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REVIEWSLE RECENSIONI
27/09/2019
Last Temptation
Last Temptation
Amanti dell’hard rock vintage di tutto il mondo unitevi! L’esordio sulla lunga distanza dei Last Temptation, infatti, susciterà in voi la medesima eccitazione di un bimbo di fronte al bancone di una pasticceria.

Questo disco, ve ne accorgerete subito, potrebbe essere stato inciso tranquillamente nel secolo scorso, magari in un decennio compreso tra la metà degli anni ’70 e la metà degli ’80, e gli unici tocchi di modernità, quando ci sono, richiamano al massimo la decade successiva.

La band fondata dal chitarrista Peter Scheithauer (Killing Machine, Belladonna, Temple of Brutality) e dal cantante Butcho Vukovic (Watcha, Showtime) impasta un roccioso hard rock, virato spesso verso sonorità di classic metal, pescando a piene mani fra suoni e attitudini di grandi del genere quali Rainbow, Black Sabbath, Deep Purple, Ronnie James Dio e Ozzy Osbourne. La presenza in studio, poi, di sessionisti dal lungo e nobile pedigree, come Bob Daisley (Ozzy Osbourne, Gary Moore, Rainbow) al basso, Vinny Appice (Dio, Black Sabbath) alla batteria, e Don Airey alle tastiere (Deep Purple, Rainbow) insuffla di energia un suono altrimenti datato e alza di parecchio il tasso tecnico dell’esecuzione.

Tutto già sentito e risentito, diranno prevedibilmente i detrattori, ed è quasi impossibile dar loro torto. Ogni brano è una cavalcata elettrica basata su un riff roccioso, su cui si dispiega il cantato e una sequenza micidiale di assoli, la sezione ritmica (con il grande Vinny Appice sugli scudi) è martellante, e la voce di Vukovic possiede un timbro che evoca a ogni piè sospinto quello di Ozzy Osbourne.

Tuttavia, a dispetto di un canovaccio prevedibile (ma non logoro), non sfuggirà agli appassionati di genere, che questa band possiede un tiro superiore a molte altre che si limitano al più classico dei copia incolla: il disco fila come un treno in corsa per tutti gli undici brani in scaletta (e nonostante la lunga durata del disco, ben cinquantatré minuti, non c’è un momento di cedimento), i cinque stanno sugli strumenti con piglio da ventenni, e le composizioni, pur non possedendo lampi di originalità, sono tutte incredibilmente buone. Valore aggiunto per chi ama un approccio duro e puro, poi, è che le melodie, pur presenti, si inchinano di fronte alla potenza delle esecuzioni e che, in tutto il disco, non c’è nemmeno l’ombra di un momento più raccolto o intimo, un lentone o una ballata.

I Last Temptation non smettono di randellare, a partire dai sei minuti sparati di I Win I Loose, per continuare con il singolo spacca ossa Blow A Fuse, in cui Ozzy Osbourne è più di una semplice fonte d’ispirazione, gli echi Deep Purple di Coming For You, o la splendida Nobody Is Free, il cui cupo riff invischiato di psichedelia e il cantato raddoppiato chiamano in causa addirittura gli Alice In Chains.

Insomma, un disco dall’ossatura decisamente vintage, ma dalla muscolatura guizzante e ben tonificata. Chi ama il genere, non resterà deluso.


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