Cerca

logo
TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Late For The Sky
Jackson Browne
1974  (Asylum Records)
CLASSIC ROCK
all TRACKS
20/05/2019
Jackson Browne
Late For The Sky
Sgravate dal peso insostenibile del melodramma, le canzoni di Late For The Sky possiedono una soggettiva consolatoria e minimale, e giungono alle nostre orecchie come un’esperienza comune, condivisa

Late For The Sky è il disco che parla del divorzio di Jackson Browne dalla sua prima moglie, un’opera che si concentra quindi sulla fine di un amore, che racconta la rielaborazione del lutto affettivo, soffermandosi su tutto il corollario di emozioni e sentimenti che la separazione comporta: infinita tristezza, rammarico, risentimento, incomprensione, astio.

Eppure, nonostante il mood depresso, non c'è una nota di esasperazione, nessuna traccia di melodramma, nessun tentativo di enfatizzare. Ogni singola canzone è dipinta, invece, con i colori tenui del pastello e con una nostalgica delicatezza nell'esposizione dai connotati quasi colloquiali. E’ come se l'urgenza di esprimere una sofferenza immensa, trovasse nella musica un sorta di romito intimista e di successiva catarsi, come se l’autore, ben lungi dal voler convincere l’ascoltatore, cerchi semmai di spiegare a se stesso per far comprendere anche ad altri e universalizzare così il messaggio.

Sgravate dal peso insostenibile del melodramma, queste canzoni possiedono una soggettiva consolatoria e minimale, e giungono alle nostre orecchie come un’esperienza comune, condivisa. Mai sopra le righe, Browne esprime le proprie debolezze, si mette a nudo, con pudore e onestà, parla della fine di un amore con le parole e il trasporto che tutti abbiamo provato in circostanze analoghe. L'amore, che non c'è più, anche se vorresti non fosse così; il male che lei/lui ti ha fatto, il risentimento per questo dolore destabilizzante, la nostalgia dei bei momenti che non torneranno, la mancanza di una voce, di un corpo, di un odore, il pungolo della gelosia.

Otto canzoni che scavano sommessamente nel lato oscuro dei sentimenti, senza che, però, il rancore prenda il sopravvento, lasciando al cuore il tempo per rigenerarsi, in una catarsi emotiva che tutto risolve con un sorriso amaro, eppure mai cinico. Chi ha vissuto certe disillusioni affettive non può non commuoversi alle lacrime ascoltando il testo della title track.

"Guardandoti dritto negli occhi”, canta sommessamente Browne, “non ci vedevo nessuna faccia conosciuta. Che vuota sorpresa sentirsi da soli. Adesso certe parole vengono fuori facili. Ma so che non significano poi tanto se penso alle cose che si dicono due amanti quando si toccano". Difficile davvero esprimere con tanta grazia i ricordi che restano di un amore ormai finito, la nostalgia per l’assenza di una persona che ti ha accompagnato per anni e che ora appare solo come un'estranea.

Quanto è sobrio e delicato, Browne, nel descrivere la pena, con quell'incipit per pianoforte e chitarra, miracolosamente fuse in un unico mestissimo lamento, reso ancora più lirico da David Lindley che con la sua scintillante sei corde ci regala un assolo indimenticabile: misurato, tecnicamente ineccepibile, pregno di una sincera emozione che cresce a ogni tocco di plettro.