Non è un'ennesima variante femminile di un classico al maschile.
Non è nemmeno una versione dal punto di vista femminile della famosa opera shakespeariana.
Non è vagamente shakespeariana, come opera, ma scritta in Russia, tratta da Lady Macbeth of the Mtsensk District di Nikolai Leskov, viene qui trasportata nell'Inghilterra uggiosa e umida di metà '800.
No, non c'è aria di pesantezza, di ricerca estetica esasperata e di trasposizione fedele, teatrale, come quanto fatto da Justin Kurzel per il lungo e freddo Macbeth quello che sì shakespeariano con Michael Fassbender e Marion Cotillard.
Lady Macbeth è un film che sorprende soprattutto per quello che non è.
Ingannano, quel titolo e quelle immagini fredde, e sorprendono, quelle immagini sì fredde, statiche, che sembrano veri e propri tableaux vivant.
E sorprende la storia, di una donna a suo modo moderna, costretta in sposa a un uomo che non la vuole, che la priva però della libertà.
Chiusa in casa, controllata dalla cameriera come dal suocero, Catherine si concede rare camminate in quella natura incontaminata e brulla che ama.
Finché non conosce Sebastian.
Non assapora la libertà e ne pretende sempre di più, concedendosi a lui, primeggiando in quella casa ora vuota.
È minacciata però questa libertà, questo amore più passionale e carnale che non fatto di sentimenti, e ogni minaccia va eliminata con il sangue, con una ferocia che non ci si aspetta, fino alla fine.
Breve e asciutto, Lady Macbeth lascia fuori ogni orpello del caso.
Come quella casa, quasi vuota, come gli abiti sempre uguali di Catherine, come quella fotografia ferma, fredda che non necessità di corse o di mostrarli il sangue, la morte.
Tutto si regge sulle bellissime spalle di Florence Pugh, che incarna una Lady Macbeth libertina e moderna, che ride e gioisce delle sue conquiste, delle sue eliminazioni, senza sensi di colpa, senza rimorsi.
Morde la vita, prendendosi quello che vuole.