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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
26/06/2019
I Volti di Giano
La Verità prima di tutto
In anteprima esclusiva per Loudd, I Volti di Giano presentano il nuovo video "Chiudi gli occhi". “Pensiamo che cercare di accettare ciò che si è, anche le proprie imperfezioni, in parte, ci permette di godere appieno di ciò che di bello e vero questo mondo può offrire”. (I Volti di Giano)

L’accettazione è prima di tutto una consapevolezza di verità, un attestato di onestà con se stessi. Tante le filosofie in gioco che vogliono frammentare il nostro io in due o più facce, molte delle quali resteranno sconosciute al legittimo proprietario per anni se non addirittura per sempre. La ricerca di verità a volte si fa sanguinosa e alla fine diviene quiete nel raggiungimento di un equilibrio interiore, dialogo e coesistenza pacifica tra tutte queste facce che si muovono all’unisono ogni istante della nostra vita. Ad ognuno il suo…  ad ognuno la propria ricetta ed il proprio credo… ad ognuno la libertà di affrontare il problema o di lasciarlo ignorato in terra di nessuno.

Il Dio romano GIANO è rappresentato con una testa a due volti che guarda in direzioni opposte e rappresenta così l’unicità e l’incontro tra passato e futuro. Da Verona arrivano i VOLTI DI GIANO, band che a questa iconografia deve molto come molto deve alle contaminazioni che dalla fine anni ’90 ad oggi ha subito e sviluppato il grande Rock internazionale. Non hanno cliché da ripetere e anzi hanno nel sangue la voglia di lasciarsi perdere tra derive e strutture che forse non ci è tanto automatico pensarle assieme. Come in questo nuovo singolo che viene lanciato in Anteprima qui su LOUDD intitolato “Chiudi gli occhi”.

Un video diretto e prodotto da Andrea della Sala e girato con la collaborazione dalla Performer Ambra Goffi in cui si manifesta un dualismo di personalità, la difficoltà di accettarsi, la rinuncia e la mancanza di coraggio nel comprendere quanto ognuno di noi sia un unicum di ombre e punti luce. Così le maschere che indossiamo per rifiutarci di essere anche altro, così chiudi gli occhi per non vederti e per non riconoscerti nella verità che sei e dalla quale non dovresti prescindere. E tutto questo I Volti di Giano lo codificano in strofe dalle metriche hip-hop che richiamano alla mente tessiture mainstream alla caparezza maniera intervallate da incisi pop dalle melodie seducenti e non troppo trasgressive. Il tutto attraverso un suono che, con l’elettronica che a far da collante su tutto, si mostra americano, internazionale, urbano di quel rock greve di periferia e di suoni ruvidi di metropolitane dismesse… tutto senza mai discostarsi molto dal gusto popolare. E citare Rage Against The Machine e Red Hot Chili Peppers come accadrà più volte in questa intervista ci pare un passo quasi dovuto. Ma la personalità è forte, quasi quanto la responsabilità di cui si fa carico chiunque inviti l’altro a mettersi in cerca di luce affrontando il buio che vive di dentro. Sono segreti da scoprire… e non sempre conoscere i segreti fa bene al cuore. Anzi…

Io partirei proprio da una domanda che questo titolo secondo me pretende quasi d’istinto. Anche legandomi al significato tutto di questo brano, secondo voi ad occhi chiusi è possibile vedere e vedersi di più?

Nel nostro brano l'atto di chiudere gli occhi rappresenta una fuga, istintiva e quasi infantile, da qualcosa che è dentro di noi. Qualcosa che ha bisogno di uscire, di trovare un'espressione ma che abbiamo timore di ascoltare per diverse ragioni. Per paura di essere inadeguati, di infrangere le aspettative di chi ci è vicino e del giudizio delle altre persone. Quindi, nel nostro pezzo gli occhi chiusi sono l'opposto, sono il non volere vedere.

Oggi viviamo un totale alienazione tra l’essere e l’apparire. Oggi siamo totalmente dediti all’estetica dell’individuo. Secondo voi, si ha un bisogno di tornare se stessi e di rivendicare il proprio oppure la deriva ci porterà inesorabilmente in una vita fatta di maschere?

Beh, la prevalenza dell'apparire sull'essere è sicuramente una delle cifre del nostro tempo. Non sappiamo dire come andrà e dove ci porterà ma sicuramente pensiamo che ridurre ciò che si è a ciò che si appare non possa che condurre ad un grande vuoto e ad una profonda infelicità. Pensiamo che cercare di accettare ciò che si è, anche le proprie imperfezioni in parte, ci permette di godere appieno di ciò che di bello e vero questo mondo può offrire.

Nel video che lanciamo oggi in anteprima, la maschera è esplicitata come tale. L’alter ego o la verità di sé che seppellisce l’altro sé. Qui la maschera è quella di un animale… come mai questa scelta tra l’altro ampiamente usata anche da altri?

