I’m Southern, la canzone che apriva il disco d’esordio dei The Cadillac Three (The Cadillac Three, 2012: in Europa, però, è stato rilasciato col titolo Tennesse Mojo), la dice lunga sulla visione musicale della band originaria di Nashville. La carriera iniziata nel lontano 2005 sotto la ragione sociale Bang Bang Bang, poi mutata in American Bang, e proseguita sotto la nuova egida TCT, è sempre stata improntata a un’idea basilare di country rock carico di afrori sudisti e pronto a gettarsi nelle acque limacciose del Mississippi dal trampolino di ruvidi riff hard blues. Una proposta non particolarmente innovativa, ma che ha riscontrato l’apprezzamento del pubblico pagante soprattutto per il loro primo album, nel quale, guarda un po’ che coincidenza, ci aveva messo la manina santa Dave Cobb, re Mida del rock a stelle e strisce e vincitore di un paio di Grammy Awards con Chris Stapleton e Jason Isbell. Il successivo Bury Me In My Boots (un titolo rafforzativo della più classica iconografia sudista) debuttò alla piazza numero 5 della classifica Billboard Country, vendendo benissimo la prima settimana, ma non riuscendo a confermare complessivamente il riscontro di vendite dell’esordio. Questo nuovo Legacy non cambia di molto le carte in tavola: i The Cadillac Three si confermano come band ruspante che tiene uno stivale nella tradizione country e uno in quella rock, rileggendo la miscela con uno sguardo smaccatamente sudista. Eppure, alla resa dei conti, Legacy è un disco un po’ insipido, che non suona country come potrebbe, né rock come qualche grintoso riff di chitarra (Cadillacin’, Tennesse) vorrebbe far intendere. Il mood dell’album, infatti, è prevalentemente quello della ballata elettroacustica che strizza l’occhio al passaggio radiofonico. Nulla che si faccia ricordare davvero, a parte la convincente Love Me Like Liquor, in duetto con Lori McKenna, e un disco che scivola via senza grandi sussulti per i trentacinque minuti di durata. Minimo sindacale, sufficienza stiracchiata.