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REVIEWSLE RECENSIONI
Les Chants De L'Aurore
Alcest
2024  (Nuclear Blast)
IL DISCO DELLA SETTIMANA METAL / HARD ROCK POP
9/10
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08/07/2024
Alcest
Les Chants De L'Aurore
Maestri indiscussi del blackgaze, i francesi Alcest tornano con un disco che trabocca di luce, e lo fanno attraverso sette canzoni, le cui melodie cristalline trovano sempre la strada che porta dritta al cuore.

Il francese Neige, padre padrone del progetto Alcest, è un artista dal talento immenso, forse troppo sottovalutato rispetto a venticinque anni di carriera in cui ha dato lustro al blackgaze, un genere meticcio nel quale confluiscono metal, shoegaze e post rock. Giunto al sesto album in studio, il quarantenne polistrumentista sforna uno dei suoi dischi migliori (ma quali non lo sono?), in cui, come sempre, è il vibrante impatto emotivo a essere la chiave di lettura. 

Les Chants de l’Aurore, rispetto ad altri episodi precedenti, è però un disco traboccante di luce e di colori, un album in cui l’ago della bilancia pende dalla parte di un’emotività gioiosa. Le sette canzoni in scaletta fluiscono e rifluiscono, illuminandosi di lampi melodici accecanti, che poi si dissolvono nella quiete avvolgente di una natura, richiamata, fin dal titolo, dalla misteriosa bellezza dell’alba.

Chitarre riverberate e stratificate, muri di elettricità che si sgretolano di fronte alla potenza invasiva di un tessuto melodico solo a tratti scartavetrato dal furore improvviso di inserti di screaming, mutuati dal black metal, e da un drumming infuocato, che però nulla toglie alle suggestioni cinematografiche e al candore di momenti introspettivi dolcissimi.

 

Il disco si apre con "Komorebi", termine giapponese che indica la luce che filtra, che tocca l’anima concedendo pace dopo giorni travagliati. Un’esplosione di felicità, il sole che lentamente sorge all’orizzonte in tutta la sua maestosa bellezza, il ritorno alla vita, l’oscurità di brutti sogni che si dissolve nella luminosa carezza dell’astro nascente. Senza rinnegare il proprio approccio shoegaze, il drumming furibondo di Winterhalter e le chitarre che debordano di elettricità, Neige tratteggia un delicato paesaggio naturistico, che trabocca di positività, mentre voci angeliche accompagnano un finale trasognato.

La successiva "L’Envol" si muove sulle stesse coordinate, il riff di chitarra è melodicamente concupiscente, i momenti di stasi, le chitarre riverberate, l’arpeggio sottile di un’acustica che compare all’improvviso suggeriscono un volo a braccia aperte nell’immensità del cielo, e, poi, una caduta libera, in picchiata dalle nuvole. E quando il suolo si avvicina, il cuore è ebbro di gioia, mentre cresce l’estasi di uno schianto emotivo che lascia senza fiato.

In "Amethyste" le trame si fanno poco più ruvide, l’intreccio più complesso, la batteria accelera, le chitarre prendono fuoco, mentre la voce di Neige gioca tra timbro pulito, che spinge verso la luce, e lo screaming che, prima, in lontananza, evoca la tenebra come un dolore obliato che ritorna, e poi, più da vicino, trova spazio, furente, in un luminoso arpeggio in cui respira una melodia senza tempo.

 

"Flamme Jumelle" è addirittura spiazzante, trasforma in oro l’elettricità sfilacciata di un dream pop declinato con una sapienza che lascia senza fiato, mentre "’Enfant De La Lune" è un continuo sali scendi, in cui il furore black metal divampa come un incendio e intorno, a ondate, arrivano emozioni indecifrabili, la voce si fa languida, quasi soave, prima che il drumming si faccia battente e spinga verso una luce sfolgorante, quasi mistica.

Se la breve "Riminiscence" si muove leggiadra sulle note di un pianoforte e sul ronzio di un violoncello, aprendo le porte a suggestioni classiche, e la conclusiva "L’Adieu" suona come una transizione aggraziata dalla luce accecante del giorno alla frescura della sera, il sole che tramonta in lontananza, la magia dell’ora blu che avvolge di sentimento il nostro cuore finalmente pacificato.

 

Potremmo definire Les Chants de l’Aurore come un disco concettuale, che rappresenta il trionfo della luce sull’oscurità, la rivincita della natura sull’orribile realtà che ci circonda, un ritrovato predominio della poesia sul prosaico scorrere dei giorni. Forse, però, si toglierebbe respiro a queste sette scintillanti composizioni, si farebbe un torto a questo album meraviglioso, la cui forza evocativa centra in pieno il bersaglio più importante che si prefigge la musica: emozionare.