Nati su impulso del chitarrista Jesus Acedo (da Tucson, Arizona), i Black Sun Ensemble costituiscono un curioso sincretismo fra psichedelia sudista (caratterizzata dal chitarrismo canicolare di Acedo) e le più varie influenze tipiche della world music (cadenze mediorientali, zingaresche, nordafricane).
La pletora di ascendenze (arabe o mediorientali: “Arabian Nights”, “Celestial Cornerstone”; indiane: “Three Picks In A Bottle”; spagnoleggianti: “The Burning Lamp”…) rischiano continuamente la derubricazione a giuochi di bravura fini a sé stessi, ma, come detto, il lavoro del leader riesce a raggrumare sotto lo stesso tono l'eterogeneità del materiale.
Il capolavoro rimane, a distanza di anni, “Leviathan Song”; nell'anno di uscita il pezzo costituiva uno dei tormentoni di Radio Rock. Radio Rock, fondata nel 1985, fu, per poco più di un decennio, il tentativo più riuscito, almeno a Roma, di divulgare il rock autentico senza cedere alla gogna della pubblicità, delle playlist a comando e delle intrusioni modaiole. Vicissitudini burocratiche e giudiziarie, lotte interne, defezioni letali (sul finire degli anni Novanta) portarono al lento ed inevitabile scadimento nell'ordinarietà, nella goliardia avvilente, nella ricerca, astuta, ma di breve respiro, di cattivare la fascia media attraverso una programmazione accorta e non troppo ruvida. Tale conformismo, peraltro, spinto dal nuovo direttore (ora riposa in pace), liquidò anche anni di battaglie sociali sostituendovi un frontismo ruffiano degno dell'antipolitica più retriva e, per ciò stesso, intimamente ossequiosa al vero ordine costituito.
Prima di questo diluvio la radio, oltre a divulgare i classici, ebbe il merito di lanciare una serie di gruppi che, a distanza di anni, ancora vengono ricordati vividamente. Ricordo che, d'improvviso, le energie adoranti degli ascoltatori erano calamitate da una nuova scoperta in virtù di aspetti oggi probabilmente trascurabili: un particolare riff, un giro di tastiere, l'incrollabile entusiasmo del DJ preferito (per me, Franz Andreani, Prince Faster e Flavia Cardinali); Tangle Edge, Saqqara Dogs, Outskirts on Infinity, Plan 9 from Outer Space, Le Masque, Sister Double Happiness, Masters of Reality, Naked Prey erano alcune delle stelle più lucenti di questo provvisorio universo cult.
Certe infatuazioni d'allora possono oggi essere ridimensionate. Web killed the radio stars: nostalgia e giudizio ponderato non possono coesistere. Il profluvio di musica godibile su Internet ha ridimensionato giudizi e sconvolto le gerarchie estetiche più granitiche. Rimane un indefinibile rimpianto e la consapevolezza che, nonostante i nuovi mezzi, una guida musicale, a Roma, rimanga insostituibile. Nell'attesa ci si può riconsolare con Radio Città Aperta (FM 88.900) e con i reduci online di Radio Rock riuniti presso Radiorock.to, da cui è possibile scaricare eccellenti podcast.