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MAKING MOVIESAL CINEMA
L'arte della felicità
Alessandro Rak
2013  (Mubi)
ANIMAZIONE
8/10
all MAKING MOVIES
30/01/2023
Alessandro Rak
L'arte della felicità
L'arte della felicità è il primo lungometraggio d'animazione a cura di Rak, un discorso universale sul dolore della perdita, degli affetti, sull'accantonare le passioni di una vita e sugli antidoti ai quali si può ricorrere per non cadere nell'apatia, sullo sfondo di una Napoli inedita, piovosa e quasi apocalittica, ma immersa sempre in una musicalità avvolgente.

Interessante realtà nostrana quella che ruota intorno al napoletano Alessandro Rak, uno dei fondatori dello studio Rak&Scop di stanza nei quartieri spagnoli di Napoli con il quale Rak ha prodotto animazione, fumetti, video musicali (24 Grana, Bisca) e altro ancora.

L'arte della felicità è il primo lungometraggio d'animazione a cura di Rak, seguiranno poi ancora Gatta Cenerentola e il recente Yaya e Lennie - The walking liberty uscito lo scorso anno. Sceneggiato con toni in parte autobiografici da Luciano Stella, il film prende il titolo dall'omonima manifestazione culturale nata a Napoli per volere dello stesso Stella per divenire poi, in seguito a un'elaborazione in fase di scrittura, un discorso universale sul dolore della perdita, degli affetti, sull'accantonare le passioni di una vita, quelle che quella vita permettono di riempirla e anche, in qualche misura, sugli antidoti ai quali si può ricorrere per non cadere nell'apatia, nelle depressioni, nel baratro di dolori troppo grandi e strazianti da affrontare con la dovuta lucidità. Tutto questo accade sullo sfondo di una Napoli per lo più inedita, molto piovosa, quasi apocalittica e mai solcata da un raggio di sole (da una pizza, da un mandolino, a sfatare i luoghi comuni) immersa però in una musicalità sempre affascinante e avvolgente.

 

A Napoli piove, piove a dirotto, come a incorniciare una situazione climatica tetra e avversa che ben rispecchia l'umore (nemmeno troppo passeggero) di Sergio, un tassista rinchiuso nell'abitacolo della sua automobile per tutta la durata del giorno; un'auto zozza, in disordine, dove si accumulano i rifiuti e si avvicendano passeggeri e storie capaci di aprire spiragli o lanciare frecciate di senso dentro al guscio di dolore di Sergio, che col suo mestiere di tassista si sta autoinfliggendo un esilio nella tristezza, il taxi come un veicolo di sofferenza dovuta all'incapacità di superare la perdita dell'amato fratello Alfredo.

Quest'ultimo è partito da tempo immemore alla volta del Tibet per seguire un percorso insieme ai monaci buddhisti, alle spalle lascia un fratello minore che ha ancora vivi tutti i ricordi di un'infanzia condivisa, gli sfottò del fratello più grande e soprattutto quella passione comune per la musica che è finanche impossibile da valutare per Sergio, tanto era preziosa e tanto capace di dare un senso vero all'esistenza dei due fratelli napoletani.

Poi accade qualcosa, il Tibet, e così Sergio non solo perde Alfredo ma in qualche modo perde anche la musica, la voglia viscerale di avere proprio quella vità lì, a poco valgono tutti gli sforzi del fratello maggiore (ormai le videochiamate si fanno anche dai monasteri buddhisti) per cercare di convincere Sergio a non buttare la sua vita, a non punirsi e a cercare quella felicità alla quale Sergio sembra ormai aver rinunciato.

 

Alessandro Rak, insieme ai suoi collaboratori, compie il salto non facile dal disegno fermo a quello animato trovando uno stile molto felice che ben si sposa con una narrazione del reale. A un primo sguardo la cifra di stile messa in campo per realizzare questo L'arte della felicità fa in qualche modo pensare a tecniche come quella del rotoscopio, un processo con il quale la recitazione di attori in carne e ossa viene in seguito girata in animazione. Invece qui si è usata pura animazione riuscendo a trovare un realismo impressionante, un lavoro che rende merito alla scuola italiana in un campo dominato da produzioni estere, statunitensi soprattutto e giapponesi, con risultati di tutto rispetto.

Al di là dell'ottima realizzazione tecnica L'arte della felicità mette in campo movimenti interiori ricchi e complessi, riuscendo a commuovere in diversi passaggi e ad avvincere grazie alle invettive di Sergio, allo scavo sul rapporto con un fratello ormai lontano che tanto ha significato per il protagonista. Gli incontri con i passeggeri del taxi regalano sempre qualcosa, uno spiraglio, attimi di consapevolezza, bella la figura dello zio Luciano, graziato dalla voce di Renato Carpentieri; a questo proposito si è attinto a belle voci della tradizione napoletana, oltre a Carpentieri anche l'indimenticabile Nando Paone, e poi Lucio Allocca, Patrizia Di Martino, Renato Polizzy Carbonelli (tutti dall'ormai storico Un Posto al Sole).

Molto importante l'accompagnamento musicale che ci conduce attraverso una Napoli poco battuta, funestata dalla pioggia, da un po' di sconforto e da cumuli di immondizia, specchio esteriore di un disagio dell'anima. Ottimo risultato per quello che è a tutti gli effetti un esordio, urge quindi il recupero delle opere successive di questo autore da tenere sicuramente d'occhio.