Ero pronto a scommettere che i Dandy Warhols dopo il loro terzo disco (in realtà secondo su major e con una certa esposizione mediatica) quel "Thirteen tales from urban bohemian" uscito nel 2003 e che li fece svoltare non poco, avrebbero raggiunto lidi impensabili, tanto, magari, da capitanare eventuali line up nei migliori festival estivi (una specie, su altri territori, di pre Arcade Fire); invece così non andò, forse perché il capitolo successivo prodotto da sua maestà Nick Rhodes non riuscì a bissare i suoi predecessori anche se in realtà "Welcome to the Monkey House" era un buon disco ed era anche un lavoro coraggioso, se non altro per la direzione presa molto distante dal loro background, atto di coraggio e, nei limite del possibile, la voglia di non ripetersi, ma il tutto non diede, probabilmente, i frutti sperati.
Da lì in poi altri dischi, con sempre, all'interno, passaggi interessanti (penso per esempio a "Holding me up" o "STYGGO" rigorosamente in scaletta), anche se va detto, meno ispirati delle prime cose, quindi mai più sugli scudi di un possibile successo da platee da capogiro, che si percepiva potesse essere lì, a due passi. A volte è tutto molto casuale e anche piccoli passi falsi incidono.
Detto questo, la band di Portland, continua ormai da 25 anni a questa parte, a proporre il suo rock'n roll a stelle strisce, mischiato al pop e alla psichedelia; fortunatamente tornano spesso anche dalle nostre parti e lo fanno in questi giorni di fine estate, stasera è il consueto Santeria ad ospitarli, per la tappa milanese, in una delle sue prime date della stagione.
Con il quarto di secolo di carriera, insieme alla promozione dell'ultimo disco "Why you so crazy" uscito all’inizio di quest'anno, portano in scena uno spettacolo che ripercorre l'intera carriera, fermo restando, come già scritto, che l'apice della produzione arriva dai primi due dischi major. Quindi la setlist ha i suoi picchi con le varie "Get Off", piuttosto che "Mohammed" o "Godless" (applauditissime) per non dire "Not if you were the last junkie on earth"; oltretutto avere un brano come "Bohemian like you", che, di fatto, tutti conoscono (grazie ai vari spot pubblicitari), non è cosa da poco, ha sicuramente permesso loro di vivere più che dignitosamente, esattamente con un’unica canzone, talmente popular da essere sempre il punto più atteso della setlist. C'è anche una bellissima "You were the last high", che, ricollegandoli al discorso fatto sopra, poteva essere il singolo giusto.
Non tutto funziona alla perfezione, i suoni non sono impeccabili e anche il caldo si fa sentire, ma nel complesso è un concerto divertente e colorato, suonato da amici da una vita, che continuano a volersi, prima di tutto, divertire sul palco. E quando una band ha canzoni così, non può che essere altrimenti.