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REVIEWSLE RECENSIONI
20/11/2020
Gianluca De Rubertis
La violenza della luce
Scrittura come sempre molto ispirata, che raggiunge qui probabilmente i suoi livelli più alti. A partire dall’opener “Voi mica io”, dal groove ipnotico e dal testo che getta una luce impietosa sull’egotismo contemporaneo, salvo ammettere poi che ci siamo dentro tutti

C’è una nota divertente al termine del comunicato stampa che presenta il disco: “I riferimenti soliti che tutti i giornalisti vorranno cercare all’interno delle canzoni non li rifuggo, sebbene non mi interessino. Lascio la libertà di segnalarli a chi vorrà farlo”. In effetti sembra che lo sport preferito di chi scrive di musica sia elencare generi e influenze, come se due o tre nomi in croce fossero da soli in grado di definire il progetto di una vita.

Senza peraltro tralasciare il fatto che, nel mare magnum dell’usa e getta del consumo bulimico odierno, le recensioni servono davvero a poco, giusto forse come biglietto da visita per l’artista stesso (ma in quel caso contano determinate firme, non certo la mia).

Detto questo, proveremo, per una volta, ad accostarci ad un disco senza fare paragoni di sorta, anche perché forse in questo caso non ce n’è davvero bisogno.

Gianluca De Rubertis giunge alla terza prova da solista in nove anni, nel mezzo di un cammino ricco di soddisfazioni con Studiodavoli e Il Genio. “La violenza della luce”, che arriva a cinque anni di distanza da “L’universo elegante” e a tre dal disco realizzato assieme a Roberto Dellera, è stato registrato da Lele Battista (un altro che non ha bisogno di presentazioni) nel suo Le Ombre Studio a Milano e prodotto da un team di vecchie conoscenze come Leziero Rescigno e la sorella di Gianluca Matilde, da tempo tra i suoi privilegiati partner artistici.

Scrittura come sempre molto ispirata, che raggiunge qui probabilmente i suoi livelli più alti. A partire dall’opener “Voi mica io”, dal groove ipnotico e dal testo che getta una luce impietosa sull’egotismo contemporaneo, salvo ammettere poi che ci siamo dentro tutti, proseguendo col languido romanticismo di “Solo una bocca”, il disco si muove in perfetto equilibrio tra profondità cantautorale e leggerezza Pop, indovinando praticamente tutte le melodie, senza per questo scadere nel facile cliché.

Liberatoria “Versateci del vino”, col suo ritornello anthemico, ironica e tremendamente irresistibile “Che ci facciamo noi”, dotata di un refrain davvero travolgente. E poi c’è “Pantelleria”, ricordo agrodolce di un’estate romantica, ballata ammantata di Synth, costruita su un crescendo melodico da manuale, uno dei migliori esempi di scrittura che mi sia capitato di sentire negli ultimi anni e autentico must have di questo album.

Funziona benissimo anche la title track, particolarmente baustelliana nelle intenzioni (un riferimento potete anche concedermelo, dai!) così come la delicata poesia di “Nel cuore del cuore”, inno alla bellezza del quotidiano, e la conclusiva “Dimmi se lo sai”, vera e propria epica delle emozioni e delle aspirazioni dell’essere umano.

Il tutto, aggiungiamo, confezionato a meraviglia, con un perfetto equilibrio tra dimensione elettronica ed analogica e la voce baritonale di Gianluca, mai così ispirata, a dare corpo al tutto.

In un mese dove sono usciti anche Francesco Bianconi e (soprattutto) Samuele Bersani, sarebbe un vero peccato sottovalutare questo “La violenza della luce”, che in soli ventotto minuti dimostra di non avere nulla da invidiare alle nuove fatiche dei suoi più illustri colleghi.

Per chi non ne può più dell’It Pop ma trovasse fin troppo altezzosa la ricetta del cantautorato vecchia scuola.


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