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REVIEWSLE RECENSIONI
19/08/2019
Creedence Clearwater Revival
Live At Woodstock
Se la domanda che vi state ponendo è se davvero ne vale la pena, la risposta è sicuramente sì. Non solo, a dispetto di cosa ne pensasse Fogerty, questo Live At Woodstock è un ottimo live che fotografa una band in un momento di forma straordinario, ma un capitolo di storia che, nel bene e nel male, resta imprescindibile

La cronaca di quei leggendari giorni è più o meno nota a tutti gli appassionati. A Woodstock, i Creedence Clearwater Revival suonarono la notte tra il 16 e il 17 agosto e in considerevole ritardo rispetto all’orario concordato, perché il set dei Grateful Dead, band che li precedeva in scaletta, fu funestata da una svariata sequela di problemi tecnici, tra cui una messa a terra difettosa, estremamente pericolosa per l’incolumità dei musicisti.

Eppure, ai non addetti ai lavori, potrebbe sembrare che i CCR a Woodstock non abbiano mai messo piede, dal momento che il loro live act non compare né nel film del festival (in una successiva director’s cut compariranno quattro canzoni) né nella colonna sonora. Il fatto che la performance non fosse mai stata pubblicata nella sua interezza, venne spiegato da Fogerty, da un lato, con l’insoddisfazione della band per la qualità del concerto, dall’altro, con un po’ di arroganza, perché la band riteneva di aver già raggiunto il massimo della fama e di non aver bisogno di ulteriore esposizione mediatica.

Qualunque siano stati i motivi, il tempo ha portato Fogerty a più miti consigli, e finalmente, dopo cinquant’anni, l’esibizione integrale viene finalmente pubblicata dalla Craft Recordings. Per mettere le cose nella giusta prospettiva, si ricordi che il terzo album in studio della band, Green River, era appena stato pubblicato (il 3 agosto per la precisione) e stava scalando le charts americane, mentre il primo singolo tratto dall’album, Bad Moon Rising, nonostante fosse uscito in aprile, era ancora ben posizionato in classifica.

Come detto, i Credence iniziarono a suonare dopo la mezzanotte, di fronte a un pubblico, vien da pensare, abbastanza stanco; tuttavia, a parte qualche iniziale problema tecnico (ma chi non ne ha avuti a Woodstock?), è davvero difficile comprendere per quale motivo Fogerty abbia vietato per così tanto tempo la pubblicazione del live act, visto che, grazie anche alla rimasterizzazione e alla pulizia del nastro, risulta essere un’autentica bomba.

In direzione ostinata e contraria rispetto alla novelle vague dell’epoca, i Creedence, pur sposando le istanze giovanili del momento (il loro antimilitarismo era cosa nota), recuperavano il rock delle radici, pesantemente connotato da sonorità sudiste. Questo approccio swamp, se mai ce ne fosse stato bisogno, marchia a fuoco tutta la performance della band: un’esplosione di energia controllata dalla potenza del groove e insufflata di negritudine dal graffio r’n’b della voce di Fogerty.

L’uno-due inziale di Born On The Bayou e Green River è da ko, così come Bootleg e Commotion possiedono un tiro notevolissimo. Meno incisive le versioni di Bad Moon Rising e Proud Mary, prive di mordente, senza pathos, un po' troppo simili alle versioni in studio e decisamente i due momenti meno brillanti della performance.

E’ la tripletta finale, però, a valere il prezzo del biglietto. The Night Time Is The Right Time, dal repertorio di Ray Charles, è un blues tutto sangue e sudore, con Fogerty che canta rabbioso e sfodera un assolo dirompente e graffiante. Chiudono il live act Keep On Chooglin’ e Suzie Q, dieci minuti ciascuna di autentico furore jammistico, con Stu Cook al basso devastante macchina da guerra, e tutta la band rapita da un deliquio dionisiaco così autentico da farci ballare senza freni anche a distanza di mezzo secolo.

Il lavoro fatto sulla rimasterizzazione è eccellente, ogni strumento si coglie alla perfezione (forse la sola Proud Mary risulta un po' impastata), e probabilmente questa resa è di gran lunga migliore di quella che potevano cogliere mezzo milione di ragazzi assonnati, infreddoliti dalla pioggia e coperti di fango.

Se la domanda che vi state ponendo è se davvero ne vale la pena, la risposta è sicuramente sì. Non solo, a dispetto di cosa ne pensasse Fogerty, questo Live At Woodstock è un ottimo live che fotografa una band in un momento di forma straordinario, ma un capitolo di storia che, nel bene e nel male, resta imprescindibile. Mancava un tassello fondamentale, e ora lo abbiamo.


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