Per buona parte degli ultimi 40 anni, Lindsey Buckingham ha dovuto dividere il suo tempo tra i Fleetwood Mac e una carriera da solista, che a tutt’oggi vanta otto album in studio, oltre a un paio di ottimi live. In alcuni casi, come avvenne per l’ultimo disco in studio dei Mac (Say You Will del 2003), le due carriere si sono inevitabilmente intersecate, se non scontrate, dal momento che il cantante, compositore e chitarrista, ha rinunciato al materiale destinato ai propri dischi per mettere il suo songwriting al servizio della band e migliorarne lo spessore artistico
Tuttavia, dalla sua espulsione dal gruppo nel 2018 (l’acredine con Stevie Nicks continua ad appiccare incendi) e il successivo attacco di cuore, Buckingham ha apparentemente avuto più tempo a disposizione per lavorare sulla musica da solista. In qualche modo, questi recenti cambiamenti riflettono un nuovo inizio, e in tal senso, il titolo omonimo del suo settimo album, ne è una esplicita indicazione. Si tratta però di una ripartenza, dell’ennesimo abbrivio di una storia ormai leggendaria, non certo di un cambiamento estremo nella direzione musicale intrapresa: lo scintillante tocco chitarristico è il medesimo, così come l’estro compositivo con cui Lindsey Buckingham ci consegna lo stesso pop stravagante che ha illuminato dischi straordinari come, per citare il più completo, Tusk del 1979.
A partire dalla pimpante Scream, le sue canzoni vestono solo vestiti più leggeri, possiedono un’architettura più scarna, ma non sono dissimili dai suoi contributi alla serie di dischi classici dei Fleetwood Mac degli anni '70 e '80. Ci sono armonie vocali ping-pong (la deliziosa I Don't Mind), ballate ispirate al doo-wop (Blind Love), echi del passato levigati dal synth, che ricordano il suo debutto solista del 1981, Law and Order (Blue Light), e odi malinconiche all’amata California (Santa Rosa).
Buckingham trova anche il tempo per rivolgersi ai suoi vecchi compagni di band con le parole amare di On the Wrong Side: "Ogni tanto cado, Ogni tanto mi alzo… Il tempo scorre lungo il strada, L'amore va su un carro funebre, Eravamo giovani e ora siamo vecchi". Quasi una pietra tombale sui momenti più gloriosi della sua storia e pungente stoccata al suo ex grande amore.
C'è un senso di nuova libertà in questo Lindsey Buckingham, che mancava a Seeds We Sow del 2011 e al disco di collaborazione con Christine McVie del 2017, che in realtà doveva essere un album dei Fleetwood Mac, prima che Stevie Nicks mandasse tutto a monte. Il fatto è che Buckingham, lavorando sa solo, non deve tenere a freno nessuno dei suoi impulsi più estremi, fa quel che gli pare, senza dover rispettare rodati clichè. Gli manca, forse, forse un po' dell'astuzia commerciale che era uno dei motori propulsivi del successo dei Fleetwood Mac. Ma poco importa: questa dimensione, più artigianale, dimessa e aggraziata, gli dona egualmente. Il disco è bello, e questo è ciò che conta, più di ogni altra cosa.