“Onda” in coreano significa “arrivare” e nonostante sia stata scelta come titolo più a causa del suo significato in spagnolo (e italiano, ma loro evidentemente non lo sapevano), tale parola è la più significativa per descrivere il percorso del collettivo asiatico. Che magari non sarà arrivato in maniera definitiva che, con questo suo terzo lavoro in studio, ha senza dubbio dimostrato di aver appreso parecchie lezioni e di poter divenire una realtà solida nel mondo del Post Rock. Tutto questo provenendo da un paese che, per storia e tradizione, con un certo tipo di proposta non ha mai avuto grande dimestichezza. Eppure, nonostante tutto, si stanno guadagnando un ruolo internazionale di tutto rispetto, esibendosi nei festival che contano (sono stati a Coachella e nei prossimi giorni li vedremo a Porto, nella versione portoghese del Primavera Sound) e finendo sempre più spesso sulla bocca degli appassionati. Il tutto senza copiare modelli già esistenti ma anzi, recuperando tutta una tradizione del loro paese per rileggerla in chiave moderna. In attesa di vederli in Italia (confido che prima o poi capiterà) abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro.
“ONDA” è il vostro terzo disco ed è sicuramente un ottimo lavoro. In quale misura, secondo voi, si differenzia dai lavori precedenti e ne rappresenta una naturale evoluzione?
Boni Kim: Penso sia molto più strutturale e melodico del precedente.
Eunyong Sim: Credo che la musica sia diventata più luminosa rispetto al nostro disco precedente. È diventata anche più ritmica e più dinamica per cui quando la suoni, lo fai in maniera più razionale che emozionale. Inoltre, penso che le parti vocali siano migliorate e che la componente tridimensionale del suono abbia giocato un ruolo importante nel rendere questo un disco perfetto.
Ilwoo Jee: Ho realizzato i due lavori precedenti dominato dalla rabbia o più in generale da emozioni negative. Ma questo l’ho scritto sotto la spinta di emozioni positive, anche se qualche canzone contiene ancora parecchia rabbia. Inoltre, ho aggiunto più voci rispetto al passato: penso che le parti cantate e i testi abbiano molto potere.
È un disco molto pesante in certi momenti ma, allo stesso tempo, ci sono anche atmosfere più tranquille e contemplative. Ditemi qualcosa riguardo al processo di lavorazione: in che modo scrivete le vostre canzoni? Ed in che modo selezionate le varie idee che vi vengono?
IL: Di solito sono io che scrivo la musica, diciamo il 99% del materiale è roba mia. Per questo terzo disco, ho imparato a suonare il geomungo, che è un grosso strumento a corde e questo è stato utile a canalizzare al meglio la mia ispirazione. In precedenza, ero solito comunicare con la voce agli altri le mie idee ma a volte non funzionava in maniera corretta. Per cui ho registrato tutti gli strumenti tranne l’haegeum, che ha delle corde corte e ho mandato il tutto agli altri membri; dopodiché abbiamo provato tutti insieme. Per quanto riguarda le fonti, cerco sempre di prendere idee da altri, dalla musica, dai film, dai videogiochi… qualunque cosa ed in qualunque posto! Inoltre, mi piace camminare, cammino tutto il giorno e tante idee mi vengono proprio mentre mi muovo. Oppure mentre sto seduto alla scrivania con la mia chitarra o il piri, che è un flauto di bambù.
BK: Come Ilwoo ha appena detto, è lui che scrive tutti i pezzi. Mi ha suggerito qualche idea per l’haegeum e io le ho provate in vari modi, cercando di trovare la soluzione migliore. Dopodiché, scegliamo tutti assieme.
Avete detto di aver aggiunto più parti vocali rispetto al passato: qual è il ruolo di queste nelle vostre composizioni? E soprattutto: come decidete se in un certo contesto ci stanno bene o meno?
IL: Non sono un cantante per cui direi che le parti vocali non hanno un ruolo predominante. Diciamo che, indirettamente, prendo ispirazione da diverse fonti, anche molto diverse tra loro. In particolare, per questo disco sono stato influenzato dalla tradizione religiosa, sia dai canti gregoriani che dalla musica buddista (Adhan e Beompae), piuttosto che dalle band giapponesi Envy e Tetsu From.
Ditemi qualcosa di “In the Woods”, che è indubbiamente la mia traccia preferita del disco…
IL: L’ho scritta nel 2008 per un concerto per piri che ho tenuto per gli studenti della mia università. Quando l’anno successivo abbiamo formato la band, l’abbiamo ripresa, arrangiandola noi tre assieme. L’abbiamo chiamata “In the Woods 2” e l’abbiamo inserita nel nostro primo Ep. Era ovviamente una versione molto diversa rispetto all’originale, che conteneva parti di piri, batteria, basso, violoncello e molti altri strumenti, mentre noi all’epoca eravamo solo in tre. Nel 2017 il gruppo si è allargato con l’ingresso di un bassista e di un batterista, per cui abbiamo ripreso quel brano, riarrangiandolo per cinque strumenti. Penso che questa sia una sorta di versione “1.5”, abbastanza simile a quella originale ma allo stesso tempo con alcuni colori che appartenevano alla 2.
