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REVIEWSLE RECENSIONI
14/07/2020
Ana Popovic
Live For Live
Live For Live fotografa una serata vibrante, in cui la passione e la propensione al groove si sposano con l’ottima performance della Popovic e di una fantastica backing band

A quarantaquattro anni, Ana Popovic è quel che si dice un’artista affermata: si è fatta un nome in ambito rock blues e si è creata, grazie a una già considerevole discografia, un seguito di fan appassionato e fedele. Chitarrista tecnica, ma non priva di una certa gagliardia espressiva, la musicista serba ha giocato negli anni con uno spettro di sonorità (rock, blues, jazz, soul) che ha saputo sempre maneggiare con autorevolezza, senza però mai tentare azzardi o aprirsi alla sperimentazione.

Si è sempre mossa, cioè, in una propria comfort zone, evitando di assumersi grandi rischi, e virando spesso verso certe patinature (immediatamente riconoscibili dalle copertine dei suoi album) che hanno sopito l’ardore, piegandolo a logiche più smaccatamente mainstream. Se in studio, i risultati sono stati altalenanti (l’ottimo e monumentale Trilogy del 2016, il prescindibile e mediocre Like It On Top di due anni fa), dal vivo, la Popovic ha sempre dato il meglio di sé, come se, fuori dagli angusti spazi della sala di registrazione, ritrovasse improvvisamente libertà espressiva e sacro fuoco.

Questo nuovo album è, in tal senso, la riprova di quanto la chitarrista sul palco riesca a esprimere le sue doti migliori, che, fortunatamente, non solo quelle di una tecnica indiscutibile. Registrato il 2 novembre del 2019, a Issoudun (Francia) presso il Centre Culturel Albert Camus, Live For Live fotografa una serata vibrante, in cui la passione e la propensione al groove si sposano con l’ottima performance della Popovic e di una fantastica backing band, composta per tre quinti da musicisti italiani (Michele Papadia alle tastiere, Davide Ghidoni alla tromba, Claudio Giovagnoli al sax), oltre a Buthel al basso e Jerry Kelley alla batteria.

Il risultato è un disco molto suonato, in cui tutti gli elementi della band si ritagliano momenti di assolo importanti, dando vivacità e colori all’esecuzione dei brani e alzando il livello tecnico della performance: se suonare tanto è un bene, suonare bene è meglio.

Ana guida le danze, cantando con mestiere in tutti i brani e accendendo la miccia alla sua esplosiva Fender: piede spesso schiacciato sul pedale wah wah, e profilo minimal durante l’esecuzione, salvo, poi, al momento giusto, prendersi gli spazi per impetuosi e ficcanti assolo. Tante note, ma mai sprecate, tanta grinta, velocità e tecnica.

Un live stilisticamente elegante, in cui la forma è sostanza, e la sostanza possiede l’impeto d’improvvisazione delle migliori jam band. Ogni brano in scaletta è vera goduria per le orecchie: dal groove funky delle infuocate Can You Stand The Heat e Fencewalk, ai fiati scintillanti in stile New Orleans di New Coat Of Paint, dal blues indemoniato e adrenalinico Can’t You See What You’re Doing To Me (Albert King) fino alle atmosfere sensuali e in punta di plettro della lunga, vibrante Johnnie Ray, è tutto un susseguirsi di emozioni, sudore, giocosa e divertente musica.

Se la Popovic riuscisse in studio a replicare anche solo la metà di questa pura energia che riesce a creare sul palco, avremmo dischi di caratura impressionante. Al momento, però, così non è, e ci tocca “accontentarci” di questo, che è uno dei migliori live pubblicati nel 2020.


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