trovarne uno migliore) ci ha pensato la band che – fortunatamente – le ormai diverse decine di persone presenti tra il pubblico aspettavano e che ha permesso che tutto questo si realizzasse: i Blood Youth.

Di questa incredibile band inglese, capace di mescolare con eleganza e armonia i tratti del miglior metalcore con le radici del migliore hardcore, abbiamo già avuto modo di parlarne qui, in occasione dell’uscita del loro ultimo album, Starve. Mancandoci però di poter rendere conto della loro resa dal vivo, non potevamo che approfittare dell’occasione.

Chi legge, infatti, avrà sicuramente contezza di quanto un’abile capacità compositiva su disco non sia mai sinonimo di un’eguale abilità nella performance. Quante volte ci siamo trovati ad attendere con ansia amate band che dal vivo mostravano vistose carenze vocali o tecniche? Anche chi avesse visto solo una manciata di concerti nella sua vita potrebbe trovare di certo degli esempi calzanti. Ecco quindi la prova del nove in ambito musicale: il test del live verrà superato?

Tirate pure un sospiro di sollievo, non solo i Blood Youth hanno superato il test, ma l’hanno fatto anche a pieni voti, realizzando una performance praticamente perfetta: dall’apertura con la meravigliosa “Spineless” fino alla fine. Kaya Tarsus dal vivo regala il meglio di sé (cantato preciso, look metalcore e gestione del palco capace di passare dalla tranquilla passeggiata al cantare supini sul palco), mentre Chris Pritchard si dimostra non solo un ottimo chitarrista, ma anche una valida spalla di Kaya nella tenuta live, una combo sostenuta con vigore dalle validissime percussioni del batterista Sam Hallet.

Il pubblico, di conseguenza, non ha potuto che accogliere il quartetto con calore, dimostrandosi preparato sia nel cantare i pezzi di Starve e le canzoni di Beyond Repair, sia nel lasciarsi andare a selezionati e frequenti momenti di pogo e di strong headbaging (elementi di cui chi scrive è diretto e partecipante testimone). Dal canto loro i Blood Youth hanno risposto concedendosi ai fan anche al di fuori della performance: dallo stringere le mani ai kids in transenna al vendere in prima persona il merch, firmando autografi sui biglietti d’ingresso.

Le migliori serate live, alla fin fine, non sono altro che un’equazione formata da una serie di piccoli e grandi fattori (quantità e tipologia di pubblico, atmosfera, durata delle performance, bravura delle band, simpatia, aspettativa, etc.) la cui somma, moltiplicazione e divisione porta ai risultati più disparati. E la serata al Legend in cui si sono esibiti Deep As Ocean, Krashah e Blood Youth ha realizzato semplicemente uno degli esiti che tutte le band sperano di raggiungere dopo una performance: culi spaccati, sudore, sorrisi e stima.