Un’altra canzone che mi ha molto colpito è “ONDA”, la title track. Ho apprezzato un certo feeling corale all’interno del brano…
IL: “ONDA” è il mio pezzo preferito del disco. Mi sono ispirato al Grand Canyon e ad altre simili meraviglie della natura. Quando l’ho scritta ero in uno stato particolarmente ansioso riguardo al futuro della band. Eravamo insieme da circa dieci anni ma a soldi non eravamo messi benissimo per cui mi sono detto: “Possiamo farlo ancora per molto? Scriverò ancora musica in futuro?”. In quel periodo abbiamo fatto il tour americano e ho avuto modo di visitare il Grand Canyon e molti altri posti enormi come quello. Quando ho visto quel panorama all’alba, immediatamente una grande pace si è impadronita di me e ho pensato: “Visitare questo posto era uno dei miei più grandi sogni, adesso sono qui, sto visitando il Grand Canyon perché sono in tour negli Stati Uniti coi Jambinai”. Avevo dovuto mollare il mio lavoro per i Jambinai ma se non lo avessi fatto, non mi sarei mai trovato lì. I soldi sono importanti ma il gruppo mi ha dato un sacco di cose in più, come ad esempio visitare molti dei posti che avrei voluto visitare e incontrare tantissima gente. Per questo, dopo il tour americano ho ritrovato le motivazioni necessari per continuare con la band. E ho voluto condividere queste sensazioni con gli altri membri del gruppo perché avevo l’impressione che si sentissero stanchi e provati anche loro. Ho dunque scritto questa canzone per offrire un po’ di pace e consolazione a tutte quelle persone che faticano ogni giorno per rendere la propria vita migliore.
Prima avete nominato l’haegeum e il geomungo, due strumenti tradizionali che sono stati molto importanti nella realizzazione di questo disco e nella sua economia sonora. Mi pacerebbe saperne di più…
BK: L’haegeum è un violino tradizionale coreano. Ha due corde di seta e l’archetto è fatto di crine di cavallo, come quello del violino. L’haegeum non ha nessun modo per differenziare le note sul manico, per cui è tutto lasciato alla sensibilità di chi lo suona, cosa che ovviamente lo rende parecchio duro da padroneggiare ma allo stesso tempo ti offre molta libertà. Credo che dia un effetto strano, molto noisy ma anche sciamanico, in un certo senso…
ES: Il geomungo invece è stato inventato nel VII secolo da un musicista coreano di nome Wang San-ak. È uno strumento dotato di sei corde di seta fabbricate a mano, che si suona utilizzando una sorta di bastoncino di bambù. Di solito lo si suona per terra, seduti sul pavimento. Il corpo di questo strumento è vuoto e la parte superiore è fatta con legno di paulownia. Il fondo invece è fatto con legno di nocciolo. Ha uno spettro sonoro profondo, unico, pacifico ma allo stesso tempo potente.
IL: Ho visto in rete alcuni video dei Godspeed You! Black Emperor. Usano violino, violoncello assieme alla batteria, il basso e la chitarra. E il violino e il violoncello sono strumenti tradizionali europei. Questa cosa mi ha colpito al punto che ho voluto introdurre strumenti tradizionali coreani ma in maniera attuale, non solo rivolta al passato. Per cui ho incorporato il loro suono all’interno di una musica che potrebbe anche essere definita metal e ci ho scritto sopra la maggior parte delle canzoni: puoi sentire anche il piri e il taepyeongso, che erano già presenti sui dischi precedenti, mentre in “ONDA” c’è anche il Seang Hwang. Questi sono i miei strumenti! Molti li associano ad esecutrici ma in realtà a me piace tantissimo suonarli!
So che vi siete esibiti alla cerimonia di chiusura dei Giochi Invernali di Seoul: com’è andata? E soprattutto: come ci siete finiti dentro?
BK: Il direttore musicale della cerimonia era il nostro professore quando eravamo all’università. È stata un’esperienza meravigliosa. Non mi è mai capitato di suonare davanti ad una folla così grande!
IL: Io e questo professore siamo molto in contatto e lui ha questa idea di cambiare la percezione della musica tradizionale coreana ed è convinto che i Jambinai siano in grado di portare una sorta di nuova ondata di questa musica. È stata una grandissima esperienza, mi sono sentito come un membro di una band famosa, tipo i Metallica!
ES: È stato emozionante esibirci su un palcoscenico così importante e un onore condividerlo con 80 suonatori di Geomungo.
Jaehyuk Choi: È stato un grande onore essere parte di un evento internazionale di questa portata ed abbiamo apprezzato molto anche tutto il processo di preparazione. La settimana prima della cerimonia è stato praticamente come avere un party tutti i giorni!
Oltretutto avete suonato e suonerete anche tantissimo nei festival in questo periodo, anche cose molto grosse come Coachella e NOS Primavera Sound a Porto…
JC: Il Coachella è stato veramente grande! Avrei davvero una grande voglia di ripetere quella esperienza!
IL: Esatto! E siamo davvero impazienti per le nostre prossime esibizioni!
Sono curioso di come sia vivere nella Corea del Sud e come sia la scena musicale dalle vostre parti…
BK: Amo il mio paese. Il cibo è davvero buono, il costo della vita non è alto, c’è tanta natura, non abbiamo molta criminalità, è parecchio sicuro da girare, anche di notte. L’unico problema è che in questi ultimi anni l’inquinamento dell’aria è davvero terribile. A parte questo, io sono contento. La scena musicale invece è più che altro focalizzata sul K-Pop, come penso tu sappia. Abbiamo però anche noi una grande varietà di generi e tanti ottimi musicisti.
IL: Diciamo che il Pop anni ’80 al momento rappresenta il fulcro dell’attuale scena coreana. Ovviamente anche il K-Pop è molto forte. Ma vanno bene più o meno tutti i generi, ci sono tante piccole scene che funzionano.
Da ultimo, mi piacerebbe capire se avete dei piani per venire in Italia, nel prossimo futuro…
IL: Verremo in Italia se l’Italia ci chiamerà, per il momento questo è accaduto una volta sola, purtroppo. Per favore, chiamateci di più!
BK: Mi piacerebbe davvero tantissimo venire in Italia! Per favore, ascoltate la nostra musica, così potremo venire!