La scorsa estate, quando i concerti timidamente provavano a ripartire, Federica Messa, in arte Mèsa, ha preferito non forzare la mano, muovere baracca e burattini col rischio di suonare poche date in condizioni incerte. Si è detta che sarebbe stato meglio concentrarsi sulle nuove canzoni e sulle prove con la band, che prima o poi la situazione sarebbe migliorata e che sarebbe potuta tornare on the road a pieno regime. Eccoci qui. Ci sono ancora tante domande, la sensazione è che ad una vera normalità non si arriverà mai però, se non altro, siamo di nuovo qui all’Arci Bellezza (al momento punto di riferimento per i live del milanese, dopo la chiusura di club storici come Ohibò e Serraglio) in piedi e senza mascherina, cosa fino a pochi mesi fa assolutamente impensabile. E Mèsa, alla fine, ha avuto ragione: Romantica, il suo secondo album, è uscito a settembre e questa è la seconda data del tour, dopo l’apparizione a Faenza in occasione del M.E.I. Per il sottoscritto è occasione privilegiata per testare dal vivo la resa di brani che, come avevo scritto in occasione della recensione, mi hanno convinto in pieno.
È una serata di pioggia battente e arrivo tardi, quando il set di Cheriach Re sta per finire e riesco a sentire giusto un paio di brani. Valeria Rossi, questo il suo nome, è di Como e suona un Folk chitarra e voce cantato in italiano, suggestioni melanconiche e a tratti sognanti, con una buona esecuzione vocale e, per quel poco che mi è dato di capire, una scrittura ingenua ma già piuttosto solida. Da approfondire.
A ruota Kaze, monicker di Paola Gioia Kaze Formisano, madre burundese e padre napoletano ma, a giudicare dall’accento su cui fa qualche battuta scherzosa, vive ormai da tempo a Roma. Ha esordito nel mondo cinematografico con un ruolo in Anni da cane di Fabio Mollo, prodotto da Amazon Original. Da qui un deal con la Islands Records, per cui al momento sono usciti due singoli, “Non c’è spazio per le foto”, con cui ha aperto il set e “Lasciami”, che lo ha chiuso.
Il suo è l’esordio assoluto dal vivo e non nasconde una certa emozione, che cerca di combattere indirizzandosi allegramente al pubblico. Solo cinque canzoni, in formazione a tre con tastiera e chitarra acustica: il timbro vocale è caldo ed espressivo, di scuola RnB e difatti quando esegue (ottimamente) “Be Honest” di Jorja Smith le sue influenze appaiono chiaramente. I brani proposti, due dei quali non ancora usciti ufficialmente, si muovono sulla stessa falsariga e sebbene ancora piuttosto acerbi nella costruzione e nelle melodie, lasciano intravedere una certa personalità ed un certo potenziale commerciale, soprattutto nei ritornelli. Se tutto andrà bene la rivedremo presto.
È il turno di Mèsa. La band è la stessa dello scorso tour, con l’aggiunta, alle tastiere e ai cori e in un brano anche alla chitarra acustica, di Marta Lucchesini (attiva anche con un suo progetto, Marat, a cui consiglio di dare un ascolto), fondamentale nell’arricchire lo spettro sonoro e nel donare maggiore dinamicità al tutto. La resa acustica del Bellezza purtroppo non è ottimale, risulta tutto un po’ troppo confuso, la batteria soprattutto è troppo alta, le tastiere si sentono poco e a tratti anche la voce non esce come dovrebbe. Al di là di questi inconvenienti, il concerto è molto bello. Si inizia con “Romantica”, title track e brano di apertura del nuovo disco, si continua con la vecchia “A chi” e da qui in avanti si procederà così, in un’alternanza tra le canzoni nuove (che verranno suonate tutte) e quelle dell’esordio “Touché”. A livello di produzione, tra i due lavori c’è una bella differenza: più rock e libero nelle strutture il primo, più “rotondo” e lineare il secondo, maggiormente influenzato da un certo Indie Pop di scuola anglosassone. Dal vivo però tutto acquista maggiore immediatezza, i cinque vanno via dritti, l’impostazione “Old School” (che è poi quella con cui Federica è cresciuta) molto evidente, con la batteria che pesta e detta il ritmo, la chitarra che sottolinea le melodie con i suoi fraseggi. Gli arrangiamenti sono semplici, a tratti quasi basilari, ma la loro efficacia è indubbia, c’è veramente un bel tiro e ne beneficiano soprattutto gli episodi del nuovo disco, che acquistano una maggiore spinta propulsiva e ne escono senza dubbio rigenerati nella loro già indubbia forza melodica.
Difficile citare un episodio piuttosto che un altro perché comunque l’insieme è stato nel complesso omogeneo; vale la pena tuttavia nominare “Un punto”, che anche in questa versione mantiene tutto il suo potenziale, oppure l’altro singolo “Animale”, o ancora “800km”, che dal vivo accentua la componente sudamericana della melodia e diviene una gradevole stravaganza nel repertorio dell’artista romana. Molto bene anche le cose vecchie, che sono ormai rodate e che dimostrano di integrarsi bene con le nuove arrivate: mi sono piaciute particolarmente “Non me lo ricordavo”, il singolo “Oh Satellity”, ormai un vero e proprio classico e “Canzone retorica”, sempre molto potente.
Chiusura affidata a “Stomaco”, indubbiamente tra le migliori del nuovo disco e poi “Oceanoletto”, forse il brano che rappresenta meglio la sua prima fase, durante il quale aumenta il volume e le chitarre formano un muro di suono assieme agli altri strumenti, potenza e accordi ripetuti in pieno stile anni ’90 e momento culminante del concerto.
C’è ancora voglia di sentire qualcosa e allora ecco nuovamente “Romantica”, questa volta cantata in coro dal pubblico, che pare essersi finalmente scaldato.
Ce ne torniamo a casa sotto l’acqua consapevoli che per Mèsa sia iniziata una nuova fase e che la lunga attesa dello scorso anno stia finalmente per essere ripagata.