“Le condizioni materiali dell’esistenza determinano in modo quasi esclusivo e scelte che l’individuo compie, anche sul piano dei sentimenti”.
È questo l’assunto di base che anima le pagine de L’evasione impossibile, un libro forte, il diario di una lotta. Ed è anche il principio che ha determinato la vita del suo autore.
Sante Notarnicola nasce nel 1938 nella Puglia rurale del dopoguerra, in un contesto economico e sociale difficile in cui la miseria è resa ancora più dura da una mentalità ristretta e piena di pregiudizi. Quando il padre abbandona la madre – Sante ha 9 anni – la donna non riesce più a trovare un lavoro dal momento che viene considerata la causa del disonore familiare, ed è costretta ad “emigrare” a Torino, lasciando i figli in Puglia. Sante trascorre l’infanzia in un Istituto fino a quando, a 15 anni, raggiunge la madre in quella che all’epoca era la città più proletaria di Italia, precisamente nel quartiere Barriera di Milano, dalle solide tradizioni di lotta.
E così inizia la sua militanza nella FGCI, poi nel PCI, quando il partito era ancora un luogo di militanza e costruzione di un’alternativa alla società capitalistica e alle sue ingiustizie.
Nel momento in cui, però, il partito sceglie la via istituzionale e riformista, e tradisce e disconosce la causa rivoluzionaria, il senso di delusione, abbandono e frustrazione, in Sante diventa la molla per compiere una scelta coraggiosa: prendere la strada della lotta concreta. Insieme a Piero Cavallero, Adriano Rovoletto e Danilo Crepaldi decidono di essere “i precursori della lotta armata”. Inizia così la stagione delle rapine intese come strumento per riappropriarsi del capitale sottratto dalla “società dell’ingiustizia”. Il primo obiettivo è la Fiat, seguono poi le banche. Nel corso dell’ultima rapina, alla banca di Milano, il gruppo viene intercettato per caso dalla polizia; Cavallero e Notarnicola restano nascosti per una settimana. Poi l’arresto, all’indomani di una terribile notte in cui Piero Cavallero confessa di non credere più alla causa, e di aver agito non per finanziare la lotta proletaria, ma per ribellismo personale. Per Sante Notarnicola è una delusione bruciante.
Condannato all’ergastolo, in prigione comincia la sua lotta contro la riforma carceraria e i metodi repressivi dell’epoca, organizza un movimento di protesta che in breve si estende a tutte le carceri del Paese: “Volevamo conquistarci il diritto di non compiere più reati”. Questa lotta gli costa l’isolamento nel carcere di Volterra prima, di Noto poi. Ma non demorde e continua a denunciare le ingiustizie del sistema carcerario su Lotta Continua e attraverso “Soccorso Rosso”. Intanto scrive poesie e il resoconto dettagliato della sua vita in carcere, L’evasione impossibile, appunto.
Seguono anni difficili: la strage di Alessandria, il fallimento di Lotta Continua, la lotta armata, le BR, i Nap. Il sequestro Moro vede Sante nella lista dei compagni di cui le BR chiedono la scarcerazione in cambio del rilascio del segretario della DC. Sante Notarnicola viene trasferito in isolamento a Nuoro e subisce pesanti pressioni e ricatti ma non cessa mai di battersi per il miglioramento delle condizioni carcerarie.
La sua detenzione si trasforma in regime di semilibertà nel 1987. Nel 2000 viene liberato e attualmente gestisce il pub Mutenye a Bologna.
L’evasione impossibile racconta tutto questo, ma è molto più di un resoconto autobiografico. È la testimonianza viva di un modo di stare nel mondo che sembra impossibile oggi: a 16 anni, Sante Notarnicola crede in un’idea, e non è un’idea legata a velleità personali – per intenderci: non è il sogno del ragazzino che vuole diventare CR7 – Notarnicola crede in una società giusta, in cui tutti abbiano le stesse possibilità: “Per me essere comunisti è l’unico modo di essere uomini”. E non solo ci crede, ma pensa a come realizzarla concretamente.
Nel momento in cui viene incarcerato, questa sua situazione non lo porta a concentrarsi solo su se stesso ma a continuare la lotto per una società più giusta su un altro piano: “Un militante, ovunque si trovi, in qualsiasi condizione, resta tale [...] e il suo compito è preciso e invariato: lavorare per migliorare le persone e l’ambiente che lo circonda, senza curarsi molto della sorte personale” . Non si sente un criminale: “Mi si indica come esempio del Male mentre i fatti che voi oggi giudicate, l’uomo che io ero, altro non sono che il prodotto di questa società borghese, corrotta e malvagia, questa società che pone i poveri di fronte ad un’unica alternativa (e qualche volta nemmeno a quella): lo sfruttamento o il carcere. Se io sono un criminale, e lo nego apertamente, sono esattamente quale voi mi avete fatto”, “La criminalità consiste nell’egoistica ricerca del profitto e del successo a ogni costo, nella sopraffazione dei deboli, nello sfruttamento legalizzato, e tutto ciò è roba vostra”.
Indipendentemente da come la si pensi rispetto a determinate idee, L’evasione impossibile è un libro da leggere per più di una ragione. Innanzitutto perché è una storia vera come un tempo ce n’erano tante nel nostro Paese, storie di giovani che si battevano per gli altri, che restavano coerenti con se stessi fino alla fine, che non cambiavano bandiera a ogni spirare di un vento nuovo, che non avevano i social e riuscivano a parlare al mondo intero anche dall’isolamento di un carcere.
Ma questo è un libro da leggere anche perché testimonia un impegno concreto e una visione concreta delle cose, laddove spesso l’accusa che si muove a chi crede nei cambiamenti rivoluzionari è proprio quella di non avere i piedi piantati per terra, di non aver contezza della realtà materiale. Per Notarnicola, il punto di partenza concreto è il proletariato che “non è solo una categoria analitica. È l’insieme disperso di milioni di intelligenze e sentimenti che il bisogno sollecita quotidianamente a trovare soluzioni concrete per problemi terribilmente concreti”.
Infine, è un libro da leggere perché non è il resoconto di una vittoria e tuttavia non porta in sé la tristezza del fallimento quanto piuttosto la tenacia nel voler perseguire uno scopo, al di là dell’esito finale, la determinazione, il restare coerenti fino in fondo con se stessi: - “Non rimpiango di essermi ribellato contro i padroni, rimpiango di averlo fatto fuori tempo, in modo sbagliato” - la capacità di lottare per gli altri e di essere liberi anche dentro un carcere.