È il 2025 ma il segreto di Liberato, secondo solo al terzo di Fatima quanto a curiosità popolare suscitata e sacralità ispirata, ad oggi sembra lontano dal poter essere svelato. Grazie al recente documentario per il grande schermo dedicato all’artista napoletano e realizzato da Francesco Lettieri (il fidato regista dei cliccatissimi video di Liberato che, nel lungometraggio, introduce il suo alter ego musicale proprio con i misteri in questione in aggiunta a quello finto di Pulcinella) possiamo contare su qualche informazione in più, ma la soluzione dell’enigma è ancora remota.
Altro che fuochino o fuocherello. A dirla con le immagini di un’altra prestigiosa divinità locale, il regista Sorrentino (che condivide l’Olimpo, che poi per loro immagino sia il Vesuvio, con Totò, Peppino, Maradona, Troisi, Pino Daniele e qualcun altro che al momento mi sfugge), ci troviamo in acquissima, al largo del golfo, ad annaspare nello stesso liquido amniotico dell’incantevole (quanto tabagista) Parthenope.
Tant’è che io mi sono arreso. E se avete desistito anche voi e la curiosità si è consumata, i casi sono due. O l’hype del recidivo electro-neomelodico mascherato si è normalizzato oppure (e attenzione che potrebbe non essere la stessa cosa) l’anonimato di Liberato lo diamo come un dato di fatto. Il suo personaggio in outfit all-black fa parte del sistema.
Due varianti basate su un denominatore comune: chi se ne importa, per non dire di peggio. Una considerazione che non aggiunge o non toglie una virgola a un successo in costante crescita, nonostante la ricorsività della proposta artistica, dei contenuti e della forma.
Per questo fa sicuramente notizia un album di Liberato pubblicato il primo di gennaio, anziché il consueto nove maggio, quasi un buon proposito, un presagio da intendersi all’origine di un nuovo corso, o in coda a una fase di cambiamento. Liberato ha risolto finalmente lo struggimento amoroso alla base del suo progetto (lo scrivo dando per scontato che abbiate visto il film e conosciate la storia) tanto da rivoluzionare le priorità di calendario?
In Liberato III il cantante si spinge addirittura a “Novembre”, peraltro con ottimi risultati (la traccia più bella del disco, senza ombra di dubbio, pronta a diventare un nuovo classico del producer napoletano). Quindi, per farla breve, che cosa dobbiamo aspettarci?
Il terzo album di Liberato, al momento disponibile solo in formato liquido, conferma la formula vincente dei due blasonatissimi predecessori, a partire dal minutaggio d’altri tempi (mezz’ora totale di musica declinata in nove tracce, perfette dal punto di vista dell’organizzazione in lato A e lato B) e dalle sottocategorie di elettronica a cui ricondurre i brani.
Fanno molto comfort zone anche la sequenza degli accordi che si inseguono nelle canzoni, oramai uno standard se non un cliché, quelle successioni armoniche consolidate ascrivibili ad archetipi quali “Tu t'e scurdat' 'e me” e “'O core nun tene padrone”. Tanto che, vista da qui, la discografia di Liberato potrebbe essere travisata per un continuum, risultare un’unica opera omnia perpetua che si ripropone disco dopo disco secondo i canoni della fluidità con cui si percepisce la composizione musicale di questi tempi in cui, a quasi un secolo di pop e a fronte delle centinaia di migliaia di svilenti suggestioni sonore pubblicate ogni istante sui vari canali di fruizione audio, tutto ci trasmette reminiscenze di tutto.
Senza contare che III è un disco in linea con l’elevata qualità con cui Liberato ci vizia da sempre. Per questo corre il rischio di confondersi, in una immaginaria riproduzione random di una playlist monografica, tra tutto il resto del repertorio del fanta-cantautore napoletano.
Ancora una volta a convincerci sono il miscuglio di idiomi, i crescendo e i drop, gli stop and go, i sessantaquattresimi di hi-hat, il dub, l’uso intelligente di side-chain e ducking sui boati della cassa, i synth in levare, l’immancabile sirena, Napoli, il Napoli Calcio e il suo anno di fondazione, il 1926. Conferme che permettono ad alcune novità di emergere in freschezza e originalità: la sorprendente attualità del sample del ritornello di “Voglia 'e turnà” di Teresa De Sio nell’omonima traccia introduttiva, e l’incursione nella drum’n’bass (finalmente di nuovo di moda) di “‘A fotografia”, un tuffo nei break-beat degli anni zero. Per il resto, prevale la sicurezza dei botta e risposta tra la trap e l’house, per un risultato complessivo di eccellente fattura.
Non possiamo quindi che promuovere, anche questa terza volta, il progetto Liberato, un diamante nello scadente e noioso panorama musicale del pop italiano, quello sì davvero anonimo. Ma immaginarlo tutt’ora chiuso nella sua cameretta, con le sue diavolerie elettroniche cheap e il Microkorg (proprio come lo abbiamo visto illustrato nella versione anime della sua vita dal film di Lettieri) a suonare e registrare cose di ordinaria amministrazione, risulta ormai riduttivo per il talento ad ampio respiro che dimostra di saper esprimere.
Liberato ha tutte le carte in regola per raggiungere lo status di The Weeknd europeo. Dovrà solo scendere a qualche compromesso con i vincoli imposti dalla sua auto-narrazione culturale e geografica, ma la voglia di tornare, di percorrere i vicoli di Napoli, lo sappiamo, nun se ferma mai.