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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
27/01/2020
Venerus
Live Report, 21 gennaio 2020, Ostello Bello
In compagnia dell’amico Vittorio Gervasi, la persona con cui è iniziato l’intero progetto, Venerus ci delizia per un’ora abbondante con le sue canzoni, eseguite in quella veste scarna ed essenziale con cui sono state verosimilmente concepite.

È una gran regalo che ci sia uno come Venerus. Nel panorama italiano degli ultimi anni l’artista milanese, per lungo tempo di stanza a Londra, ha dimostrato di avere un talento fuori dal comune, ha rimescolato le carte proponendo una lettura della Black Music che in Italia fanno in pochissimi (giusto Ghemon ha quelle influenze lì, per citare un nome conosciuto) e che, lungi dal copiare i modelli senza metterci del suo, ha saputo trovare una strada personale per parlare un linguaggio comunque standardizzato.

Due Ep, una manciata di singoli, un fortunatissimo featuring assieme a Franco 126, in quello che è stato uno dei pezzi più ascoltati del 2019, “Senza di me” di Gemitaiz, ed eccolo già in orbita, con un tour estivo di grande successo, una serie di date invernali andate sold out e un nome che è ormai sulla bocca di tanti di quelli che contano (tra gli altri, è stato intervistato da Giovanni Ansaldo, che non è certo l’ultimo arrivato).

In attesa del disco di debutto (che a questo punto, osiamo dire, potrebbe essere quello della consacrazione) ce lo godiamo in un contesto particolare, quello dell’Ostello Bello di Milano dove, nel seminterrato già sede di presentazioni e showcase, si è esibito in una inedita veste piano elettrico/sassofono.

Inedita fino ad un certo punto visto che, come lui stesso ha tenuto a precisare nel corso dello spettacolo, questo costituiva l’assetto iniziale della sua formazione, che solo in tempi recenti si è allargata fino a comprendere anche una sezione fiati e delle coriste.

E così, in compagnia dell’amico Vittorio Gervasi, la persona con cui è iniziato l’intero progetto, Andrea Venerus ci delizia per un’ora abbondante con le sue canzoni, eseguite in quella veste scarna ed essenziale con cui sono state verosimilmente concepite.

Il palco è piccolissimo, un semplice gradino; il pubblico, ammassato di fronte, ammonta ad una cinquantina di persone, i primi che sono riusciti ad assicurarsi la prenotazione online, con un sold out che si è verificato comprensibilmente in pochissimi minuti.

Si parte con “Senzasonno” e si finisce con “Forse ancora dorme”, in un ideale percorso dal primo al secondo Ep con, nel mezzo, tutti i brani pubblicati nel frattempo, compresi “Senza di me” (esecuzione molto credibile, anche senza gli altri due titolari delle parti vocali) e “Radio Stella”, suo contributo personale a “ZEROSEI” di Frenetik & Orang3.

La performance è intima, come da contesto ma anche straordinariamente partecipata: tutti i presenti cantano le canzoni parola per parola, urlano i ritornelli, vanno avanti col singalong anche quando il brano è terminato e tra artisti e pubblico si instaura immediatamente una piacevole e divertita complicità.

Questo è l’aspetto interessante, rispetto alle altre volte che ho avuto modo di vederlo dal vivo: Venerus è un grande artista ma è soprattutto un essere umano sensibile, che ha capito che il talento che ha ricevuto è un dono e che la cosa migliore da fare con esso è condividerlo con le persone che hanno voglia di ascoltare. Nessun divismo, nessuna posa: tanta simpatia, tanta spontaneità, tanto stupore sincero da parte sua, per l’affetto che gli viene tributato.

Particolarmente divertenti i siparietti tra un pezzo e l’altro, che partono dal racconto di una volta in cui lui e Vittorio si sono scolati un’intera bottiglia di whisky durante un concerto, bevendosi un bicchiere alla fine di ogni brano. Ecco dunque che puntualmente arriva una vodka, gentilmente offerta dal locale per poter ripetere l’impresa. Alla fine non verrà vuotata ma ci si andrà vicino, l’umore migliorerà sensibilmente, il pubblico canterà con ancor più partecipazione i versi “Metti un po’ di ghiaccio nella vodka liscia, però dammi vodka buona questa sembra piscia” e non ci saranno conseguenze pesanti sul livello della performance dei nostri. Che anzi, si manterrà costantemente su un livello qualitativo altissimo. Ed è stato questo probabilmente a colpire di più: la versione acustica del progetto Venerus, alla fin fine, non fa rimpiangere per nulla il live full band e questo nonostante i brani siano eseguiti senza quel lavoro di produzione e arrangiamento che tanto ha contribuito a renderli grandi. Ma è quello che accade quando si è in presenza del talento vero, in fin dei conti: basta la sua voce espressiva e tecnicamente dotatissima, il modo delicato con cui accarezza i tasti del piano, con poche note e mai una fuori posto; bastano gli essenziali fraseggi di Vittorio, discreti ma fondamentali nel riempire gli spazi, con poi qualche sporadico assolo, tanto bello da togliere il fiato. In questo modo, anche un brano come “Fulmini/Il fu Venerus”, probabilmente quello più complesso a livello di costruzione e scelta dei suoni, esce lo stesso in maniera sopraffina, tanto che a metà parte un applauso fragoroso, impossibile da trattenere e alla fine verrà richiesto a gran voce come bis.

Ce ne andiamo con la consapevolezza che sia nato un talento unico, da coltivare in modo prezioso. Attendiamo i prossimi sviluppi.


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