Nota: è uno scoiattolo! :)

L'elemento centrale per noi è la maschera in sé… l'animale che essa rappresenta non ha per noi un valore preciso. Come dici bene, ciò che ci sta a cuore è rappresentare plasticamente la soppressione di una parte di se stessi. Un'azione che noi scegliamo di compiere, molto spesso in modo impersonale. Un'azione che ci rifiutiamo di ammettere e celiamo dietro giustificazioni, spesso da noi confuse con il buonsenso.

Voi concentrate il messaggio su un io suddiviso in due fronti, come i volti del Dio Giano. Quindi sono solo due gli attori della scena. In realtà molte correnti filosofiche pensano che ogni individuo sia la risultate di una molteplicità di sé. Voi che ne pensate?

In quest’ottica, crediamo che i due volti possano rappresentare l'unione tra ciò che eravamo e ciò che saremo, che poi risultano essere collegati inevitabilmente da ciò che siamo ora. Noi siamo soprattutto quello che viviamo nel nostro presente. É vivere il presente che ci porta a diventare altro, a cambiare e a comporre infine il mosaico di personalità che rappresenta il percorso di ciascuno di noi.

E quindi secondo voi c’è un equilibrio da poter raggiungere? Qual è la strada migliore? Citandovi: “L’eco di quel che sei lo vuoi ma alla fine c’è sempre lei che vince…”

Sì, l'equilibrio c'è. E crediamo che sia in buona parte da ricercare nella sincerità con sé stessi. Crediamo che questa sia una delle più grandi sfide che affrontiamo ogni giorno. Trovare il coraggio di sfidare ciò che gli altri pensano di noi per accettare ciò che siamo e ciò che desideriamo. La paura che ci impedisce di fare ciò è quella che vogliamo esorcizzare con questo pezzo.

Passato e futuro. Un concetto insito nell’immaginario del Dio romano Giano. Una bi-verità, un dualismo perenne. Ma la vostra musica di facciate ne ha tantissime. Rap, Hip-hop, il pop italiano, il metal di certi suoni di drumming, elettronica che un poco mi riporta a quel certo gusto alla Muse. Potete darci delle coordinate per decodificare al meglio tutto?

Gli artisti dai quali prendiamo ispirazione sono diversi anche se la nostra ricerca ha un’origine precisa, nello specifico la band australiana Twelve Foot Ninja. Inizialmente ci siamo ispirati a loro, colpiti dall’energia e dall’originalità del loro suono ricco di contrasti. Nell’ultimo album però, i riff pesanti di chitarra (ispirati a sonorità come quelle dei Rage Against the Machine e a ritmiche tipiche del Djent), saranno principalmente accostati ad una presenza massiccia di elettronica e di metriche hip hop. I testi saranno in italiano, altra caratteristica centrale del nostro lavoro. Nella scrittura in particolare, ci ispiriamo ad artisti molto diversi. Sentiamo come nostri l’urgenza e i contenuti degli Afterhours ma allo stesso tempo amiamo moltissimo il flow di Willie Peyote, Caparezza e Salmo. Nel pezzo che presentiamo oggi, ad esempio, ci è capitato di essere accostati ai Negramaro. In questo brano crediamo che emerga bene il contrasto tra le strofe molto ritmate e ritornelli melodici che caratterizzeranno in parte il nostro album.

Tornano i soli di chitarra. Un lunga coda che quasi mi sembrava di tornare indietro nel rock anni ’90. Quindi che rapporto avete con quel tempo?

Pensiamo che gli anni ‘90 siano stati un periodo cruciale per quanto riguarda la musica rock, e il sound di band come Rage Against the Machine e Red Hot Chili Peppers ha segnato molti di noi. Possiamo dire che non rinneghiamo gli anni 90, ma da quel periodo vogliamo prendere giusto quei pochi ingredienti che ancora riteniamo attuali.

Il disco è in arrivo. Manca forse meno di un anno. Sarà un disco che nasce dalla provincia o un lavoro che vuol vivere di capitali industrializzate? Qual è il linguaggio che secondo voi sarà il futuro della musica underground italiana ormai troppo confinata alle estetiche superficiali di massa?

Eh sì, il disco arriverà nella prima metà dell'anno prossimo, anticipato da due singoli. Il primo, quello qui presentato e un secondo che pubblicheremo questo settembre/ottobre.

Questo disco nasce principalmente dall'urgenza di esprimere ciò che pensiamo sia importante e di farlo nel modo che più amiamo, ovvero suonando. Nasce sicuramente dalla provincia, dove siamo nati e cresciuti. Anche se ci piacerebbe molto che contribuisse alla crescita del nostro territorio… siamo molto allettati dalle scene di grandi metropoli, come ad esempio Milano dove stiamo cominciando a presentarci con delle prime esibizioni live.

Non sappiamo quale linguaggio sarà quello giusto nel futuro, ma crediamo che in questo nostro tempo ci sia un gran bisogno di sentire storie ed emozioni sincere, che siano esse spensierate, aggressive o introspettive, che ci aiutino a rimanere profondamente vivi. Quindi ciò che auguriamo a noi, e a qualunque musicista, è di riuscire a comunicare direttamente e sinceramente con il proprio pubblico mantenendo l’amore e il rispetto per il linguaggio musicale.


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