Era da un po’ che desideravo vedere i Temples dal vivo, l’ultimo concerto a Milano risale al periodo di “Sun Structures”, il loro bellissimo esordio, proprio qui al Magnolia nella versione estiva, ma che non riuscii a presenziare; quindi, eccezion fatta per un’altra data al lungimirante Ypsigrock di Castelbuono sempre nel 2015, più nulla, di fatto, saltato a piedi pari il Belpaese per la promozione di "Vulcano", l’altrettanto valido secondo capitolo della loro discografia.
A mio parere il collettivo inglese è e resta una delle più interessanti e nuove realtà in ambito alt-pop, psych-rock, attitutudine revival e gran gusto per la melodia. Alla base, senza voler inventare nulla, c'è la volontà di scrivere semplicemente belle canzoni per eludere le mode e provare a resistere al tempo che passa velocemente. Arrivano freschi di pubblicazione del terzo album “Hot motion”, ad essere sinceri forse il meno riuscito dei tre, anche se ugualmente ben prodotto e ricco di episodi di spessore, penso alla title-track, a "The Beam" o a "You're Either On Something" il secondo singolo rilasciato sul finire della scorsa estate.
Tre lavori incominciano ad essere un biglietto da visita sostanzioso quanto consolidato e la setlist, che di fatto è un riassunto di tutta la musica pubblicata finora, è ricca sia quantitativamente parlando, sia sotto il profilo qualità, marchio di fabbrica della band di Kattering, autentici primi della classe nel disegnare melodie colorate e sognanti - e il pensiero scorre facile nel dire: "sono tutte belle!" (capita di rado). Messo in fila, il meglio dei tre LP fa davvero la differenza e il concerto è splendido per tutta la durata. Se poi le premesse su disco vengono mantenute anche nella dimensione live, allora tutto gira alla perfezione; si sente il profumo degli anni settanta e quella voglia di revival, inizialmente caldeggiata dai Tame Impala che rimangono i capofila di questa nuova ondata di collettivi che da qualche anno a questa parte ha deciso di rispolverare quel tipo di sound: chitarre e tastiere che si fondono e la voce squillante di James Bagshaw che sta lì nel mezzo a guidare i ritornelloni, perché quelli non mancano.
Puntualissimi secondo i programmi, vestiti impeccabili, seventies anche nell'estetica e senza lasciare nulla al caso, perché i progetti vincenti sono anche così, figli della pignoleria. Una serata piovosa che fa subito lazy sunday non impedisce ad un discreto numero di affezionati di accogliere i Temples nel migliore dei modi; loro contraccambiano, iniziando con l'energica "The Howl", passando per le psichedeliche "Colours to life" e "The Golden Throne", fino ad arrivare a "Context" o "Keep in the dark", le fanno un po’ tutte quelle che hanno marchiato a fuoco questa prima parte di carriera, eccezion fatta per "I Wanna Be Your Mirror" (altro pezzone rimasto fuori dalla scaletta di questo tour europeo), e chiudono con il bis di "Mesmerize". Un'ora e quindici minuti di rock'n roll d'altri tempi.