Per quanto ci si ostini a dire che il western sia un genere morto e sepolto, l'epopea del vecchio ovest continua a riemergere e a riaffacciarsi al grande pubblico; negli ultimi anni non solo al cinema ma anche (e soprattutto) nella serialità televisiva, grazie alla quale sono diversi i prodotti, alcuni anche di ottimo successo, che sono tornati a confrontarsi con il genere: Yellowstone, qualche anno prima Justified, ora Outer range, The english e altro ancora.
È quasi doveroso quindi, di tanto in tanto, recuperare qualcuno di questi western moderni che ci si è persi per strada, magari perché il film in questione, come accaduto a questo La proposta, al momento della sua uscita non ha sollevato entusiasmo pari alla polvere che i "cowboys" di John Hillcoat sollevano nel durissimo deserto australiano.
E se è vero il detto che vuole l'America come Paese costruito sul sangue e sulla violenza, anche il retaggio dell'Australia non scherza, almeno a quel che ne dicono gli sceneggiatori d'eccezione Nick Cave e Warren Ellis, che de La proposta curano ovviamente anche la colonna sonora, e il regista John Hillcoat: tutti gentiluomini australiani, come una buona parte del cast, diviso tra attori autoctoni e britannici, altra parte in causa nello sviluppo dell'enorme isola, come la storia ci ha da tempo insegnato.
Nick Cave, Warren Ellis, John Hillcoat... non è che ci si potesse aspettare un film allegro e spensierato e infatti La proposta è un western duro, sporco e senza fronzoli, ambientato in un outback australiano che in quanto a immaginario western poco ha da invidiare alle polverose cittadine statunitensi di fine 1800.
Sul finire del 1800, in Australia, i fratelli Burns sono a capo di una banda dedita ai più efferati delitti, questo soprattutto grazie al fratello maggiore Arthur (Danny Huston) squilibrato e violento. Siamo negli anni in cui l'esercito inglese sta cercando con la forza di conquistare e ammansire il continente australiano, e porre fine a violenze scriteriate, stupri e omicidi è il compito del Capitano Morris Stanley (Ray Winstone), di stanza in Australia insieme all'elegante moglie Martha (Emily Watson).
La tenacia del Capitano Morris gli permette di catturare due dei fratelli Burns, Charlie (Guy Pearce) e il minore Mikey (Richard Wilson), più fragile e meno pronto a subire e sopportare le violenze che anche l'esercito inglese è in grado di perpetrare per raggiungere i suoi scopi. Così, per porre fine a un'era di truce anarchia, il Capitano Morris fa una proposta a Charlie, all'apparenza il più ragionevole dei fratelli Burns: Charlie dovrà portare a Morris la testa di suo fratello Arthur per aver salva la vita e la libertà, la sua e quella del fragile fratello minore Mikey. Una proposta che vale la pena ponderare vista l'insensata discesa nella violenza in cui Arthur ha trascinato la banda e l'incapacità di difendersi da solo del fratello minore che in mano agli inglesi non è detto che possa dormire tra due guanciali. A Charlie non resterà così che mettersi sulle tracce del fratello maggiore.
Il western di Hillcoat è arido, duro e cattivo, spesso paragonato per visione a quello del grande Sam Peckinpah al quale, a dirla tutta, dobbiamo cose decisamente migliori di questo La proposta (Il mucchio selvaggio giusto per citare un solo capolavoro).
È uno scontro tra due violenze quello che si perpetra su e per il territorio australiano. La (in)civiltà rappresentata da Morris Stanley è la violenza istituzionalizzata, accettata sulla base di una bugia di civilizzazione per avere la quale si sono seppelliti i cadaveri degli aborigeni come negli USA quelli dei nativi, stessa ipocrisia a un mondo di distanza. Il furore selvaggio e folle di Arthur Burns e sodali, invece, è una violenza anarchica, individualista e contraria, annebbiata dalla mancanza di regole, limiti e freni inibitori e che sembra sfociare nella pazzia sconclusionata.
La musica di Cave ed Ellis accompagna i toni ocra di Hillcoat, la polvere gialla, i cieli arancioni che conducono il protagonista, che dovrebbe simboleggiare una sorta di equilibrio tra civiltà e follia (ma è comunque solo un altro assassino), verso un destino finale che, tanto per cambiare, è tinteggiato di violenza. Hillcoat gira un film secco che non lesina su alcuni passaggi brutali, dalle punizioni corporali a parti di teste completamente sradicate dai corpi, per metterci di fronte ancora una volta all'ipocrisia e all'indole barbara del genere umano.
Abbiamo visto western migliori, le intenzioni sono più che buone, l'approccio anche, davvero meritevole, ne esce un film anche fin troppo asciutto ma forse è giusto così, una narrazione arsa per una terra bagnata solo dal sangue.